Devin - Il palazzo dei piaceri

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Devin aveva portato il caos all'interno della locanda. Il muschio sulle logore pareti di legno si colorò di rosso quando un membro dei teschi rossi mozzò di netto la mano di un malcapitato. Da lì scoppiò il panico. Una delle cameriere tirò fuori una mannaia da sotto il balcone per poi menare fendenti a destra e a sinistra a chiunque tentasse di avvicinarsi alla cassa.

Quando il biondo allungò una mano al ricco rampollo, nascosto sotto il tavolo, quest'ultimo l'afferrò come un naufrago afferra il remo che lo porterà in salvo. Devin lo aiutò a rialzarsi, cercando di trattenersi dal ridere notando la sua espressione traumatizzata.

«Seguimi» Ordinò, prima di strattonare il nuovo 'compagno'. E questo lo seguì «Attento» Tuonò Devin, spingendo verso il basso il goffo riccastro. Un dardo gli volò sopra il capo conficcandosi nella spalla di un marinaio alle sue spalle. Quest'ultimo urlò un'imprecazione prima di estrarre la freccia per poi conficcarla nuovamente nella mano di un pirata che aveva cercato di colpirlo alle spalle.

Con un po' di fortuna, evitando colpi d'ascia e martellate, i due uscirono dalla locanda. "Povero locandiere" Pensò Devin. Quando uno scontro scoppia all'interno di un edificio qualsiasi oggetto che i morti portano addosso diventa automaticamente proprietà del proprietario. Era un'usanza più che una legge ma, in un paese come Seastar, sono queste tradizioni a mantenere l'ordine. Delle volte gli osti riuscivano a ricoprire le spese, delle altre trovavano manufatti antichi così rari da poter smettere di lavorare. E tante altre volte finivano mutilati o uccisi. Il dio strisciante aveva certamente un suo senso dell'ironia.

«Nebbia» Sussurrò il ragazzo, notando il sottile velo grigio attorno a loro. Era comparso dal nulla.

«Ci faciliterà la fuga...» Propose il rampollo

«Quando la nebbia scivola sulla città» Devin sembrò ipnotizzato dalla foschia che aveva avvolto gli edifici «Vuol dire che il Diavolo dei fondali è vicino. E quando un Diavolo è vicino non è mai un bene.»

Le urla alle sue spalle gli ricordarono le priorità della giornata: sopravvivere. La nebbia lo circondava sfumando qualsiasi oggetto a più d'un passo di distanza. Ma Devin aveva passato gran parte della sua vita ad esplorare quella città, ne conosceva ormai ogni bivio e ogni via.

Sotto i suoi piedi una strada di pietre bianche cominciò a farsi sempre più larga fino a quando il ragazzo giunse ai piedi di un grosso ponte di legno. I suoni intorno a lui erano ovattati ma riuscì comunque a distinguere qualcuno che correva sopra quelle lastre di legno. L'odore artificiale di quella nebbia aveva avvertito tutti della presenza di Ed. L'idea di un diavolo nelle vicinanze terrorizzava le madri e disperava i bambini, era così da sempre.

A Seastar, però, la parola 'Diavolo' non era usata prettamente come disprezzativo. Ma piuttosto come segno di riverenza. Un Diavolo era colui che, seppur senza scrupoli, aveva saputo distinguersi e raggiungere una posizione dominante in qualche ambito. Il Conte Diavolo era il più astuto mercante del continente ed Ed, beh, l'essere più temuto dei mari.

Proprio per questo Devin avrebbe dato un braccio per conoscerlo. Che aspetto aveva qualcuno di così influente? E la sua nave? Aveva sentito dire che il suo vascello fosse dotato di vita propria, alcuni gli avevano raccontato persino che respirasse, e altri che fosse temuto persino dai mostri di mare.

«Ti prego... fammi riprendere...» Il riccone dietro di lui non parlò, ansimò. Devin non aveva smesso di correre neanche per un secondo. Ma il suo corpo atletico era abituato alla fatica, quello grasso e lento del suo 'amico' no.

«Come ti chiami?» Domandò il biondo, senza voltarsi.

«Raimondo. Raimondo Carafa.» Fu la risposta. Devin, fra una vocale mozzicata e l'altra, percepì un cenno di orgoglio. Tipico dei nobili... essere orgogliosi del proprio nome... come se avessero mai avuto peso nelle faccende che avevano reso la loro famiglia così potente.

L'Eco della FeniceWhere stories live. Discover now