27. La strada

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Oggi la scuola può far a meno di me, resterò a casa tutto il giorno con mia madre. Ieri sera ho passato la nottata in bianco, un po' per non cedere ai sedativi, un po' per combattere le mie paure.

Ho avuto un'altra crisi, un episodio. Caratterizzato da disperazione, tristezza e rabbia, tanta rabbia verso me stessa. Dopo ore passate fra lacrime e tremolii, i pensieri sussurrati erano tutti indirizzati ad Allen.

Le parole dei due fratelli Cross mi hanno fatto riflettere fino a poco fa, una conclusione c'è stata ma non sono sicura se sia quella giusta. Ho scelto d'affidarmi alle parole di Allen; so che la sorella potrebbe aver ragione, infondo Allen non è mai stato il tipo di ragazzo che si è dimostrato ieri.

Nonostante ciò voglio fargli questo regalo per una volta, accontentare il suo capriccio, accordargli fiducia e restargli distante fino a data da determinarsi. Un allontanamento forzato, almeno per me. Il tarlo dell'insicurezza con il passare delle ore diventava sempre più grande, più insidioso e tentatore.

L'idea che Allen si fosse stancato di me diventava sempre più plausibile sotto i miei occhi, ragion per cui ho deciso di smetter di pensare, di riflettere sulla situazione e abbandonarmi semplicemente alla decisione di Cross.

Non so cosa farò, non so come comportarmi cosa pensare di lui, di noi. Siamo ancora amici? Siamo mai stati qualcosa per lui o sua sorella si sbaglia e intendeva davvero tutte quelle cose orribili?

«Basta», non devo più pensarci. Infondo se Eavy ha ragione prima o poi sarà lui a cercarmi, fino ad allora proverò a non consumarmi.

Abbandono le confortevoli coperte del mio letto e mi strascico fino in bagno. Ancora una volta l'immagine che mi si presenta davanti allo specchio non è delle migliori. La smorfia schifata arriva come d'istinto, il viso si deforma e se possibile assomiglio ancor di più a una dimenticata specie di orso, particolarmente distrutto e con un pessimo alito.

Mi lavo i denti anche se sono già le dieci. La scuola è iniziata da un pezzo e probabilmente presto Omi mi chiamerà. Decido di entrare in doccia sperando che, in qualche modo, l'acqua calda allievi i segni ancora rossi sulle mie braccia e ripulisca il viso scuro.

I capelli fucsia assumono un altro colore, più scuro e penetrante. Si attaccano sulle spalle, sui seni e lungo la schiena. Come un velo particolarmente pesante opprime la cassa toracica, lo voglio togliere ma in qualche modo risulta anche accogliente e caldo.

Tutta questa situazione è come un grosso velo nero per me, un di stoffa pesante che mi trascina con sé verso il fondo, un velo che mi allontana dalla responsabilità di dover dare spiegazioni ad Allen, di dovergliene chiedere. É opprimente, soffocante e tremendamente sbagliato ma non posso far a meno d'assaporare questi attimi sulla punta della lingua.

Ce ne saranno altri ma mai come questo, è talmente confusionario da non poter esser nemmeno fotografato. Chiudo gli occhi e mi appoggio contro la parete del box. L'acqua gocciola sulla mia pelle, sulle palpebre chiuse. Bacia le mie labbra e accarezza ogni curva del mio corpo.

Resto a riflettere in silenzio ancora per poco, mia madre è a casa e non può vedermi in questo stato. Loro non possono sapere di tutto questo, specialmente lei. Non hanno bisogno di altre preoccupazioni al momento, nemmeno di quelle che sotto il loro sguardo appaiono futili e bambinesche.

Decido di coprire le occhiaie e in qualche modo allenarmi con sorrisi finti. Devo inventarmi una scusa plausibile o una bella punizione non me la toglie nessuno. Scuoto il capo davanti al mio riflesso bagnato e quasi un sorriso mi scappa.

Infondo è meglio così. Siamo adolescenti, è normale cambiare idea, voler star distanti, sbagliare. É normale per noi anche se a volte ce ne dimentichiamo. Lasciamo fare gli adulti a chi ne è competente, tutto quello a cui dovremmo pensare sono la scuola, la famiglia e gli amici sotto una luce gioiosa e spensierata.

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