09. Il mare senza di te

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Giocose ciocche fucsia mi passano davanti al viso, turbinano attorno al mio capo per effetto del ventilatore puntato davanti al mio viso.

Il caldo torrido della California come sempre, non manca all'appello. Mi alzo dalla comoda sedia, rimettendo la macchina fotografica sulla scrivania. Chiudo la finestra della mia stanza, e mi voltò verso il mio piccolo tesoro.

I miei genitori dovrebbero tornare a momenti, insieme a loro il senso d'ansia. Stanno nascondendo sicuramente qualcosa di grosso e io voglio sapere cosa.

Perché dev'essere sempre tutto così complicato? Dovrebbero fidarsi della propria figlia, non che io sia mai stata una figlia modello, ma pensavo d'avere un minimo di rapporto con loro. Per lo meno, lo avevo.

Sopra la scrivania, riposta con cura, vi è una vecchia cornice. Custode della foto, dell'unico momento in cui ho immortalato la persona più importante della mia vita.

Mia nonna, la mia migliore amica e la mia ancora di salvezza. È lei ad avermi regalato la macchina fotografica, ben cinque anni fa'.

Prendo la foto fra le mani e, delicatamente, accarezzo con la punta delle dita il suo volto. Era sempre sorridente, e non mancava mai di regalarmi una battuta carica d'ironia quando mi notava giù di morale.

L'unica con cui sia mai andata dallo psicologo, la prima che mi ha aiutata, l'unica che mi capiva.

La mia nana, ormai avanzata con gli anni, aveva sempre qualche 'pillola di saggezza', come le chiamava lei, da impartire. Molte delle sue frasi migliori provenivano proprio dal marito; il nonno. Non ho ricordi di lui, ero molto piccola quando è morto, ma mi è stato detto ch'era un uomo oltremodo saggio ma a tratti bambinesco.

I genitori di mia mamma, a differenza di quelli di mio padre, abitavano a poco distanza da noi, perciò furono quelli con cui legai di più da bambina.

Quando mia nonna mi diede la macchina fotografica, l'ultimo dei suoi regali, mi pregò quasi in ginocchio di scattare foto al cielo ogni qualvolta andasse qualcosa storto. Mi pregò di osservarne le meraviglie, i colori e le sfumature, intrappolare su pellicola, e farle mie.

Mi chiamava ladra di attimi, poiché da quel momento immortalai ogni momento con la mia macchina fotografica.

Non era chissà che, una vecchia reflex Olympus in precedenza appartenuta a lei. Era un giorno qualunque quando me la diede, ero tornata da scuola e come sempre ero andata a casa sua per pranzo. Lei mi accolse, sorridendo come suo solito, mangiammo insieme e a fine pranzo mi condusse fuori.

Il sole splendeva alto in cielo e illuminava l'ambiente circostante, i suoi raggi riflettevano sulla meravigliosa macchina fotografica che mia nonna teneva fra le mani.

In quel momento mi sembrò l'oggetto più bello dell'universo; da allora, lo penso ancora.

L'alzò e scattò una foto al cielo, alla strana forma che le nuvole assunsero, ed a me. La mise poi fra le mie mani, e mi scompigliò i capelli corti.

«È un regalo, fanne buon uso Katty». Disse semplicemente, riportando lo sguardo verso il sole. La luce creava un contrasto magnifico fra la sua pelle ambrata e gli occhi nocciola.

«D'avvero è mia?» Le avevo chiesto, meravigliata di come quel piccolo e magnifico tesoro potesse d'avvero esser mio e solo mio.

La nonna annui, sorridendomi.

Alzai la fotocamera e le scattai una foto, la prima e l'ultima. «Che fai stupida? Non te l'ho regalata certo per far foto a me! Quella la devi usare solo ed esclusivamente quando sentirai il bisogno di spaccare qualcosa. Ne abbiamo parlato, no? Ad ogni episodio non puoi lasciarti controllare dalla rabbia, tieni stretto questo regalo e fai una foto. Ricordati le tue origini, ricorda che in questo mondo siamo solo un piccolo pallino insignificante».

Come il cielo a mezzanotte Where stories live. Discover now