THE LETTER: goodbyes

249 21 7
                                    

Il tè freddo era ormai esaurito sino all'ultima goccia, la sigaretta era consumata e già nel posacenere spenta.
Kuroo, invece, era integro, più o meno, ed ancora sedeva sulla terrazza, con l'ultimo scorcio di foglio libero e la matita con la punta ormai troppo poco temperata, che non faceva capire molto della strana calligrafia del corvino.
Mancava poco, diverse ore alla mezzanotte e al momento in cui lo avrebbe salutato davvero.
Effettivamente erano le sette di sera: erano passate due ore. Come? Domanda interessante.

Sospirò, sentendosi già gli occhi umidi.
Kenma l'avrebbe preso in giro di sicuro, per tutte le lacrime versate in sole due settimane.
Dopo averlo preso in giro, però, un bacio glielo avrebbe dato, dritto sulle labbra.
Ne voleva solo uno, l'ultimo, e l'avrebbe lasciato in pace.

"Anch'io ti amo, Kenma.
E non sai quanto. Come avresti detto tu: "spoiler: tantissimo".
Già, ti amo tantissimo, Kodzuken.
Me lo ricordo che odiavi quando ti chiamavo così, ma a chi importa ormai?
Se neanche puoi baciarmi più, abbracciarmi, perché dovrei preoccuparmi di uno schiaffo sulla spalla? Non dovrei.
Ma mi piacerebbe provare quella sensazione e rivivere quel momento ancora, ed ancora.
Io che rido come un deficiente, ancora prima di dirlo e tu già pronto a farmi "male".
Anche baciarti, ovviamente.
Ad esempio la vicinanza magnetica, quella che dice "se non ci baciamo ora siamo entrambi etero", capisci? E poi tu sei morbido.
Sia le tue labbra, che il resto del tuo corpo.
Quando parlo di baciarti non intendo solo le labbra, ma anche le guance, la fronte, la pancia, il fianco..
E così mi viene in mente, ancora, che mi manchi tanto.
Da morire. Sento come se tu fossi davanti a me, come se fossi ancora fra le mie braccia.
Ma non ti vedo, non sento il tuo profumo di menta e non ti riesco neanche a sfiorare.
Ironico, vero?
Che ridere, davvero, sembro impazzito.
Mi dispiace che solo a diciotto anni tu visiti Londra, ma non nel modo in cui vorresti.
E mi dispiace che io là non ci sia ancora,  ma dovrai aspettarmi per un po' di tempo ancora.
Che nostalgia mi viene, a pensarti così tanto.
Ma già da mezzanotte tu rimarrai in una scatola nell'armadio, e raramente nella mia mente. O almeno, spero sia così.
Te lo giuro che non voglio dimenticarti, chissà quante altre volte piangerò per te, o rileggerò queste lettere o solo ti penserò.
Ma spero che d'ora in poi invece di due volte, piangerò una sola volta al giorno o pure alla settimana, mentre le lettere spero che rimangano nella scatola con le polaroid più a lungo possibile, senza che io le ispezioni come un disperato.
La tua morte non l'ho presa affatto bene e, come hai predetto tu, mi ha spezzato il cuore quanto lo ha spezzato a te.
E non immagino quanto tu sia stato male in quel letto al mare, mentre io non c'ero e me la vivevo senza sapere un cazzo.
Dio, se mi sento egoista ora.
Anche se lo sono già, mi ha fatto sentire peggio del solito, questa mia natura.
Mi fa male la mano da quanto sto scrivendo e tu sei ancora più annoiato o imbarazzato.
Quindi facciamo che la finisco qui e che ci salutiamo, okay?
Ti saluto ma non ti dico addio.
Rimarrai sempre nella mia testa egoista e testarda, fino alla fine. Anche se troverò qualcun altro, anche se tu troverai qualcun altro, va bene comunque.
Perché sei per sempre in ogni caso.
Pagherei per vederti arrossire ora e tirarmi un'altro schiaffo, o per vederti soltanto.
Ti amo come non mai.
Come non abbiamo fatto una settimana fa, ti dico arrivederci. Non addio, non ciao.
Arrivederci, e buona fortuna, Kenma."

Oh, le lacrime che Kuroo stava versando.
Non gli sembrava nemmeno di aver scritto una lettera sensata, con dei fili logici o che sarebbe mai stata considerata leggibile dal biondo. Ma a chi importava? Non l'avrebbe mai letta in ogni caso.
Gli sembrava di essere credente e di star lasciando delle offerte al suo dio.
Ma lui a dio non ci credeva affatto, credeva in Londra, e in sè stesso e che un giorno l'avrebbe rivista, quella testa di budino, il suo Kodzuken, il suo Kenma o il suo Kozume.
Il suo tesoro più grande.

Le rilesse una ad una, quelle parole sconnesse.
Che anche se messe lì a caso, lo facevano piangere assai. Era passata un'altra mezzora e la mezzanotte si faceva più vicina a passi felpati. Era quello che faceva tremare Kuroo.
La mezzanotte, lo scatto dell'orologio appeso in cucina e del minuto sullo schermo del telefono.

Chissà se avrebbe dormito, quella notte.
Chissà chi o cosa avrebbe sognato.
Chissà come sarebbe andata avanti la sua vita  dopo Kenma, che gli era sembrato il centro del mondo, mentre purtroppo era solo un pianeta su otto, perché ce n'erano ancora tanti di anni che dovevano trascorrere davanti agli occhi del corvino.
Sempre che il futuro non lo sorprendesse come aveva fatto con il biondo.

Rientrò, solo per prendere un'altra sigaretta e, invece del tè, prese dell'acqua.
Tutta quella caffeina lo avrebbe davvero trasformato in un ammasso di energia.
E il cuore gli batteva troppo forte, troppo velocemente, per non aspettarsi un attacco d'ansia. Ansia per cosa? Per il futuro.
Che solo in quel momento aveva capito che non riservava a tutti una vita lunga, in salute o felice. Che era imprevedibile sotto ogni aspetto.
A diciannove anni lo aveva realizzato.
Dopo la morte del suo ragazzo.

Accese la sigaretta, l'ultima della giornata e fece un sorso d'acqua fredda.
E il respiro accelerava, il cuore impazziva, gli occhi bruciavano, l'aria se ne andava.

Ma i ricordi, come il sorriso sul viso di Kuroo, no, non se ne andavano.

Ed era meglio così.

Arrivederci, amore mio.

summer issuesWhere stories live. Discover now