London

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Fra le numerosissime cose che il corvino di domandava ogni giorno, c'era la seguente:
esistono paradiso e inferno? Se sì, Kenma dov'è? Cosa sta vedendo lui, ora?
Probabilmente era arrivato anche il momento di darsela una risposta, perché un giorno avrebbe dovuto finire di pensare così tanto a lui. Come si era già assicurato, non lo avrebbe dimenticato, ma andare avanti per lui significava anche avercelo di meno in testa.

Quindi, paradiso e inferno esistevano?
La risposta era così soggettiva che rispondervi imparzialmente era impossibile.
In ogni caso, la risposta di Kuroo era estremamente negativa, lui non credeva in dio.
Non per quelle stronzate come "mi serve una prova per crederci", "se va tutto male, vuol dire che non esiste". Si sarebbe definito stupido da solo a pensare così.
A lui non interessava dio, non poteva centrare di meno nella sua vita, probabilmente.
Il disinteresse è una bestia, ma Kuroo non faceva parte degli ignoranti: aveva studiato lo studiabile, aveva sete di curiosità e il sapere gli usciva da ogni poro del suo corpo, quei due luoghi così sacri erano stati per lui un'invenzione curiosa e utile.
Solo che, non gli interessava pregare, non gli interessava credere in qualcosa di grande.
A lui bastava sé stesso, come già detto, Kuroo era un grande egoista.
Pensava a sé stesso e a sé stesso soltanto.

Tranne per Kenma, si ricordò, al biondo ci pensava spesso, dato che era l'unica eccezione.

Continuando con la questione della vita dopo la morte, Kuroo credeva in una teoria tutta sua.
Pensava che dopo la morte di una persona, quest'ultima nascesse di nuovo e diventasse una persona del tutto diversa, e così via.
Alla fine, però, non c'era nessun nirvana.
Ma quella sua credenza lo teneva titubante, sapeva che non era vera e che i bambini non nascevano in quel modo.
Ma gli piaceva pensare, fantasticare su qualsiasi cosa fosse l'ignoto, dopo che il proprio cuore smetteva di battere.

Ciò che credeva che Kenma fosse diventato, allora, era esattamente ciò che aveva desiderato il biondo. Lui stesso aveva confessato che l'aveva scelto dal nulla, ma rimaneva una cosa importante.

"Se è come dici tu, perché i due avevano ovviamente già discusso sulla cosa, nella mia prossima vita voglio essere un londinese indaffarato, hai presente? Quello con i libri in mano, giovane e bello che ancora va in università e che la mattina si ritrova a fare jogging. Un londinese tipico. Solo perché poi voglio che tu dia un artista di strada a cui darò dieci sterline, solo per fare colpo, e che ascolterò tutti i giorni finita l'università. Poi ci andremo a prendere un tè alle quattro e poi scop-, a quel punto un'occhiataccia, ai tempi, aveva interrotto Kenma nel suo discorso, e ci ameremo tantissimissimo.".

Quella era stata la lunga dichiarazione di chi voleva essere dopo la morte.
Quindi Kuroo se lo immaginava che già stava con un latte e cioccolato di Starbucks, mentre sul tavolino dell'omonimo locale giacevano tantissimi e tristissimo fogli sull'ingegneria nucleare, o sulla psicologia o su come acconciare i capelli o su qualsiasi cosa Kenma avesse voluto studiare.

Quando se lo immaginava, quel Kenma del tutto diverso, con un nome del tutto differente e i capelli magari biondo naturale, gli veniva in mente una sola ed unica cosa, banale, che avrebbe potuto fare ridere da come formulata, ma per lui, come tutto quello che lo collegava al biondo, era importante:

Non vedo l'ora di suonare a Piccadilly Circus.

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