18. Le emozioni non sono per bambini

151 12 0
                                    

Penso capiti a tutti prima o poi, di perdersi nei propri pensieri. Fissare il vuoto e pensare al nulla, sempre se nulla esiste d'avvero. Perdersi nei propri pensieri non comporta emozioni bensì sensazioni, io personalmente le ritengo ben distinte, intendo le emozioni dalle sensazioni. Non so spiegarlo ed in realtà non so nemmeno se sento qualcosa. Spesso è così complicato esprimersi; il semplice parlare. Buttare fuori parole, parole reali che abbiano un significato è.. spiazzante. Lo facciamo in automatico, sputiamo parole e vi imprimiamo sopra una sensazione, una piccola scia dell'emozione che proviamo in mentre le pronunciamo.

Siamo schiavi delle emozioni. La mia relazione con esse è.. complicata, specialmente con alcune. Non che io le trovi irritanti o non le consideri come molti miei coetanei sono soliti fare. Abbiamo solo preso una pausa, una lunga, lunghissima pausa di riflessione. Il nostro è un rapporto travagliato e per quanto mi infastidisca ammetterlo nemmeno io sono capace di resistere all'onda travolgente delle emozioni.

Da fuori si può pensare che io non ci abbia nemmeno mai provato ma persino nei miei giorni di piena serenità e pace interiore un lato scorbutico ed incazzato bussa, non poi così timido, alla porta del centro comando emozioni. Da quando anni fa ho visto Inside out ho come avuto un mind blowing, l'idea di un "centro comando emozioni" era l'unico modo in cui riuscivo a spiegarmi la diversità di quest'ultime. Era così impossibile che io provassi seriamente tutto quello, era sicuramente qualcun'altro a farmelo fare... si, avevo tanta immaginazione.

Solo quando distolgo lo sguardo dal soffitto mi rendo conto d'essermi persa nei miei pensieri. Un giro infinito di pensieri che alla fine mi ha portato al punto di pazienza. Buffo.

L'orologio digitale verde sul comodino accanto al mio letto lampeggia, segna ormai le due di pomeriggio. L'effetto dei sedativi è svanito e la testa ritorna pesante come prima, affollata ed incasinata ma in semi tranquillità.

Vicino all'orologio c'è uno dei miei post-it giallo, quelli che prendono polvere sulla scrivania e purtroppo non utilizzo mai. Allungo il braccio e strizzo gli occhi colpiti dalla luce che trapela dalle tende sottili. Sembra la scritta di Naomi, ha scritto un semplice "Buongiorno Kath, quando ti sarai ripresa io probabilmente sarò già partita. Quando ti sentirai pronta a parlare chiamami. "

L'avevo completamente scordato, sono una pessima amica. Naomi è partita con i genitori, stanno andando dagli zii. Lei si preoccupa di me e io a mala pena ascolto quando parla. Basta una parola, una solo parola per descrivermi: delusione, sono una delusione persino per me stessa.

Fra le coperte vicino ai sedativi c'è il mio telefono, lo afferro e non nascondo un enorme sbadiglio. Se durante il giorno sono un ippopotamo di mattina sono un elefante. Cavolo potrei richiedere un provino per Madagascar.

In anteprima appare solo un messaggio di Allen.

Cross il salvatore, 10:36

Come stai?

Alzo gli occhi al cielo ed involontariamente mi scappa una risata, non ho ancora cambiato il suo nome in rubrica.

Perché mi ha chiesto come sto? Ci rifletto un po' su poi il ricordo di ieri sera m'investe in pieno come un tram.

La consapevolezza dell'epocale figuraccia e, di una possibile lettera d'invito al manicomio più vicino, riescono a togliere definitivamente ogni colorito dal mio viso. Chiudo gli occhi e un grugnito si libera fra le mie labbra, che imbecille che sono. Mi ha aiutato per pena, non avrò mai più il coraggio di parlargli. Forse è meglio così, troncare i rapporti prima io mi affezioni e lui si stanchi.

Probabilmente sarà lui ad evitarmi, comprensibilmente. Anche se non sono pazza mi comporto da tale. Emetto un orribile verso mentre cerco di alzarmi. Sento un nido di nodi sopra la testa e un peso invisibile sulle spalle. Ormai mi ero abituata alla sua presenza, sarà difficile non aver più Cross attorno.

Come il cielo a mezzanotte Where stories live. Discover now