Colin - Un cadavere nel castello

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«Posa quel libro, Colin» Suo padre, sir Lionel, sussurrò come un prete in preghiera per il timore di risvegliare la severa moglie. E Colin fece finta di non udirlo. La realtà gli stava stretta se confrontata alla vastità del mondo infinito che teneva fra le mani. Era entrato nel mondo delle armi da un giorno e gli era bastato dormirci su per capire che non faceva per lui. 

Quando il padre iniziò a punzecchiarlo con la fodera della spada, Colin si morse un labbro e con difficoltà si rimise in piedi.

Avvolse il libro con un telo di cotone per poi sistemarlo delicatamente in uno scaffale.

«Padre» Domandò, una volta fuoriusciti dalla casa «Perché nessuno pratica più la magia?»

Il severo comandante delle guardie si guardò attorno con sospetto. A quell'ora le strette strade di Sartres erano desolate, se non per pochi passanti. «Figliolo, non sono domande da porre... soprattutto in seguito alla morte di un re.»

«Ma la magia avrebbe potuto curare il re...»

«Ti sbagli, Colin. Tutto è uno e uno è tutto, se vuoi ottenere qualcosa dovrai dare qualcosa in cambio» A quell'ora del mattino le strade erano deserte «Nel passato gli stregoni si legavano a creature soprannaturali per ottenere in 'dono' poteri magici. E ciò logorava le loro anime.»

«Ma padre, tutt'ora gli uomini compiono atrocità. Non è un demone a rendere malvagio chi cammina sulla terra.»

«Non essere blasfemo, stupido di un figlio!» Rispose, di rimando, Sir Lionel, prima di colpire Colin sulla testa con una schicchera «Il fatto è questo. I nostri regnanti sono stati da sempre gli esseri più misericordiosi e umili che abbiano mai 'camminato sulla terra'. E nella loro infinita sapienza hanno sempre saputo chi fosse malvagio o meno. Questo ha sempre permesso loro di prendere provvedimenti per salvaguardare noi cittadini.»

Da lontano si cominciarono ad intravedere le enormi cinte murarie del castello e le colossali torri costruite ad ogni angolo di quest'ultimo. Sulla loro cima dei focolari erano accesi giorno e notte. Colin aveva letto che nei tempi antichi i maestri del fuoco usavano le fiamme accese in tutta Sartres come armi, piegandone le forme e i colori.

«Se qualche spia ci avvisa che un vassallo del re sta ingaggiando dei mercenari allora possiamo agire di conseguenza. Ma la magia, come un'ombra, ci scivola davanti e facilmente ci coglie di sorpresa. È per questo che i signori di questo continente hanno cercato di limitarne l'uso.»

«Eppure gli alchimisti sono dei maghi...»

«Maghi? Nessuno caccia più le creature sovrannaturali e dunque gli elementi che possono miscelare sono banali come i loro risultati» La guardia colpì il pomo della sua spada «Nel tempo in cui un alchimista crea un veleno per uccidere un guerriero, il tuo possente padre può fare a fette cento di questi 'suddetti' maghi.»

Colin notò il sorriso del padre. E la naturalezza delle sue parole. Lo aveva sempre visto come un eroe. Ancora una volta fu costretto a dargli ragione. Ma non si diede per vinto: Non serve un demone per creare un mostro.

Intimorito, Colin aveva raggiunto a passi lenti la piazzola in cui aveva conosciuto il suo cavaliere. Ma ad aspettarlo trovò soltanto il giovane Delphi e la sua barba curata.

Con una mano stringeva una spada e con l'altra una cote. Menando colpi secchi ed esperti sulla lama della spada, ne temprava il freddo metallo. Freddo, come il suo sguardo quando notò il grasso scudiero.

«Ciao» Esordì Colin, grattandosi il capo.

«Ciao?» Il ragazzo alzò il mento in segno di sdegno «E' così che ti rivolgi ad un nobile?»

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