Prologo

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Il suono rilassante delle onde accompagna dolcemente le mie azioni. Le lunghe dita della mia mano affondano nella la sabbia, cercando una fonte di freschezza, rifugio dal caldo torrido che ho attaccato alla pelle.

La costa pullula di gente, giovani e coppie. É sempre stata così la spiaggia Californiana, viva e calorosa. Non possiedo ricordo della sua dolce costa desolata.

Una coppia particolarmente vivace mi passa davanti. I due ragazzi si baciano appassionatamente prima di spruzzarsi a vicenda. La maggior parte dei loro schizzi finisco nella mia direzione, in poco, senza far nulla, mi ritrovo bagnata fradicia.

«Stupide coppie, perché devono divertirsi? Che siano più attenti» Borbotto, ben poco interessata alla vita privata dei due. Riporto i grossi occhiali da sole sul naso e sospiro.

Non ho nulla contro le coppie, è solo la loro esistenza ad urtarmi. Tutte quelle affezioni, la voglia di stare insieme costantemente e quelle frasi rifatte che si dicono; non fanno proprio per me.

Hai miei occhi ogni loro sorriso è falso come gli abitanti di questa città, quindi parecchio.

«Smettila Kathryn, se tu non apprezzi l'amore degli altri tieni i tuoi commenti per te stessa». Come un trillo chiaro, una voce femminile stoppa del tutto la mia piccola pausa.

Alzo lo sguardo sulla paffuta ragazza dai capelli neri, ha in viso un espressione di disappunto. Come la maggior parte della ragazze, anche lei sogna nell'amore.

«Non ho mai detto che non lo apprezzo, e comunque loro potrebbero appartarsi da occhi indiscreti»

«Più che indiscreta tu sei una vera e propria rottura di palle» Sorrido, abituata ai suoi commenti. «Ora alza il culo e rimettiti a lavoro, sto facendo tutto io e nemmeno li tengo quei soldi!» Barbotta, guardandomi di nuovo storto.

Siamo sulla spiaggia da ormai un ora intera e, fra il caldo torrido tipico della California, e i numerosi ragazzi a petto nudo che mi ero concessa d'ammirare, sto decisamente collassando dal caldo.

La ragazza mi porge un sacco nero e il lungo bastone raccogli spazzatura che avevo abbandonato accanto.

«Ci manca solo il lato nord della costa e per oggi abbiamo finito»

Sbuffando seguo la castana fissando lo sguardo sulle sue spalle coperte.

Naomi è da sempre la mia miglior amica, quando l'ho conosciuta mi ero appena trasferita da Toronto. Frequentavo ancora le elementari e, dopo la scontrosa reputazione che mi ero ingiustamente guadagnata, non riuscivo a legare con nessuno nella nuova classe.

Sorrisi al ricordo, fra la me di allora e la quella attuale poco e nulla è cambiato. Il primo giorno nella nuova scuola appena entrata in aula la maestra mi aveva chiesto di presentarmi; io come da copione, l'avevo fatto. Mi ricordo che quella mattina la mamma non c'era e mio padre non era riuscito a legarmi i capelli nei soliti codini che ero solita portare, io gli dissi che non importava, ma appena entrai a scuola provai a farli da sola, fallendo miserabilmente.

Durante la presentazione l'intera classe era scoppiata a ridere, probabilmente per l'impossibile groviglio che avevo fra i capelli, risultato del tentativo fallito da parrucchiere autodidatta.

Io mi ero arrabbiata così tanto da urlare a squarcia gola "zitti". Mi ero guadagnata una bella ammonizione da parte della maestra, una pessima reputazione e una strigliata da parte dei genitori, ma almeno avevano smesso di ridere. Per un'intera settimana nessuno mi aveva rivolto parola, tranne una piccola bambina dalla pelle lattea: Naomi.

L'ormai adolescente ragazza è l'esatto contrario della classica Californiana, pelle chiara (dovuta alla scarsa capacità di abbronzarsi di cui, spesso e volentieri si lamenta) e capelli scuri ereditati dalla madre.

Come il cielo a mezzanotte Where stories live. Discover now