19. Come scogliere d'argilla

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«Non ti credo, non puoi averlo detto veramente»

«L'ho detto e sai che ho ragione!»

Galleggio mollemente sulla superficie dell'acqua calda, sento i capelli sparsi intorno a me e il bollente corpo di Allen abbandonato accanto al mio. Non so da quanto tempo siamo in questa posizione o che ora sia ma, il sole è già passato sopra le nostre teste da un pezzo.

Sospiro tranquilla e guardo il profilo del ragazzo accanto a me. Allen è forse uno dei ragazzi più belli che io abbia mai visto, non lo classificherei come modello o dio greco solo perché la sua è una bellezza totalmente diversa. Il profilo del naso dritto e della punta stranamente alta si riflettono sull'acqua così come il suo viso; stranamente tutto di lui mi grida vissuto.

Non vissuto come potrebbe esserlo un affascinate ex militare o un uomo tormentato, bensì un vissuto tenero, nascosto, che implicitamente grida ancora aiuto. Le labbra anche da rilassate hanno una linea dura e una morsa non indifferente, a riconferma dei miei pensieri.

Non so esattamente se a farlo siano i suoi occhi penetranti e blu o l'espressione concentrata ma mai nessuno mi ha fatto provare un attaccamento così profondo. Più lo guardo più mi accorgo del suo profondo sconforto. Si ostina tanto ad aiutarmi ma in questo momento è come se fosse lui quello bisognoso d'aiuto.

«Mi stai fissando da molto ormai, non ti sei ancora stancata?», mi chiede il soggetto dei miei pensieri. Diversamente dal solito tende a schivare il mio sguardo, le mie attenzioni. Come un gatto diffidente. «Non che mi dispiaccia. Continua pure tornado» sorride, forse certo che io non mi sia accorta del suo reale stato d'animo. Muove mollemente le braccia attorno al corpo e riporta lo sguardo sul cielo. Cosa mi nascondi Allen Cross?

«É la prima volta che porto qualcuno qui», parla dopo molto, si è riavvicinato a me e ora mi guarda. I piccoli nei che ha sparsi per la guancia sinistra si riflettono sull'acqua. Per un momento mi imbambolo.

«Perché hai scelto questo posto?», quasi annaspo appena mi riprendo. Ho trovato una nuova prigione, i suoi occhi sembrano far invidia persino al cielo stesso.

Distoglie lo sguardo dal mio e per un istante la sensazione di prima ritorna dentro di me. É schivo. «Ultimamente ci pensavo molto, in questo periodo del anno capita», sommessa le parole come se stesse valutando cosa dirmi. Mi astengo dal chiederglielo, gli lascerò i suoi tempi. «Ho pensato molto anche a te». Sbatte le ciglia e sospira «Mi sembrava solo carino, pensavo ti sarebbe piaciuto. Dopo ieri ero sicuro avessi bisogno di distrarti un po'.»

Riesco ad afferrare parole sottointese, non dette ma pensate fingo al laceramento. Questo dev'essere il suo posto speciale, il suo posto per distrarsi e riflettere. «Sembra molto importante per te», azzardo osservando la sua espressione.

Annuisce leggermente e si tira i capelli bagnati all'indietro. «Lo è»

«Ti va di parlarne? Tutto questo-» comincio guardando il bosco attorno a noi. É stupendo, illuminato dall'intensa luce del pomeriggio, i miei occhi lo percorrono senza però osservalo realmente. «É un pezzo di te... mi sento incredibilmente vicina al tuo cuore in questo momento e da qui riesco a vederti meglio». Lo vedo vulnerabile per un secondo ma basta un battito di ciglia per negare ciò che ho notato. Mi mordo nervosa il labbro e mi raddrizzo aspettando che anche lui faccia lo stesso.

«Non sei obbligato a sfogarti, voglio solo ricambiare tutti i favori che mi hai fatto fino ad ora» stento a riconoscere me stessa nella frase, l'insicurezza che vi trapela e il morboso impulso che mi spinge a sostenere il ragazzo.

Non posso che esserne sicura al cento per cento: nessuno al suo posto relazionandosi con il mio carattere ogni giorno ed assistendo alla scena di ieri sera sarebbe rimasto ancora al mio fianco.

Come il cielo a mezzanotte Where stories live. Discover now