Sotto Il Tetto Di Una Palestra

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Il caldo afoso non mancava, anche se effettivamente con l'andare della stagione si stava cominciando ad alzare quella brezza che ti fa venire i brividi sotto la maglietta estiva.
Tuttavia, il "caldo afoso" a cui faccio riferimento, non era dato dalla temperatura esterna (anche se il sole filtrato dai vetri faceva il suo gioco sporco), ma bensì dai respiri affannosi dei ragazzi chiusi dentro la palestra.
Eravamo arrivati a Tokyo solo da poche ore, e con un po' di fortuna siamo riusciti a iniziare anche in anticipo gli allenamenti prefissati prima dei nazionali.

Sollevai lo sguardo verso l'alto, assottigliando la vista un poco. Il soffitto era veramente alto, anche troppo, e sarebbe stato sicuramente un problema per la prima partita che avremmo dovuto giocare, considerato che essendo un palazzetto enorme sarebbe stato altissimo anche quello. Mi passai sbadatamente una mano sulla fronte per asciugare qualche accenno di goccioline di sudore e allargai un poco il colletto della polo bianca che indossavo.

Riabbassando lo sguardo sui miei ragazzi misi a fuoco per bene i loro movimenti per parare varie pecche nella tecnica. Effettivamente il ruolo a me affidato non era per niente semplice, e mi chiedevo ancora come Takeda potesse aver pensato di affidarlo a una ragazzina del primo anno.
Ma poco importava ormai, ero lì.

Presi un profondo respiro, riempendo a fondo i polmoni. Una sensazione strana quella che si prova sapendo che non sono tuoi, ma che te li ha donati qualcuno, quasi un indescrivibile senso di disagio e spensieratezza mescolati insieme. I punti interni dell'operazione facevano ancora un po' male, ma ci diedi poco peso, beandomi del pensiero che da quel momento in poi non avrei avuto più problemi.
Chiusi gli occhi per qualche secondo, stiracchiando la schiena e li riaprii di scatto, per un attimo accecata dai faretti appesi sul soffitto.

Yuu si trovava poco lontano da me, con Tanaka a fare passaggi. Qualche volta smettevo di vederlo, coperto da altri ragazzi che si muovevano sotto ai palloni, ma dovetti ammettere che fosse stato per me non l'avrei perso d'occhio neanche mezzo secondo.

Cominciai a gironzolare in mezzo al campo, suggerendo qualche trucco o bloccando la posizione di ricevimento di alcuni con degli elastici... metodo decisamente crudele. In realtà ero immersa nei più inutili pensieri, che un po' mi distraevano, per due motivi: prima di tutto mi chiedevo se quel che stessi facendo avesse un senso, e speravo con tutto il cuore di sì e di ottenere delle approvazioni dall'allenatore; e poi continuava a tartassarmi la vista di Yuu, riportandomi puntualmente a quel pomeriggio pullulo strane emozioni che mi avevano accompagnato dopo l'operazione... dopo la "chiacchierata" con il mio... il mio cosa?

Tutto era ancora un labirinto dal mio punto di vista, sin dalla prima volta che ci eravamo baciati seriamente. Insomma, lo chiedo anche a voi, ci avete capito qualcosa? È un si? Un no? Non l'ho capito nemmeno io.
Sia prima che dopo il trapianto avevamo avuto poco e nulla di tempo per chiarire questa situazione, ed effettivamente non sapevo neanche se fosse così annebbiata anche per lui... o forse ero solo io che mi facevo problemi, anche se ne dubitavo.
Avendo iniziato immediatamente a seguire la squadra nel mio ruolo, e quindi occupando tantissimo del mio tempo anche fuori dagli allenamenti previsti, mi sembrava di essere tornata in quel periodo di stallo che mi aveva accompagnata prima della settimana al Nekoma: il dubbio se stesse andando tutto bene o no.

-alti questi passaggi, forza ragazzi! Se non vi abituate striscerete fuori dalla palestra ancora prima di entrarci-

Nessuno in questa palestra sapeva quello che stava succedendo tra me e Yuu, a parte forse Tanaka... su di lui avevo qualche dubbio, considerando la stretta amicizia tra loro. Ma per gli altri era più semplice pensare che i nostri fossero alti e bassi tra fratelli, e non un tira e molla di incertezze tra due persone apertamente dichiarate.

Ma io e lui ancora non eravamo qualcosa, effettivamente. Non ufficialmente, per lo meno. Forse mancava il coraggio, o la volontà di fare un passo in più che ci poteva unire in modo stabile... e forse con tutto questo centrava quella orribile discussione avuta in stanza d'ospedale.
Per me, era stata orribile. Sapere che non mi avrebbe mai permesso di avvicinami più di quel che potevo era lancinante. Più ci pensavo e più ero convinta che tutto si fosse fermato lì: io volevo stare con lui a tutti i costi anche rinunciando alla adozione; lui non mi avrebbe mai perdonato in caso fosse successo.
Erano passati quasi due mesi da allora, e per quel che mi riguardava sembrava che abitassimo in case diverse... non stavamo mai insieme, sempre presi da altro; e se avevamo un poco di tempo libero lo passavo sdraiata sul letto a liberare la mia mente dallo stress.

A Piccoli Passi / Nishinoya YuuWhere stories live. Discover now