04. Piccoli riti

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Richiudo la portiera dell'auto, alle mie spalle Naomi riparte verso casa sua. La fresca brezza di questa mattina è scomparsa, al suo posto il caldo torrido è ritornato.

Naomi ha apprezzato molto casa di Tommy, affermando che il giardino di quest'ultima è di sicuro fra i più belli del nostro paesino.

La cittadina in cui abito si trova appena fuori San Francisco e spesso, in estate soprattutto, qui si riempie di turisti.

Non è esageratamente grande come cittadina, ma abbiamo un hotel e tutte le infrastrutture necessarie. Manca l'università, ma a quello rimedia la vicinanza con San Francisco.

Mio padre lavora presso l'hotel, è stato da poco promosso aiutante capo cuoco. La mamma invece, da sempre si occupa di un piccolo negozio di giardinaggio. Entrambi fanno turni pomeridiani lasciandomi casa libera per buona parte della giornata.

Tiro fuori le chiavi dallo zaino e le infilò nella toppa del cancello, entro e lo richiudo alle mie spalle. Ho sempre amato il nostro piccolo giardino, circonda l'intera casa come se essa si ambienti perfettamente fra la natura.

Spesso, nei momenti di calma assoluta, mi siedo in veranda e osservo l'orizzonte o scatto foto ai piccoli esseri viventi che popolano la terra.

Salgo in veranda e mi sventolò una mano in faccia, fa veramente caldo e questi jeans non aiutano. Apro la porta d'ingresso, poso le chiavi nel piccolo piattino e accendo il condizionatore. Sospiro e mi fiondo sul divano.

Casa mia è una delle tipiche villette americane, due piani, tre camere da lette, un soggiorno, una sala da pranzo ed una bella cucina spaziosa. I miei genitori hanno sempre accumulato soldi, preferendo la stabilità economica a viaggi costosi e spese inutili.

Complice il mio carattere e la loro assenza, ho sviluppato la capacità di sorvolare sulla loro mancanza, trasformando la solitudine in tranquillità.

Ogni giorno ho dei piccoli riti che compio inconsapevolmente, un po' per abitudine, un po' per sentirmi parte di questo luogo, ed ingenerale della mia vita.

Tutti abbiamo bisogno di un posto da chiamare casa, non un luogo, bensì tutto ciò che vi è legato attorno. I piccoli rituali quotidiani che faccio mi tengono ancorata a questa casa.

Buttarmi appena entrata sul divano, fare una doccia e dover uscire dal bagno per prendere i vestiti, preparare il cibo sul tavolo, andare in bagno, e solo dopo iniziare a mangiare. Sono piccoli gesti, ossessioni forse, di cui non posso far a meno.

Salgo in camera afferrando il corrimano delle scale. Fin da piccola ho avuto l'abitudine di sostenermi a qualcosa. Odio cadere, odio rialzarmi, stringere qualcosa che me lo impedisca mi infonde sicurezza.

Mi godo il silenzio della casa, entrando in camera mia, desolata come sempre. Prendo dallo zaino una delle mie pillole e nascondo il resto dentro ad una delle tasche.

Cambio velocemente i jeans con un paio di pantaloncini, decisamente più comodi, e prendo un'altra maglia pulita. Voglio andare da Tommy, devo sapere come sta.

Esco di casa e richiudo tutto. Il tempo è volato, sono uscita da scuola ben un'ora fa; chissà se Tommy è già a casa... nel caso chiederò a Kim di avvisare.

Cammino per strada sentendo quasi il caldo dell'asfalto sotto la suola delle scarpe, lascio cadere le chiavi nella tasca dei pantaloncini e con un elastico mi lego i capelli in uno chignon.

Se Emily mi vedesse ora si metterebbe ad urlare. A detta sua, il mio senso dello stile è inesistente, sotterrato da anni e anni di menefreghenza.

Poco m'importa; al diavolo lo stile, voglio stare comoda, non soffrire di caldo.

Il sole arde sulle mie braccia, che splendida sensazione. Sorrido al cielo chiudendo gli occhi. Apro le braccia e mi lascio abbracciare dalle morbide onde di luce che il sole mi regala.

Come il cielo a mezzanotte Where stories live. Discover now