Saena - La Discesa nella Foresta

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Il destriero bianco di Saena era una creatura fantastica. Si trattava di un purosangue proveniente dalle terre a nord del deserto. Le era stato regalato da suo zio Reginald quattro anni fa, per onorare il giorno del suo onomastico. Eppure anche un cavallo del genere aveva dei limiti.

Dopo un intero giorno di marcia gli arti di quella creatura avevano cominciato a tremare. Ma all'orizzonte poteva vedere soltanto quercie e foglie.

"Remice deve riposare" La ragazza tirò le cinghie del cavallo e questo rallentò il trotto. Dunque, aiutandosi con la sella, scese a terra per avvicinarsi al ruscello che l'aveva accompagnata per tutto il viaggio.

Le mani delicate di Saena si chiusero a formare una conca per raccogliere acqua dal freddo torrente. Quando se la portò sulle labbra il sapore sabbioso la stupì. Al castello di Sartres aveva avuto modo di bere solo acqua pura, ma non rimase delusa da quella nuova sensazione.

"Dunque è questo che si prova a vivere" Pensò mentre le sue labbra si aprirono in un sorriso.

Ma la felicità scomparve subito dopo. Le pupille rosse scivolarono sull'orizzonte: Il sole stava tramontando e la luna stava per risvegliarsi.

Avrebbe potuto contare su un altro giorno prima che la sua assenza fosse notata. O se qualche divinità l'avesse graziata anche due. In seguito sarebbe stata una questione di ore e l'alchimista reale di Sartres avrebbe lanciato l'allarme.

"Dannato Faust" La ragazza aveva grande stima dell'esperto alchimista che l'aveva vista nascere e ogni miglio percorso senza di lui faceva vacillare la sua volontà. Il rimpianto è un pessimo compagno di viaggio, come un scheggia conficcata nel piede in attesa di ricordarti la sua presenza con scariche di dolore.

"Ho dovuto farlo. Le mura hanno orecchie. Le orecchie hanno mani. E le mani possono maneggiare daghe e veleni" Si giustificò lei.

I suoi pensieri furono interrotti dal secco rumore di un ramo spezzato. Saena si voltò di scatto. Un'esile bambina impugnava un cesto di vimini contenente erbe e funghi. I capelli bruni portati a caschetto le avvolgevano il piccolo volto. Studiava la fuggiasca come un cervo studia un cacciatore.

«Bambina» Saena si piegò cercando di sorridere in modo rassicurante «Come ti chiami?» La fanciulla non rispose, al contrario indietreggiò lentamente guardandosi attorno, come in cerca di una via d'uscita.

Solo quando Saena si tolse il cappuccio, mostrando i dolci lineamenti e i riccioli rossi, la bambina sembrò rassicurarsi, facendo persino un passo avanti.

«Ross» Rispose «Ross. Ross è il mio nome.»

«Ross, potrei chiederti se nei paraggi è possibile trovare una locanda?»

«C'è un villaggio a due miglia da qua. Posso accompagnarti.»

La risposta così gentile della bambina colse di sorpresa Saena. Dunque, fuori dal castello, esistevano ancora persone con un cuore?

La fuggiasca aveva colto al volo l'occasione. Remice aveva recuperato forze a sufficienza per rimettersi in moto. Eppure Saena decise di non cavalcarla, per non sforzarla troppo. Sui suoi fianchi portava ancora due borse, cariche per metà di conio e per l'altra metà di vettovaglie e viveri.

"Meglio alleggerire il carico..." Si disse.

«Signora» Intervenne la bambina «Ha mai visitato Sottoponte?»

Sul volto di Saena comparve un sorriso affilato. Nella foresta aveva perso ogni cognizione del tempo e dello spazio eppure, ora, aveva ritrovato entrambe. No, non aveva mai visitato Sottoponte, ma fin da piccola era stata addestrata nella lettura delle mappe del regno. E le sarebbe bastato consultare la mappa nascosta in una delle borse per riadattare il suo viaggio.       

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