Capitolo 9

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Se il nuovo anno non li accolse allegri e felici, a farlo ci pensò Roma e la sua gente. Appena mise piede sulle strade italiane, Camden si sentì come a casa, il calore, la gente che parlava e si incontrava come ogni giorno, gli odori che si poteva sentire ad ogni angolo.
«Ah, ragazzi, penso che qui mi divertirò un sacco»esordì Dalton, un attore che faceva delle piccole parti nel loro film. Si guardò intorno, e ad ogni ragazza che incontrava sorrideva ammiccante.
«Sei proprio convinto che le ragazze vorranno avere a che fare con te?» lo punzecchiò Martha, ridendo insieme agli altri della troupe.
«Sei solo invidiosa che non abbia puntato su di te» rispose l'altro, facendo sbuffare la ragazza.
Camden, ancora perso ad ammirare le bellezze della città, adocchiò un Noel un po' in disparte rispetto agli altri, e ne approfittò per avvicinarsi.
«Tutto bene?» domandò facendolo sussultare, spaventato. «Scusa» disse dispiaciuto.
«Si, tutto bene» rispose, piatto e senza aggiungere altro. Camden decise di non insistere, e raggiunse gli altri che si stavano avviando verso l'albergo. Entrò nella sua camera, la numero 148, e si sedette sul letto fissando la sua valigia, come se questa potesse dargli tutte le risposte che cercava. Aveva pensato di poter trascorrere il tempo a Roma con Noel, girando magari per le strade romane in compagnia dell'altro, come avevano fatto a Londra. Un sorriso spontaneo gli nacque ricordando i momenti passati insieme nella città londinese, sembrava passati così tanto tempo invece erano solo pochi mesi. In effetti, le cose tra di loro erano andate alla velocità della luce, ma non si pentiva di nulla; tranne del suo comportamento il giorno di Capodanno. Se avesse potuto sarebbe tornato indietro con la macchina del tempo, ma purtroppo non si poteva e adesso l'unica cosa da fare era farsi perdonare da Noel, e riportare le cose com'erano prima. Si armò di tutto il coraggio che aveva in corpo, e uscì dalla sua stanza per raggiungere quella di Noel, due porte più dietro, bussò e aspettò che l'altro aprisse, e dopo qualche minuto finalmente lo fece.
«Ah, sei tu» disse non appena riconobbe Camden, sembra come se si fosse appena svegliato.
«Aspettavi qualcun altro?» domandò, incuriosito di sapere chi fosse questa persona.
Noel incrociò le braccia al petto. «Anche se fosse?»
«Avrai questo atteggiamento per quanto tempo ancora?»
«Come ti ho già detto, non ti ho perdonato. Quindi non sei nella posizione di pretendere qualcosa» sbottò guardandolo negli occhi.
«E sempre per questo sei venuto a letto con me quella sera?» domandò ironico.
«È per questo che poi me ne sono andato, e non ti ho parlato per tutto questo tempo io—» fu interrotto da qualcuno che si schiarì la voce dietro di loro, e quando si voltarono, il facchino li stava guardando imbarazzato.
«Scusate, servizio in camera» disse lasciando il carrello e andando via. Camden guardò Noel in modo eloquente, e subito capì.
«È lui che stavi aspettando?» domandò prendendosi gioco di lui, visto che la verità era ormai palese. L'altro sbuffò ma non rispose, si prese il carrello ed entrò in stanza, lasciando la porta aperta e per Camden quello era un inviato chiaro e tondo, quindi perché non approfittarne?
«Permesso» disse ironico, entrando nella stanza e chiudendo la porta.
«Scusa, chi ti ha detto che potevi entrare?»
«Noel, non mi sembra il caso di parlare fuori nel corridoio» si sedette su una delle poltrone, accavallando le gambe. Noel sbuffò ma non insistette oltre, aveva ragione Camden, ma lui era troppo offeso e arrabbiato per ammetterlo.
«Io non voglio parlare e basta» decretò il più piccolo, sedendosi sul brodo del letto e iniziando a sgranocchiare del cibo sul carrello, stava morendo di fame.
«Prima o poi dobbiamo farlo. Io pensavo che fosse tutto okay tra noi, dopo scopro che in realtà non è così. Ti ho lasciato tutto questo tempo perché era giusto da parte mia, ma adesso siamo qui, e dobbiamo parlare» lo guardò deciso, nonostante l'altro stesse evitando il suo sguardo, guardando ovunque tranne che verso di lui.
«Ho paura di quello che mi dirai» confessò, sospirando. «Nonostante io sia ancora arrabbiato con te, ho anche paura che tutto questo possa finire, ecco perché mi sono allontanato, pensavo che se mi avessi detto che non saremmo più stati insieme avrebbe fatto meno male» alzò le spalle. Camden, allora, si alzò e lo raggiunse sul letto.
«Mi dispiace che il mio comportamento ti abbia portato ad allontanarti e ad avere paura, ma devi credermi non voglio lui ma voglio te. Da sobrio, non sobrio, quando sono triste, felice— beh praticamente sempre» sorrise e di conseguenza lo fece anche Noel. Non poteva nascondere che quelle parole lo avevano reso felice, ma non bastava, ogni volta che chiudeva gli occhi vedeva Camden che baciava un ragazzo che non era lui, e nonostante avesse capito che non era nelle condizioni per capire qualcosa, ma poteva davvero giustificarlo o perdonarlo? Sospirò e strinse le mani di Camden.
«Mi fa piacere, credimi. Ma è difficile togliere quell'immagine dalla mia testa»
Camden annuì, ma non osò dire altro. Adesso stava a lui farsi perdonare, sapeva già che fare.
Dopo le riprese di quel pomeriggio, insieme alla crew si trovarono a mangiare in un qualche ristorante romano; perché era impossibile visitare in Italia e andarsene senza aver assaggiato il loro cibo.
«Sapete quale altra città voglio visitare?» domandò ad un certo punto, Alfred, un altro attore emergente.
«Dicci dai« lo spronò Jason.
«Firenze! È una città così bella, così piena di arte! Il David di Michelangelo, il museo degli Uffizi! Quest'estate ci faccio un salto» disse sognante.
«Ma tutte le città d'Italia sono piene d'arte. Roma ha il Vaticano, con la cappella Sistina. Dovresti girare ogni città e non vedresti quasi nulla» ribatté Noel.
«Sono d'accordo con te» concordò Martha.
Noel sorrise, e per un attimo incrociò lo sguardo di Camden ma lo distolse subito, nonostante l'altro lo continuasse a guardare.
La stessa sera, Camden raggiunse la stanza di Noel, e rimase lì fuori fino a quando l'altro non si decise ad aprire la porta.
«Cosa ci fai qui?»
«Ciao anche a te» rispose ridendo, per nulla intimidito dal tuo infastidito che aveva usato l'altro.
«Cosa vuoi, Cam?» almeno aveva usato il suo nomignolo, forse era un buon segno.
«Ti volevo portare in un posto» disse, sperando di aizzare la curiosità dell'altro— infatti, l'altro all'inizio sembrò scettico, ma poi preso dalla voglia di sapere dove lo avrebbe portato, in poco tempo infilò il cappotto e lo seguì fuori dalla stanza, e successivamente fuori dall'hotel.
«Non pensavo ti avrei trovato sveglio» ruppe il silenzio, Camden. Noel gli stava accanto e lo seguiva senza dire una parola, non gli chiese dove stessero andando, si fidava ancora di lui e questo bastava.
«Non riuscivo a dormire«disse solo, senza entrare troppo nel dettagli ma il «senza di te» stava rischiando di uscire dalla sua bocca.
Arrivarono davanti alla fontana di Trevi, e vista l'ora era completamente vuota, si sentivano solo i rumori della strada principale, e qualche gufo in lontananza, ma c'erano solo loro due lì.
«Perché siamo qui?» cedette nel chiedere.
Camden fece un segno con la testa, e ad un certo puntò partì la base di una canzone. Lo prese per mano, e lentamente iniziarono a dondolare, seguendo il ritmo della canzone.
«Cosa stiamo facendo?» mormorò sperando di non rovinare il momento che si era creato.
«Stiamo ballando» rispose con lo stesso tono.
«Si, ma perché?» ancora, senza smettere però di ballare. A quel punto le parole della canzone iniziarono, e Noel riconobbe subito "La vie en rose", lo strinse a sé, portando le braccia al collo e stringerlo forte, fino a sentire i suoi battiti del cuore.
«Credevo ti fossi arreso» ammise, accarezzandogli i capelli, sentendolo sorridere vicino al suo orecchio.
«No» scosse la testa. «Non lo avrei mai fatto, ma era giusto lasciarti del tempo per pensare, anche se io spero che tu non abbia cambiato idea su di me»
Continuarono a dondolarsi, cullati dalle note della canzone, nonostante fossero in Italia, e la canzone prettamente francese non centrasse nulla con il contesto, a lui non importava. Voleva stare con Camden, tutto il tempo che potevano, senza pensare a nulla e a nessuno e senza aspettare oltre.
«Non lo accetterei mai, Noel» disse, allontanando il viso dal collo per poterlo guardare in faccia. «E sai perché?» domandò sorridendo. Noel scosse la testa, ma sorrideva anche lui; era impossibile non farlo. «Perché mi sono innamorato di te, e non c'è niente che più desidero al mondo di poter stare con te, in qualsiasi modo. Ero molto restio ai sentimenti, è vero, ma tu con la tua dolcezza, la tua gentilezza, e il tuo modo di fare mi hai completamente rubato il cuore e non c'è niente che io possa, o voglia fare per cambiare le cose» a quel punto Noel si asciugò una lacrime che era scesa senza controllo. Si sbilanciò e lo baciò con tutto l'amore che sentiva in quel momento, finalmente ciò che aveva sempre sognato stava succedendo. Camden era innamorato di lui, glielo aveva appena detto, e lui aveva di colpo dimenticato il motivo per cui era arrabbiato, se una persona come Cam aveva avuto il coraggio di confessare i suoi sentimenti era perché davvero li provava. Adesso le cose potevano solo migliorare, niente e nessuno avrebbe rovinato il loro amore.

«Devi tornare a New York, subito! Anzi, entrambi dovete tornare!» sentì urlare al telefono.

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