Capitolo 44.

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"So bene che non ha più senso chiedersi perché, al massimo posso chiedermi cosa è rimasto a me."
▪︎ Mi ripenserai- Cima



Alberto's pov

Non ne potevo più. Eravamo seduti a quel maledetto tavolo da un'oretta e mezza, eppure mi sembrava fosse passato un secolo. Lei era davanti a me, bellissima e sorridente, ignara di tutto. Mentre a me lei mancava un sacco, io a lei non mancavo per nulla.

Avevo accettato l'invito per avere la possibilità di starle vicino dopo tempo, ma la realtà era che non mi stava minimamente considerando. La sua attenzione era concentrata sugli altri. Prima su Pellegrini, poi su Giò e la sua tipa e poi su Ceppi, che era pure quello con cui stava interagendo di più, e no, non era solo la mia gelosia a parlare.

Lanciai uno sguardo proprio a quest'ultimo e lui, capendo subito la situazione, mi rivolse uno sguardo dispiaciuto. Sapeva che mi faceva stare male tutto quello che stava accadendo, ma la realtà è che non era era colpa sua, non stava facendo nulla di male, infatti non ce l'avevo con lui. In fin dei conti stava solo cercando di non destare sospetti in Nova.

- Quindi ti sei ripresa?- mi pentii immediatamente di aver aperto bocca, era la prima cosa che le dicevo dopo averle fatto capire, stupidamente, che conoscevo il suo gusto di pizza preferito. Potevo sicuramente dire di meglio, ma era la prima cosa che mi era venuta in mente, volevo la sua attenzione su di me.

Lei smise di ridere con Ceppitelli e si girò verso di me, con un sorriso dolce sul volto. Il sorriso che faceva sempre nelle situazioni di imbarazzo. Bene, la mettevo pure in soggezione. Era una cosa che mi mancava proprio alla lista.

- Ehm sì, sto molto meglio, ti ringrazio.-

- Figurati... non ho fatto niente di che.- mi ammazzava dentro trattarla come se fosse una sconosciuta. Non riuscivo a fingere, era angosciante.

Lei annuì circospetta e poi si girò nuovamente da Ceppi, per continuare il discorso, ma il mio amico, sicuramente notando la mia espressione affranta, riportò l'attenzione su di me. - Tu Albe tutto ok a Ferrara?-

Nova corrucciò la fronte appena sentì nominare Ferrara e io me ne accorsi immediatamente. - Ferrara? Mi è famigliare.- Sgranai gli occhi davanti alle sue parole e Luca fece lo stesso, riassunsi un'espressione normale appena lei alzò lo sguardo prima su di me e poi su Luca. - Mah, sarà sicuramente per qualcosa che ho studiato. Avevo visto delle immagini nel libro di storia dell'arte ed è meravigliosa, mi piacerebbe tanto andarci un giorno.-

Deglutii e strinsi forte il fazzoletto di cotone tra le mani. Avrei voluto dirle che lei era già stata a Ferrara e che ci aveva pernottato con me, ricordarle quanto eravamo stati bene e male subito dopo, come ci eravamo ritrovati dopo esserci lasciati, ma dovevo stare zitto, e continuare a subire.

- Può darsi che tu l'abbia studiato allora.- le diede manforte il numero 23 del Cagliari.

Dopo quelle parole mi alzai dal tavolo di scatto e mi scusai, prima di allontanarmi ed uscire fuori dal locale. Avevo assolutamente bisogno di aria fresca che mi facesse riprendere, calmare e rilassare. Stava diventando, ogni minuto che passava, sempre più soffocante. Pensai che forse non avrei dovuto partecipare alla cena. La mia presenza era superflua in quella occasione. Non potevo essere me stesso e stavo seduto davanti alla donna della mia vita, che era inconsapevole di esserlo. Che ci facevo lì?

Mi sedetti in una panchina del giardinetto verde, attorno al locale, e mi portai le mani sulla testa, spettinandomi ripetutamente i capelli, in modo nervoso. Non sapevo cosa fare, mi sentivo come in trappola. Volevo stare con lei, ma allo stesso tempo volevo scappare pur di non vederla così.

- Albe, che succede?- sentii la voce di Simeone accanto a me, ma non lo guardai, nemmeno quando lo sentii accomodarsi nella mia stessa panchina.

- Cosa vuoi che sia? Non dovevo venire stasera, lei nemmeno mi guarda.- mi lamentai, disperatamente, smettendo di torturarmi i capelli.

- Prova a farci conversazione, non essere intimorito.-

- Non so cosa dirle, ho paura di sbagliare argomento e toccare tasti che non posso.- spiegai, sinceramente. Agganciando i suoi occhi. Vidi che era dispiaciuto. Ormai mi venivano riservati solo sguardi colmi di dispiacere.

- In fondo, secondo me, lei non ti ha dimenticato... devi solo darle tempo, lo psicologo crede che sia un trauma dovuto all'incidente. Non si ricorda di te, ma non perché sei tu, poteva essere chiunque Albe.-

Risi nervosamente e un'espressione beffarda nacque sul mio viso. - Però sono io, nessun altro.-

- Mi dispiace... ma non sprecare l'occasione di starle accanto ora, sai bene che questa cena è una benedizione per te.-

- Benedizione?- quasi urlai, ma mi trattenni per non dare spettacolo, visto che a qualche metro da noi c'erano due ragazzi che fumavano. - A me sembra un incubo, non so se riuscirò a reggere ancora per molto.-

- Vuoi andartene?- mi guardò quasi scioccato, visto che sapeva quanto ci tenessi a rivederla a distanza di più di due settimane. - Fai una cazzata enorme se vai via ora.-

- Potrebbe essere la cosa migliore, in realtà. Mi sto solo facendo del male stanotte.-

Fece spallucce, come arreso sentendo le mie parole, poi si alzò in piedi, sistemandosi la giacca, e mi posò una mano sulla spalla. - Albe, sei un adulto, sta a te decidere cosa fare. La situazione non è semplice, me ne rendo conto, ma scappare non risolverà le cose. Anzi, le peggiorerà solo. Ora non puoi starle vicino come fidanzato, ma per il momento puoi diventarle amico. È così che vi siete innamorati, quindi sei in grado di starle accanto. Se vai via perderai anche questa opportunità.-

Mi lanciò un ultimo sguardo e si allontanò, tornando al locale, per lasciarmi solo un attimo ad elaborare le sue parole. Sorrisi amaramente mentre alcuni vecchi ricordi di quando io e Nova eravamo amici mi investirono in pieno. La amavo già allora e facevo di tutto per farla sorridere.
Avevamo sempre superato ogni sfida, ed ero super impaurito dall'idea che quella, invece, fosse la sfida più difficile e quindi insormontabile.

Mi alzai dalla panchina e mi pulii i pantaloni dalla polvere della panchina, poi lanciai uno sguardo al locale e decisi di tornare dentro anche io, e proseguire la serata.

Giovanni aveva ragione, non dovevo sprecare nessuna occasione per starle accanto. Sarei riuscito ad entrare nuovamente nella sua vita, in un modo o nell'altro, ne ero più che convinto.

Distance|| Alberto Cerri Wo Geschichten leben. Entdecke jetzt