Capitolo Tre.

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Perrie
15-05-2000

Sentivo dolore in tutto il corpo, pur non essendo stata colpita, mio padre non lo faceva quasi mai, era un evento raro. Capitava solo quando non avevo fame, oppure quando non avevo svolto per bene le divisioni, proprio non riuscivo a comprenderle, anche se ce la mettevo tutta a impegnarmi.
Niall era in camera mia, stava leggendo un libro che ci era stato consigliato dalla Maestra di italiano, Piccole Donne.
Stavo salendo le scale quando mio padre mi afferrò per un braccio, facendomi voltare.
Un odore nauseabondo mi investì le narici, sapeva di liquore, conoscevo bene quell'odore, era quello che chiamavo "la puzza serale" e proveniva sempre da mio padre.
«Hai fatto i compiti?» mi aveva chiesto in tono intimidatorio.
«Si, papà. Io e Niall dobbiamo scrivere un riassunto sul libro che ci ha dato la maestra...»
Spinse via il mio braccio e infilò le mani nelle tasche dei suoi pantaloni.
«Bene. Niente errori, più tardi controllerò il quaderno di matematica, e, Perrie...» quando mi chiamava per nome, e con quel tono, sapevo che i guai sarebbero venuti a farmi compagnia.
«Si?»
«Più errori correggerò, più saranno le sberle che avrai!» e andò via.
Corsi in camera mia e mi chiusi la porta alle spalle e Niall si avvicinò a me.
«Che ti prende?» mi chiese preoccupato.
«Mio padre. Ha detto che se trovasse errori sul quaderno di matematica, mi prenderà a sberle!» Tremavo, il timore di essere picchiata mi stava divorando ma Niall era con me, e sapeva tranquillizzarmi.
«Non ne troverà. Ascolta, quando sta per correggere i compiti, accendi e spegni, per tre volte, la luce sul porticato. Ok?»
«Cosa hai in mente?»
«Perrie, fa quello che ti dico, ok?»
«Ok!» risposi semplicemente.
E mi abbracciò. L'unico in grado di calmarmi era Niall.

Avevo fatto la doccia e messo il pigiama, il momento che avrei desiderato cancellare era proprio quello della correzione dei compiti, ogni giorno, era ansia condita da panico.
Uno.
Due.
Tre.
Feci come mi aveva detto Niall, accesi e spensi la luce sul porticato per tre volte chiedendomi ancora cosa avesse in mente. Mio padre era seduto, un gomito appoggiato sul bordo del tavolo e, con una mano, sfogliava il quaderno di matematica.

«Allora, vediamo un po'...»
Girava le pagine, in cerca del più piccolo errore, causa del quale avrei trovato un livido in più sulle mie gambe, l'indomani.
Conoscevo le conseguenze, sapevo a cosa sarei andata incontro, se solo avesse trovato una frazione fuori posto: lividi. Braccia, gambe, schiena. A chi importava? Non a mio padre. Ma a me sì e, ogni volta, ero costretta a trovare delle scuse plausibili, purché Niall non sapesse chi mi aveva procurato quelle macchie violacee. Ma arrivò il giorno in cui scoprì tutto. Quel giorno, aveva smesso di stimare mio padre. Perché non ammetteva che picchiasse mia madre, ma che toccasse me, proprio non riusciva a tollerarlo.
Il campanello, sulla porta principale, suonò. Mio padre alzò lo sguardo, curioso di sapere chi fosse a quell'ora di sera e mi disse di andare a vedere.
«Ciao. Mi scusi, Sig. Evans, ho preso involontariamente l'astuccio di Perrie e sono venuto a restituirglielo.» sorride. Oddio, pensai.
«È questo il tuo piano, genio?» gli chiesi in un sussurro.
«Sì, fattelo piacere perché non ne ho altri, al momento!»
«Entra pure, Niall! Stavo correggendo i compiti di Perrie e ho notato, con estremo piacere, che non ci sono errori. Li ha fatti con te?» pensava che Niall mi avesse suggerito le risposte? Sul serio?
«No, signore. Le ho solo spiegato come farle. Si è impegnata tantissimo. Per questo non ha trovato errori!» la fierezza negli occhi del mio migliore amico, mi rese orgogliosa del mio impegno. Niall mi passò accanto.
«Non può toccarti, se c'è qualcuno in casa!» Ecco, è per questo che aveva messo in piedi questo piano. Sorrisi e sospirai.
Mi ero salvata e questo, soprattutto, grazie al mio migliore amico.

Il grigiore che attraversava le tende della mia camera, sembrava annunciare acquazzone in arrivo, Niall era dal dentista e sarebbe venuto a trovarmi appena avrebbe finito. Io, ero stesa sul letto a pancia in giù a guardare alcune foto da sistemare nell'album nuovo.
Presi lo scatolo che conteneva vecchie foto mie e del mio migliore amico. Ne trovai una a cui tenevo particolarmente legata, era stata scattata in estate, l'estate in cui le nostre famiglie organizzarono il campeggio a Camp Kinderland, avevamo solo sei anni. Era una foto che custodivo gelosamente, come se potessero portarmela via, insieme ai ricordi legati a essa. Avevo i capelli raccolti in una cosa di cavallo, il vestitino fuxia, cucito appositamente dalla signora Horan per me, non superava le ginocchia, Niall aveva un braccio attorno alle mie spalle, tenendoni stretta a lui, ma non guardava l'obbiettivo, era occupato a guardare il mio profilo, mentre un sorriso radioso gli colorava il viso.
Chiusi gli occhi per qualche istante, cercando di ricordare il momento dello scatto ma il rumore della porta che si apriva, mi fece scattare in piedi.
«Non avrai ordinato le foto senza di me, vero?» mi chieste Niall.
«No, in realtà, le stavo solo guardando. E ho trovato questa...» gli mostrai la foto che avevo tra le mani.
Lui spalancò gli occhi.
«Non ci credo! Quanto è meravigliosa!?»
«Cosa, la foto?» aggrottai le sopracciglia.
«No, la finestra...» mi guardò con un sopracciglio sollevato e io alzai gli occhi al cielo, in risposta.
«Certo che mi riferisco alla foto!»
Sbuffai in modo quasi teatrale e lo spinsi via.
«Mi aspettavo un "tu s i meravigliosa", ma sei un cretino, cosa posso pretendere!» gli dissi fingendomi offesa.
«Ma mi adori!» sorrise nel suo solito modo da "carino e coccoloso".
Sollevai le spalle ma non diedi alcuna risposta, avrebbe iniziato a pavoneggiarsi e ripetermi quanto gli volessi bene e, proprio no, non avevo voglia di ascoltare i suoi vanti. Ma, sì, lo adoravo più di ogni altra cosa.
C'era da mettere in ordine più di un centinaio di foto e lui doveva farmi una mano.

«Questa la mettiamo... Qui!» indicò la parte centrale dell'album che avevamo soprannominato "i nostri momenti".
«Perchè proprio quì?» chiesi incuriosita dalla sua scelta.
«Perché sulla faccia della terra non c'è nessun altro bambino che lega i capelli a una bambina!» avrei dovuto dargli torto? Non saprei. Eppure, Niall sembrava avesse la capacità di aprirmi gli occhi senza alcuno sforzo. Sapeva spiegarmi per bene le cose, mi aiutava a comprenderle, non mi sgridava quando una cosa non mi entrava in testa ma è sempre stato paziente. Niall è sempre stato la mia colonna portante.

Keep Me With You | Niall HoranWhere stories live. Discover now