04. Wicca: Divinità

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La wicca non presenta un'ortodossia, né una gerarchia sacerdotale, accreditata da un'istituzione centralizzata che la tuteli. È stabilita piuttosto un'ortoprassi, il cui rispetto è discriminante rispetto all'appartenenza a questa religione. Più che una specifica fede, è richiesta la partecipazione assidua ai rituali wiccani. Chi non pratica la ritualistica della wicca con costanza, non può propriamente essere definito un wiccan. Ma dipende comunque dalle varie situazione, ci sono persone che sono impossibilitati a seguire i rituali per diversi motivi.

Di conseguenza, con lo sviluppo e la diffusione della wicca, la sua dottrina ha subito evoluzioni, interpretazioni e contaminazioni. L'assenza di una via considerata "unica" fa sì che i conflitti tra le diverse tradizioni siano minimi, se non nulli, anche perché, tendenzialmente, esse conservano la medesima impostazione teologica fondamentale. Differenze si rilevano spesso nell'aspetto rituale, in quello iconografico e, più raramente, in alcune impostazioni teologiche.

Il Libro delle ombre è il testo religioso, che contiene i fondamenti della ritualistica e della pratica wiccan insegnati da Gerald Gardner. Ne esistono molte versioni, con differenze sostanziali tra le diverse tradizioni, dato che ognuna di esse, pur mantenendo intatto il nucleo originario che deve essere trasmesso integralmente agli iniziati, tende ad arricchire il libro, innovando i rituali originari e/o aggiungendone di nuovi. Ne parleremo meglio in seguito.

La teologia wiccan ha una struttura che tende a conservarsi tale nella maggior parte delle tradizioni. Si fonda sulla complementarità tra due principi cosmici primari: la Dea (concepita come triplice e legata sia alla Terra sia alla Luna) e il Dio (rappresentato come il Dio cornuto, ha molto in comune con il Cernunnos celtico, signore delle foreste, degli animali e della vegetazione, particolarmente legato ai cicli vitali della natura).

Tale dualismo è molto forte nelle tradizioni gardneriana e alexandriana. Una parte di coloro che fanno capo alla tradizione "riformata" di Stewart Farrar considerano il Dio come un'entità a sua volta duale, distinta in una polarità di forze rappresentate dal Re Agrifoglio e dal Re Quercia, rappresentate iconograficamente con il simbolo dell'uomo verde, e credono che queste due manifestazioni del Dio siano rispettivamente padrone delle due parti in cui è suddiviso l'anno sacro.

Le tradizioni più recenti, al contrario, hanno manifestato la tendenza a un monismo, che vede i due principi cosmici primari della Dea e del Dio come aspetti di un unico principio cosmico universale, l'Uno o, come definito da Patricia Crowther, Dryghten (inglese antico per "Signore"). Anche un'altra delle gran sacerdotesse gardneriane, Lois Bourne, accetta il concetto del Dryghten. Molti wiccan considerano la Dea e il Dio quali emanazioni o espressioni dell'Uno.

Dryghten indica il principio universale che precede la distinzione in Dio e Dea. Gerald Gardner aveva già utilizzato tale termine per indicare il primo mobile (categoria ripresa da Aristotele), inteso come l'aspetto ineffabile e inaccessibile del divino, a cui i wiccan non rivolgono alcuna venerazione. Dryghten è stato usato anche da Scott Cunningham per riferirsi all'Uno, ma in un'accezione neoplatonica.

Il Dryghten presenta molte analogie con il Brahman delle religioni vedica, brahmanica e induista, che nelle Upaniṣad è la matrice invisibile, inafferrabile, illimitata e inconcepibile di tutto il creato: come tale, non ha un culto proprio, ma è venerato nella sua personalizzazione in divinità specifiche. L'Uno è la sorgente, dalla quale è emanata l'energia primordiale, che costituisce tutto ciò che esiste e che si organizza in processi armonici, concretizzandosi come materia, definita come ciò che i cinque sensi umani riescono a percepire.

L'Uno dispiega la sua essenza creativa, che dà origine ai cicli del mondo, scindendosi in una polarità di forze, che sono la Dea e il Dio. La polarità di forze della Dea e del Dio permette la costituzione armonica e l'equilibrio dell'esistente. Tutto ciò che esiste è costituito dall'eterno incontro e rapporto di complementarità tra la Dea e il Dio.

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