08. Paranoia silenziosa

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Un macigno pesa sulle mie spalle al posto della testa, mi sento affaticata e stanca. Apro gli occhi con fatica, questi sembrano incollati, così come la bocca impastata. Sbadiglio aprendo la mano destra sul tessuto di fianco a me, sembra morbido, il tipico tessuto "teddy" che ultimamente va molto di moda. Sposto ancora la mano lungo il presunto letto fino al bordo, oltre c'è un muro.

Provo di nuovo, con fatica, ad aprire uno degli occhi e studio l'ambiente in cui mi trovo.

Sembra la stanza di Clara, la sorella di Naomi. Le pareti bianche sono piene di poster della Manchester University.. in realtà tutta la stanza sembra decorata unicamente da gadget viola e oro, i colori dell'università.

Il grande armadio bianco rivela numerose magliette col logo dei Spartans, sciarpe giallo-viola e una modesta quantità di bandiere colorate e cappellini. Di fianco all'armadio, la piccola scrivania in legno sopporta il peso di numerosi libri dal notevole volume, sopra ad essi, attaccate al muro bianco, numerose foto fanno la loro comparsa. La protagonista di queste è spesso Clara in compagnia di amici e famigliari.

La grande finestra è chiusa, ma le tende sono già spalancate, segno indiscutibile del passaggio di Naomi. Il cielo terso, reduce dalla turbolenta piovuta di ieri, lascia che il forte sole mattutino illumini tutto. Sbuffo, coprendomi gli occhi con un braccio, pochi raggi entrano nella stanza colpendo tutti i mobili presenti e il mio viso stanco.

Muovo le gambe sotto il leggero lenzuolo e lo sposto dal mio corpo. Quando abbasso lo sguardo sul mio abbigliamento mi rendo conto di star indossando un paio di pantaloncini ed una maglietta dei Spartans, probabilmente Naomi mi ha cambiata.

Lascio una gamba a penzoloni fuori dal letto, mi giro di lato ed osservo il comodino bianco. Anche su questo vi è incorniciata una foto della famiglia di Naomi, affianco vi è una sveglia che segna le sette.

Ho dormito decisamente troppo, ma infondo dopo una notte quasi totalmente insonne, la scuola e la presenza pesante di Allen, me lo sono meritata un pisolino.

Mi passo entrambe le mani sul viso e, alzando gli occhi al cielo mi stiracchio. Ancora distesa, osservo per un paio di secondi il soffitto, poi mi alzo. Appoggio i piedi sulla moquette, e cammino verso lo specchio a figura intera vicino all'entrata.

Mentre mi osservo, lui mastica e sputa la mia immagine, mostrandomi uno zombie in fin di vita. Ho i capelli totalmente scompigliati, grosse macchie nere intorno agli occhi leggermente sbiadite, dovuto al mio inconscio strofinamento mattutino, e al filo di mascara che mi ero permessa di mettere ieri. Il viso è colorata da una smorfia orrenda.

Immagino che dopo tutto ieri sera Allen abbia contattato Naomi e mi abbia portato a casa sua, a piedi, con me sulle spalle...

Sono un disastro. Chissà che idea si è fatto di me.

Sorrido alla scimmia nello specchio, lei mi imita. Ridiamo insieme del mio aspetto, io che mi muovo, lei che mi imita. Potrei restare sempre ore davanti allo specchio, non perché la mia figura mi piaccia particolarmente, ma m'incanta osservare le movenze che lo specchio è capace di riprodurre. É fedele in tutto e per tutto, una copia spudorata.

Mi allontano dallo specchio ghignando, dio se la mattina sono rincoglionita. Mi guardo attorno, accarezzando con lo sguardo ogni superficie, ma del mio telefono non vi è traccia.

Attraverso la porta aperta ed esco in corridoio, questo è deserto, come tutto il piano superiore. Cammino fino alla porta che cela il bagno ed entro senza bussare.

«Dio santo. Dov'è finita la mia privacy?». Naomi seduta sul water mi accoglie.

«Buongiorno Naomi». Mi piazzo davanti al lavandino e apro l'acqua. «Prendi esempio da me, è così che si saluta una persona la mattina», continuo beffandomi della ragazza. Mi getto in faccia un'abbondante dose d'acqua.

Come il cielo a mezzanotte Where stories live. Discover now