Fuga da Milano

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Passarono venti minuti prima che le bombe smettessero di cadere dal cielo, l'aviazione britannica aveva lanciato la sua offensiva e la città era stata messa in ginocchio. Molte persone si riversarono nelle strade in cerca dei loro cari e quando uscimmo dal rifugio, un forte odore di bruciato penetrò nelle mie narici, costringendomi a tapparmi il naso. Folte colonne di fumo nero si alzavano fino al cielo. Osservai la nostra casa, una parete era crollata e tutte le finestre si erano frantumate.
Isabella si inginocchiò e cominciò a recitare il rosario. Come se una semplice preghiera potesse far tornare la nostra casa come prima, ma la lasciai fare.
-Cara. Mi dispiace, ma questo non è il momento.- Pietro le si avvicinò, posandole la mano sulla spalla.
-Non essere ateo Pietro.- riprese la preghiera.
-Padre. Ci conviene andare a controllare i danni.- Proposi, dopo aver tossito un paio di volte a causa del denso fumo nero che si era alzato.
Entrammo in casa e sembrava che un forte uragano avesse spazzato via tutto. -Figlio... raccogliamo le nostre cose e andiamocene.-
-Volete lasciare la città?- chiesi con dubbio.
-Ma non vedi? Non abbiamo più nulla. I bombardieri potrebbero tornare per finire quello che hanno cominciato.- Pietro si mise a gridare.
Sorpreso da quello scatto d'ira, non potei fare altro che obbedire. -Va bene...- corsi in camera e nella valigia misi tutti i vestiti che riuscii a farci stare. Mentre uscivo vidi Isabella che, mentre finiva di recitare il rosario, riempiva un grosso baule.
Una volta sceso trovai Pietro che caricava l'automobile con tutto quello che avrebbe potuto servirci. Coperte, scorte di cibo, un fucile e tutti i nostri bagagli.
-Padre dove andremo a vivere?- i dubbi e le perplessità non smettevano di attanagliare la mia mente.
-Andiamo dalla zia Maria. A PonteVecchio.-
Sospirai. -Spero che il paese non sia stato bombardato.-
-No. Mirano solo alle grandi città. Per noi è un vantaggio andare a PonteVecchio. Lontano da questo inferno.-
-Hai ragione Pietro!- Isabella si fece avanti, con il viso sconvolto dalle lacrime. -La nostra bella città si è trasformata in un inferno. E tutto per colpa di questa stupida guerra.- Isabella si lasciò abbracciare da Pietro.
-Coraggio mia cara. Dobbiamo andare.-
Salimmo in auto e per le strade si vedevano gente che cercava di scappare in tutte le direzioni; altri come noi si erano già messi in viaggio per lasciare la città.
Passarono due ore prima che potessimo uscire, l'afflusso di gente ci aveva rallentato non poco. Per tutto il tempo, Isabella aveva pregato, ma allo stesso tempo si era lamentata per la gente che stava in mezzo alla strada e delle volte li scansava lei stessa mettendo il braccio fuori dal finestrino.
A notte fonda c'eravamo solo noi in mezzo alle campagne lombarde, Pietro guidava con prudenza, cercando di non finire in mezzo ai campi. Il freddo si era fatto intenso e pregai che il viaggio potesse finire presto.
Mi strinsi nel cappotto e guardai fuori dal finestrino. In lontananza, come un faro che guida i naviganti, intravidi le luci del paese di PonteVecchio.

Il conflitto del cuoreWhere stories live. Discover now