12. Stellato

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«Stai mettendo radici o hai intenzione di muoverti da lì?» chiedo a Naomi, le scuoto una mano davanti al viso perso e lei sembra risvegliarsi.

«Scusa» mi guarda e fa' segno verso i ragazzi della squadra, si stanno riscaldando «È colpa loro»

«Vedo» mormoro scuotendo il capo divertita.

È sabato mattina, mancano poche ore alla prima partita dall'inizio della scuola e sono tutti sovraeccitati, chi per la partita, chi per i ragazzi. Di solito giocano il venerdì sera ma nella nostra scuola è una sorta di tradizione giocare la prima partita il sabato.

«Il coach li stressa troppo, corrono come dei bufali» si porta una mano sul braccio e lo strofina. Non sono ancora arrivate le temperature invernali, ma la mattina fa' freschino. Stiamo tutti bene tranne Naomi naturalmente, soffre fin troppo il freddo. «Insomma, si sono allenati anche in estate» continua rivolgendomi un occhiata.
«Quando noi cheerleader proviamo non dovrebbero stare in campo ma loro provano lo stesso»

«Forza razza di muli, altri due giri!» le urla del coach Charleston si sentono da qui, impreca ed alza le braccia verso il cielo esasperato. «Quest'anno vinceremo il campionato, me lo sento!» si passa una mano sui corti capelli tagliati a spazzola.

Io e Naomi ridacchiamo ed iniziamo ad incamminarci verso il campo. «A quanto pare la sconfitta dell'anno scorso non gli è andata proprio giù»

Superiamo la recinzione aiutandoci a vicenda, è una scorciatoia che solo le cheerleader conoscono. Utile quando sono in ritardo e non vogliono passare dentro la scuola. «Grazie per avermi accompagnata» Naomi alza una mano e saluta le sue compagne prima di girarsi un ultima volta verso i giocatori e rivolgermi un sorriso malizioso. «O meglio, prego..»

Ridacchio quando si lecca le labbra e mi fa' un occhiolino. «Per cosa esattamente?» chiedo. Stringo la mano sullo zainetto che porto in spalla e soffoco una risata quando alle sue spalle il coach urla di nuovo.

«Sono un ottima copertura no?» alza il mento, e si tocca in modo cospiratorio la coda. Quando si rende conto che non ho capito sbuffa ed indica uno dei giocatori. «Per Cross, stupida. Lo so che sei qui per ridargli la maglia»

«Oh.. no, non è vero io-»

«Non sei mai venuta ad una partita se non perché ti costringevo io, e non è questo il caso» alza in alto le braccia e comincia ad allontanarsi ridacchiando. Sta insinuando che fra me e il belloccio ci sia qualcosa? Mai, sarà pure carino - è da stolti non ammetterlo - ma non fa' per me, per lo meno non per una relazione duratura.

«Era una promessa!» le urlo dietro. Si gira e mi saluta con una mano iniziando a correre verso le altre scuotendo con eleganza la divisa.

Naomi è sempre un vulcano di gioia e positività, è quasi contagiosa. Sbuffo e mi vado ad accomodare sui tiepidi spalti vuoti. Gli unici suoni che si sentono sono le risate delle cheerleader, i grugniti dei giocatori e le urla del coach.

Essendo le dieci a ben sei ore di distanza dalla partita, nessun spettatore è presente nell'enorme campo, se non due ragazze del giornalino scolastico piuttosto agitate.

Strofino la punta delle scarpe sull'erba e chiudo gli occhi godendomi la leggera brezza mattutina che arriva dal mare. Sospiro e mi lascio cullare. Ieri sono tornata a casa per cena portando Alex con me, abbiamo mangiato in religioso silenzio, io ignorando i miei genitori, loro cercando di far conversazione con il ragazzo. Dopo mezzoretta Alex ha finalmente preso l'autobus ed è ritornato all'orfanotrofio, salutando educatamente i miei.

Sembra abbia fatto colpo su di loro, si comportava stranamente in modo pacato ed educato. Spesso nel corso della cena mi è sembrato di scorgere sguardi d'invidia rivolti a tutto ciò che ci circondava, quando ciò accadeva mi affrettavo a stringergli la mano sotto il tavolo e sorridere delicatamente.

Come il cielo a mezzanotte Where stories live. Discover now