-6- SENZA PAROLE

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Con passo deciso Katsuki entrò nella scuola che lo aveva ospitato per anni quando era piccolo. Spinse con la mano la porta, lasciando una grande impronta sul vetro ben pulito. Fece qualche passo negli stretti corridoi dell'edificio, notò come dentro non fosse cambiato nulla, disegni colorati erano appesi lungo le pareti, banchi che gli arrivavano al ginocchio sistemati nelle piccole aule e bambini che correvano da una parte all'altra.

Fermò una maestra che stava passando di lì e le fece la stessa domanda che aveva posto appena prima all'altra donna, ma la risposta fu la stessa, quell'edificio non aveva mai chiuso.

Si girò su sé stesso cercando di orientarsi, era vero che aveva passato anni in quel luogo, ma, a distanza di tempo, aveva difficoltà a ricordarsi esattamente i vari snodi di quei corridoi fin troppo uguali tra loro.

Si diresse verso una delle poche stanze che si ricordava dove fosse collocata, ci arrivò quasi istintivamente, come se si trattasse di memoria muscolare, quando si fermò alzò leggermente la testa e notò la grande scritta al di sopra della porta a due ante... mensa.

Quando si affacciò nella grande sala piena di tavoli lunghi, cuochi che giravano con i pentoloni e urla di bambini affamati, lo sguardo gli cadde su di un bambino che in testa aveva un arruffato cespuglio verde di capelli e, quando il bambino ricambiò lo sguardo, notò che di verde aveva anche gli occhi, dei grandi e luminosi occhi verdi smeraldo lo stavano guardando perplessi dall'altro lato della sala. 

A Bakugou mancò il respiro, fece un passo indietro quasi inciampando sui propri piedi e uscì dalla mensa

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A Bakugou mancò il respiro, fece un passo indietro quasi inciampando sui propri piedi e uscì dalla mensa. Posò la schiena contro la fredda parete e iniziò a ragionare su cosa stesse succedendo. Tirò fuori dalla tasca il cellulare, ma il simbolo in alto lo avvertiva che non c'era campo e la batteria stava piano piano morendo.

"devo riuscire a mettermi in contatto con qualcuno, qui il mondo è impazzito" cominciò a sbattere piano la mano sul muro, cercava di concentrarsi, ma nulla in quel posto lo aiutava a trovare una risposta sensata a ciò che stava vedendo.

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