28. Piccoli sorrisi

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«Martin anche questa!», il signor Greden urla dall'altra parte del negozio. Sbuffo ma mi asciugo un piccolo rivolo di sudore e corro verso il reparto surgelati.

Il vecchietto indica una scala in metallo e poi si allontana con passo sicuro. Sfruttatore, anche se in teoria sono retribuita ormai il mio turno è finito da un quarto d'ora.

Mi mordo la lingua per non urlar dietro al capo e afferro la scala, pesa un po' ma l'appoggio sulla spalla destra e provo a non farci caso. Oggi la signora Garden ha deciso di ristrutturare parte del negozio, ovviamente noi dipendenti ci siamo andati di mezzo.

La solita cassiera, Ms. Ellizza, giovane donna proveniente dall'Inghilterra giunta in America alla ricerca del successo, purtroppo fallendo miserabilmente, scaltra come pochi è filata via ben un ora fa caricando sulle mie spalle tutto l'ammontare di lavoro.

Guardo preoccupata l'orologio e sbuffando nuovamente appoggio la scala nello sgabuzzino. Oggi dovrei ricevere la mia paga, con essa comprerò dei regalini, poi finalmente, dopo molto tempo, andrò a trovare tutti all'orfanotrofio.

Piano ottimo se non fossero le cinque e non fossi ancora bloccata qui, con un orribile grembiule e i capelli pieni di polvere.

Mi mordo la lingua per non dire cazzate ma ormai sono già di strada. Busso sulla porta dell'ufficio personale dei due proprietari ed attendo il consueto "Avanti".

In realtà è solo pressoché di proprietà dalla signora, da stamattina l'ho vista uscire solo un paio di volte.

Questo non arriva sostituito da strani versi attutiti. una smorfia di disgusto mi viene naturale, se i due vecchi stanno scopando perché io sono ancora qui a sgobbare?

Dovrei andarmene ma non posso senza i soldi. Alzo gli occhi al cielo ma insisto bussando nuovamente. Dall'altra parte nessuna risposta.

«Signori Greden, io ho finito il mio turno da un po' e dovrei proprio andare», ancora nulla. Valuto d'entrar semplicemente ed interrompere le loro attività "lavorative" ma di veder due vecchi abbracciati e sudati non mi va' proprio. «Mhh.. oggi è il mio giorno di paga, vorrei i soldi per favore». I versi si fanno più acuti ed io disgustata mi allontano di poco.

Che maleducati! Impongono così tante regole ai dipendenti, poi loro si comportano da conigli arrapati.

Dopo l'ennesimo gemito prendo l'avventata decisione di spalancare la porta ed interrompere l'orribile amplesso. Sono qui da cinque minuti, tra poco passa l'ultimo pullman per l'orfanotrofio e a me servono per forza quei soldi.

«Martin cosa sta' facendo?». La voce del vecchio mi ferma poco prima che io apra la porta.

Mi giro verso di lui confusa, se lui è qui, e la signora dentro... chi è l'uomo che si sta' tanto divertendo?

Guardo ad intermittenza la porta e l'uomo finché questo scocciato non alza un sopracciglio. Peccato che qua l'unica scocciata dovrei esser io, e per ovvie ragioni. «Cercavo uno di voi due. Il mio turno è finito e oggi è giorno di paga». Taglio corto con tono seccato.

Lui mi guarda storto ma annuisce e basta, mi supere ed entra nell'ufficio senza troppe cerimonie. Aspetto urla di rabbia e sfuriate ma nulla.

Confusa decido di allontanarmi e aspettare i miei maledetti soldi davanti alla cassa. Lavorando qui senza contratto e offrendo orari molti malleabili è più comodo sia per me che per i proprietari consegnarmi direttamente i soldi in mano, un po' come se stessi tagliando l'erba al vicino.

Dopo pochi minuti da dietro l'angolo emerge il signor Greden, la sua espressione è normale. Magari sta fingendo, mii impietosisco un po', forse avrei dovuto avvisarlo. Beh, ormai il danno è fatto.

Come il cielo a mezzanotte Where stories live. Discover now