Lo Scudiero

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Una forte cinquina risvegliò il grasso Colin. Il ragazzo faticò nel mettere a fuoco quella figura robusta e la sua armatura a scaglie nere.

       «Papà?»

       «Palla di lardo, alzati» Comandò l'uomo, quasi sussurrante.

       Colin guardò fuori dalla finestra. In cielo non era ancora sorto il sole e probabilmente sua madre ancora non si era svegliata, come del resto neanche il suo fratellino o la sua tenera sorella. Questo spiegava perché suo padre, il possente Ser Lionel Lestrade, stava trattenendo il forte vocione. Il capo delle guardie di Sartres aveva catturato mille fuorilegge, vinto cento duelli e salvato un re da un complotto. Ma nulla avrebbe potuto contro la furia di sua moglie, nonché madre di Colin, lady Lilin Lestrade.

       «Papà» Sussurrò Colin, capendo che in gioco vi era il sonno della temuta madre «Perché mi hai svegliato prima dell'alba?»

       «Figliolo» Una lacrima rigò il volto del cavaliere, scivolando dritto nella folta barba bruna «Oggi è il giorno.»

       «Oggi è il giorno?» Colin fece fatica a capire, dunque spalancò la bocca «Oggi è il gior-» Il ragazzo si trattenne dall'urlare.

       Aspettava quel momento da quindici anni. Il giorno della sua condanna. Il giorno, in cui, avrebbe iniziato a servire come scudiere.

       Fece fatica ad allacciare la cotta di maglia un tempo appartenuta al padre. Era la sua prima volta. Colin, di fatti, aveva sempre mostrato un interesse verso i libri piuttosto che verso le spade. Così fu facile per i diversi pasti sfornati dalle abili mani da cuoca di lady Lestrade accumularsi sui fianchi e sul ventre del ragazzo, formando morbidi cuscini di lardo.

       Quando si alzò in piedi quasi non si riconobbe in quegli enormi stivali. Il padre lo aiutò a sistemarsi i capelli e poggiando l'enorme braccio sulla sua schiena lo accompagnò fuori dalla porta.

       Padre e figlio avanzarono nel cuore della città, salutati da diversi volti sorridenti. Facce amichevoli, a conoscenza dell'influenza di Sir Lestrade. Sorrisi assetati, pronti a fare di tutto per accattivarsi qualcuno del suo calibro. E Colin ne fu particolarmente felice quando un simpatico fornaio gli offrì una forma di pane che divenne la sua colazione.

       «Eccolo lì, il tuo destino.» Ser Lionel indicò l'enorme maniero di Sartres, il Posatoio della Fenice. Sebbene Colin avesse visitato il luogo più volte, aiutando Faust, il vecchio Alchimista, con diverse commissioni, non si era ancora abituato alle enormi torri e mura di granito nero. Avrebbero potuto spaventare chiunque, soprattutto ora, con i vessilli della Fenice dorata in campo nero, segno di lutto per la morte del Re.

Per soddisfare le commesse del suo 'maestro' gli era stato concesso di visitare varie zone del castello ma tutt'ora gli sarebbe bastato distrarsi qualche secondo per perdersi fra quei corridoi misteriosi.

«Papà» Il ragazzo esitò «Ho paura.»

       «Paura?» Il capo delle guardie scoppiò in una fragorosa risata cogliendo Colin di sorpresa «Solo le femminucce hanno paura. Tu sei una femminuccia?»

       «No, papà.»

       «Bene, allora hai solo fame.»

       Il ragazzo sapeva quanto suo padre tenesse a quell'evento. I Lestrade erano cavalieri da meno di una generazione. Era stato proprio suo padre ad ottenere quel titolo. E finalmente il sangue del suo sangue aveva cominciato il suo percorso per diventare cavaliere a sua volta. 

       «Papà» Il ragazzo esitò ancora una volta «Per chi dovrò servire?»

       «Quel vecchiaccio non ne ha fatto parola» Il padre incrociò le braccia, contrariato. Colin sapeva che il 'Vecchiaccio' altro non era che l'anziano Alchimista che lui stesso aveva servito.

L'Eco della FeniceWhere stories live. Discover now