11 - Giovanni Sabelli

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25 Ottobre 1917

Primo pomeriggio. Base aerea di Santa Caterina, sede della 91a Squadriglia Caccia, a Pasian di Prato, nei pressi di Campoformido, Udine



Con un gesto automatico delle dita guantate, afferrò il nottolino del comando dei magneti e lo spostò su "0". Il motore tacque, la corrente generata dall'elica si smorzò, l'aeroplano smise di vibrare. Per un momento, tutto fu silenzioso.

Francesco chiuse gli occhi, appoggiò le mani sul bordo della carlinga e lasciò che la testa gli si affossasse tra le spalle.

— Tutto bene, signor maggiore? — chiese una voce squillante, con un marcato accento siciliano, interrompendo quell'attimo di pace durato solo una manciata di secondi.

Baracca aprì gli occhi e si sfilò gli occhialoni. — Tutto bene, Lo Presti, — sospirò. Si slacciò la cintura e si alzò, per uscire dal velivolo. — Fatemi il pieno a benzina e olio, e caricate le mitragliatrici. Tra due ore al massimo devo decollare di nuovo.

Tre o quattro addetti alla manutenzione presero in carico lo SPAD, cominciando ad analizzarlo e a verificare che non avesse qualche problema poco evidente, ma forse grave. Un armiere, invece, cominciò a sfilare i nastri di cartucce dalle mitragliatrici per sostituirli con nuove munizioni.

Con un passo un po' incerto, Baracca si diresse verso il suo ufficio. Rosato gli corse in contro, sventolando alcune carte. — C'è da mettere qualche firma, signor maggiore.

Baracca annuì, facendogli segno di seguirlo dentro. Una volta nel suo ufficio si sfilò il giaccone da volo e lo ripose in un angolo. — Portami un po' d'acqua, per favore, — mormorò. — Lascia pure qui le tue carte, ora le firmo.

Quando fu solo, si lasciò cadere sulla seggiola e si massaggiò il viso con le mani ancora un po' sudate. Era esausto.

Ruffo di Calabria si affacciò nell'uscio. — Ah, sei rientrato anche tu. Com'è andata?

Baracca scosse la testa. — Sono a pezzi. Altri due combattimenti. Con quelli dell'altro volo, oggi siamo a quattro. Non ci sono mai stati così tanti crucchi in aria quanto oggi!

— Successi?

Un sorriso, fugace e appena accennato, comparve sulle labbra del pilota. — Uno, insieme a Piccio, sulla linee di San Marco.

Il Principe gli diede una poderosa pacca sulla spalla. — E bravo il nostro maggiore! Così vai a ventidue vittorie ufficiali! Dobbiamo festeggiare: stasera stappiamo una delle bottiglie della mia riserva personale.

Baracca si sforzò di sorridere di nuovo, ma era troppo stanco. — A te come è andata?

— Abbiamo scortato una squadriglia di Caproni, solite cose... — disse Ruffo, con un gesto della mano come a significare: "niente di che".

Baracca alzò un sopracciglio. Conosceva bene l'amico. — D'accordo, allora. Parlami di queste "solite cose".

Il viso del Principe si aprì in un sorriso radioso. — Beh, — disse, avvicinando una sedia al maggiore. — Se proprio vuoi saperlo, credo proprio che oggi sia la mia giornata.

— Sentiamo.

— Ne ho già tirati giù due, Cecco. E so che il conto non è ancora chiuso per oggi. Me lo sento, come dire, nel sangue. Non vedo l'ora che mi carichino l'aereo per tornare su. Oggi è la mia giornata.

— Ottimo, Principe. In bocca al lupo, allora.

— Crepi!

— Signor maggiore? — chiese Rosato affacciandosi alla porta. — Le ho portato l'acqua. Ha firmato le carte, signore?

Il CavaliereWhere stories live. Discover now