Capitolo 2

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Si trovavano uno di fronte all'altro, occhi negli occhi, provando emozioni contrastanti.
«Mi dispiace, ma non lotto per una causa persa» disse il più grande. Si girò di qualche grado, con l'intenzione di andarsene e continuò. «Non voglio che nessuno muoia sul mio tavolo operatorio» finì dandogli definitivamente le spalle.
«Non voglio nemmeno io che muoia, ma ho scelto te per questo» lo implorò l'altro, facendo fermare il suo passo.
«Possiamo farlo insieme» cercò di convincerlo con quelle parole. Il più grande accennò un sorriso, e continuò a camminare,
«Stop! Teniamo questa» urlò il regista, facendo sospirare tutti i presenti nella stanza, era la decima volta che provavano quella scena di poche parole, ma che non riusciva a soddisfare Harry, ma finalmente l'avevano fatta come lui voleva. Riuscirono a girare un'altra scena, poi fu il turno di Ethan e un'attrice per provare la scena d'amore, per questo Camden si allontanò dirigendosi verso i distributori automatici per prendere qualcosa da bere.
«Possiamo parlare?» sentì dire alle sue spalle. Chiuse gli occhi per un attimo, recuperò la lattina di Sprite che era caduta, l'aprì e solo dopo qualche secondo si voltò verso il ragazzo che stava ancora aspettando una sua risposta.
«Di cosa vorresti parlare?» chiese allontanandosi un po' dalla macchinetta e sedendosi su una poltrona rossa posta vicino ad un tavolino basso.
«Dell'altra sera...»
«Ah» disse bevendo poi un sorso dalla lattina. «Non c'è molto da dire, ti ho già ringraziato e comunque questo non cambia la situazione» mise in chiaro credendo che l'altro potesse pensare che il loro rapporto potesse cambiare.
Noel sospirò, e lo guardò: occhi azzurri in occhi color miele, erano così diversi... eppure.
«Non capisco perché ti metti sulla difensiva, hai questo atteggiamento solo con me, credi che non me ne sia accorto?» sbottò infastidito da quell'atteggiamento. Camden sembrò sorpreso da quell'attacco di posizione, fino a quel momento il ragazzo aveva semplicemente subito i suoi attacchi, e adesso usciva finalmente gli attributi. Accennò un sorriso, poggiò il braccio con la lattina sul bracciolo della poltrona, lasciandolo molle.
«Finalmente vedo un po' di carattere» lo schernì. «Sai perché ti ho dato quei consigli quando ci siamo visti la prima volta, sul set del film Always you?» era una domanda ironica, infatti il ragazzo non rispose.
«Perché eri pessimo, essendo alle prime armi,  credevo che non saresti mai stato davvero bravo» disse mandando nello sconforto il giovane attore. «Ma...» continuò attirando di nuovo l'attenzione dell'altro. «Oggi sei stato bravissimo, la scena che abbiamo girato non era male» si complimentò con lui.
«Dici davvero?» domandò con una punta di scetticismo. Per tutti quei giorni Camden non aveva avuto una parola carina nei suoi confronti, non voleva nemmeno stare nello stesso posto e adesso se ne usciva con quelle belle parole, Noel non riuscì a crederci totalmente. Camden rise, annuì.
«So che per tutto questo tempo ho sempre dimostrato il contrario, ma in questo mondo tu devi farti vedere forte, non devi mai farti abbattere. Certo, hai ancora tanto da imparare, ma puoi farcela» disse facendo sgranare sempre di più gli occhi dell'altro, che rimase senza parole, infatti non seppe cosa rispondere alle parole dell'altro. Camden iniziò a sentirsi a disagio sotto lo sguardo dell'altro, finì di bere la sua Coca Cola e poi si alzò dalla poltrona.
«Beh.. allora, a dopo» disse gettando la lattina nel cestino lì vicino.
«Che ne dici di cenare insieme, stasera?» chiese tutto d'un fiato, il giovane, alzandosi di scatto dalla seduta del divanetto. Camden si voltò, credendo di aver sentito male, inarcò un sopracciglio, pensando a ciò che era successo la prima volta che erano usciti: si era ritrovato a casa sua, ubriaco e nudo, ed erano stati in compagnia, figuriamoci cosa sarebbe potuto succedere se fossero stati soli. E no che non si fidasse di se stesso, no Signore! Solo... era meglio di no, quindi avrebbe declinato il suo inviato perché era la cosa giusta da fare, inutile instaurare un rapporto al di fuori del set se poi...
«Certo, perché no?» quando si rese conto di come avesse risposto, si schiaffeggiò mentalmente, strabuzzò gli occhi mentre sul volto di Noel si apriva un grande sorriso.
Un idiota, un coglione, un troglodita! Ecco cosa era! Attore un corno, lui era solo un deficiente. Sbatté i vestiti sul letto, con superbia. Non sapeva il vero motivo per cui si sentiva arrabbiato, perché aveva accettato l'invito o perché infondo era ciò che voleva e ammetterlo gli era difficile? Da quando aveva iniziato a recitare, la sua vita sentimentale si era dimezzata rispetto a quando andava a scuola; instaurare rapporti diventava sempre più difficile quando le persone puntava al tuo successo, al denaro e alla voglia di stare al centro delle riviste gossip, dopo ciò che gli era successo, aveva deciso che le relazioni sentimentali non facevano per lui. Noel era tutto ciò che lui avrebbe voluto essere: spensierato, appassionato e ogni giorno sempre di più spinto a fare il proprio mestiere al meglio, certo anche Camden puntava sempre al successo, ma da un paio di anni aveva smesso di amare il suo mestiere e lo faceva solo perché sapeva di essere bravo, e sapeva che senza quello non sarebbe stato nulla, non avrebbe avuto più nulla. Finì di prepararsi, e mandò un messaggio a Noel per sapere dove si sarebbero incontrati, in risposta ricevette un indirizzo e una faccina; in poco tempo raggiunse la via indicatagli, trovandosi in un quartiere circondato da palazzi alti, mandandolo in confusione. Alla fine si arrese e decise di chiamare l'attore, il quale rispose dopo due squilli.
«Camden! Ti sei perso?» chiese subito, leggendo il nome sullo schermo del telefono.
«Veramente... beh, ecco. Mi trovo davanti a dei palazzi, e non capisco dove sia il locale, o la pizzeria, o qualsiasi posto tu abbia scelto" rispose fermandosi in doppia fila, aspettando istruzioni dall'altro.
Noel rise, e scosse la testa, continuando a sistemare la tavola. «Vedi un palazzo alto e blu?» domandò avvicinandosi ad una finestra, e sbirciò.
«Si» sbuffò spazientito da tutta quell'attesa.
«Bene. Io vivo lì, parcheggia e raggiungimi. Ceniamo a casa» lo spiazzò, e ringraziò il fatto che fosse fermo, perché se stesse guidando avrebbe potuto frenare bruscamente rischiando di farsi male.
«Cenare... a casa tua?» si sentì un idiota a ripetere quelle parole, ma non si sarebbe mai aspettato che l'altro avesse pensato una cosa del genere.
«Si. Abito all'ultimo piano, a tra poco» mise giù, senza dare tempo all'altro di replicare. Alla fine dovette cedere, riuscì a trovare un parcheggio nei dintorni, e poi raggiunse il palazzo indicato da Noel, per poi giungere all'ultimo piano. Quando bussò alla porta, passarono pochi secondi prima che l'altro aprisse mostrandosi in tutta la sua bellezza e giovinezza, con un sorriso smagliante. Il padrone di casa si fece da parte e lo fece entrare.
«Buonasera»disse educatamente. «Se avessi saputo che cenavamo a casa, avrei portato qualcosa... tipo vino, o un dolce» si scusò per quella mancanza. Noel chiuse la porta, e scosse la testa.
»Non ti preoccupare, Camden. È una cena tranquilla, magari la prossima volta» lo invitò a raggiungerlo in cucina, dove vi era un tavolo accuratamente apparecchiato, in sottofondo si sentiva una leggera musica.
«Ho pensato che era meglio stare qui al chiuso, senza paparazzi o fan che avrebbero potuto interrompere la cena» sorrise e gli porse un bicchiere di vino, che l'altro prese subito. Si guardò un po' intorno e si rese conto che la casa era molto più grande di quello che ricordava.
«Hai pensato bene» bevve un sorso, poi continuò. «Hai una bella casa» si complimentò guardando di nuovo verso di lui.
Noel rise. «Non hai avuto modo di vederla l'ultima volta» disse facendo riferimento alla prima ed ultima volta che era stato lì. Camden bevve e decise di ignorare la frecciatina poco velata dell'altro. Si sedettero a tavola, Camden rimase piacevolmente sorpreso quando si rese conto che la cena era effettivamente cucinata e non una di quelle comprate o surgelate.
«Quindi sai anche cucinare» disse quando il giovane tornò, posando sul tavolo un involtino di carne e patate, iniziando poi a tagliarlo.
«Anche?» chiese concentrato, incastrando la lingua tra i denti.
Il più grande alzò le spalle, giusto per perdere tempo bevve un altro sorso di vino, ma decise che una volta finito quel bicchiere non ne avrebbe più bevuto, per non finire come l'altra volta. Da perfetto padrone di casa, Noel riempì il piatto dell'altro, per poi riempire il proprio e sedersi al suo posto, accanto a Camden.
«Buon appetito» disse aspettando che l'altro iniziasse a mangiare, e che gli dicesse cosa ne pensasse del tuo involtino.
«È davvero buoni» ammise, mangiando immediatamente un altro boccone. Durante la cena ebbero modo di parlare del film, di quelli precedenti, della loro carriera; ridendo e scherzando. 
«A mia madre quando le dissi che ero stato preso per un film per poco non le venne un infarto» ricordò con un sorriso dolce sulle labbra. «Mio padre all'inizio rise ma poi quando si accorse che non stavo scherzando, ebbe la stessa reazione di mia madre. Alla fine l'hanno accettato» prese una porzione di patate e le mise nel proprio piatto. «I tuoi invece?» domandò guardandolo.
«Non so cosa pensino, spero che siamo contenti del percorso che ho intrapreso. Mia nonna invece è molto contenta di non avermi più tra i piedi» Noel si accorse subito del suo cambio di espressione, ma preferì non insistere; con Camden avrebbe dovuto fare piccoli passi, e piccoli passi avrebbe compiuto.
«A che età hai iniziato a recitare?» cambiò discorso, Camden.
«A diciassette anni, circa. Mia madre non voleva principalmente perché andavo ancora al liceo» si erano sposati nel soggiorno, dopo che Noel aveva preparato il caffè, e adesso erano seduti uno di fronte all'altro, entrambi ai lati estremi del divano.
«Diciamo che forse ho iniziato troppo presto. A quell'età ero ancora ingenuo, spinto dalla voglia di fare» Camden lo guardava attentamente, senza perdersi alcun particolare del suo volto.
«Il regista del mio primo film mi fece delle avances quando avevamo già iniziato le riprese» fece una pausa, bevve un sorso di caffè, poi continuò. «All'inizio non avevo capito che mi accompagnava a casa per uno scopo preciso, quando poi capii lo dissi a mia madre, quando poi rifiutai di andare a letto con lui non la prese bene, diventò sempre più insistente così  andai a denunciarlo, io ero minorenne e lui aveva quasi quarant'anni» Camden sentì il sangue ribollirsi nelle vene per la rabbia, ma non disse nulla, lasciò a Noel tutto il tempo per parlarne.
«Veniva sotto casa, mi chiamava in continuazione. Le riprese terminarono e io avevo smesso di recitare, non stavo bene in quel periodo... insomma, avevo appena iniziato a fare qualcosa che mi piaceva e mi si presentava davanti una difficoltà così grande» sospirò, e guardò verso di lui. «Poi fu arrestato, vennero fuori altre denunce e questo lo portò dritto in galera, è ancora dentro»
«Mi dispiace per quello che hai passato, non deve essere stato facile, ma devi essere orgoglioso di te stesso perché sei andato avanti e non hai rinunciato al tuo sogno» sospirò e posò la tazza, ormai vuota, sul tavolino basso in legno duro. «Questo mondo è terribile, lo dico sempre, ed è difficile sopravvivere. Ogni mondo lavorativo è difficile, ma questo e quello musicale... non so. Devi saperlo affrontare, casi come il tuo ce ne sono tanti, certi ragazzi o ragazze non hanno avuto la tua stessa forza e coraggio, quindi questo ti fa onore» lasciò vagare lo sguardo per tutta la stanza.
«Devi saperti circondare di persone giuste, sapere di chi poterti fidare, non farti prendere in giro» disse, e si accorse di essere andato un po' oltre.
«A te è successo qualcosa che ti facesse pensare: adesso lascio?» domandò curioso, apprezzando ciò che aveva detto di lui l'altro, non credendo che potesse avere una bella opinione su di lui.
Camden sembrò pensarci. «In un momento, forse» rispose vago.
Noel accennò un sorriso. «Mai lasciare il fianco scoperto eh?»
Camden alzò le spalle. «Sono abituato a fare così»
«Cam, capisco che c'è un motivo preciso per cui fai così, per cui sei così diffidente; ma spero tu capisca che prima di essere colleghi possiamo essere amici»
Camden annuì, poi si alzò. «Credo che sia ora di andare» sentenziò, guardando l'ora sull'orologio tondo posto sul muro del soggiorno.
«Di già?» domandò mal celando la delusione che provava in quel momento.
«Si, dobbiamo entrambi lavorare» guardò verso di lui, e lo vide steso sul divano, comodo, in abiti quotidiani che lo rendevano più bello e il colore dei vestiti mettevano in risalto l'azzurro dei suoi occhi.
«Devo...» «Cam! Non farlo! Non incasinarti la vita! Prendi il cappotto e vai! Subito!» La voce nella sua testa cercava di urlare il più possibile affinché l'altro potesse sentirla ma come ogni volta, la ignorò e fece di testa sua. Si gettò su di lui, incastrando perfettamente le gambe con quello dell'altro, gli afferrò il viso e lo baciò. Noel lo accolse tra le sue gambe, avvolgendo quella destra sul suo fianco, portando a stretto contatto i loro corpi, chiudendo gli occhi e lasciandosi andare. Camden piegò un poco la testa di lato in modo da rendere ancora più profondo quel bacio, poco dopo, non seppero come, il più piccolo si ritrovò a cavalcioni sull'altro, con le mani tra i suoi capelli e le dita dell'altro che gli accarezzavano la schiena, il tutto senza lasciare che le loro labbra si separassero. Quando sentì il più piccolo mugolare di piacere, Camden sembrò riprendersi dalla foga del momento, e senza essere brusco allontanò l'altro del suo corpo, e aprì gli occhi notando che Noel lo stava già guardando. Quest'ultimo aveva capito che c'era qualcosa che non andava, ma non demorse, si avvicinò nuovamente all'altro, il quale girò il viso e lo fece scendere dalle sue gambe. Sembrò come se lo leggesse dentro, e prima ancora che lui facesse un passo, Noel lo bloccò.
«Non andare via, ti prego, possiamo parlarne» disse cercando di afferragli una mano, che l'altro allontanò alzandosi poi dal divano, raggiungendo la porta e prima ancora che l'altro potesse davvero rendersene conto, uscì da casa sua dopo aver recuperato il cappotto, lasciando, ancora una volta, l'altro da solo.

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