Le bugie hanno le gambe corte

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A miglia di distanza nella sua tetra camera da letto, qualcuno spalancò gli occhi.

Qualcosa lo aveva ridestato improvvisamente.

Persino Nagini, acciambellata, sibilò infastidita e alzò il capo dondolandolo nervosamente.

Quello che provava era una strana sensazione, a mezza via tra appagamento e nervosismo.

Non sapeva spiegarsi se era stato solo un sogno a disturbarlo o se c'era di più.

Non aveva una visione chiara, ma qualcosa stava destabilizzando il suo "nido", ne era certo.

Se c'era un pomo della discordia, valutò scocciato buttando di lato le lenzuola di raso nero, alzandosi e cominciando a camminare per la stanza, lui lo avrebbe estirpato se necessario, chiunque fosse.

Per ora, però, sarebbe stato ad osservare senza intervenire.

La mattina successiva Draco, che aveva dormito in un altra camera, fece il suo ingresso nella sala da pranzo.

Se voleva un entrata ad effetto c'era riuscito, Hermione per poco non si strozzò con il pane tostato che stava mordendo.

Da dove era spuntato? Quando era tornato?

Non aveva visto bagagli o bauli nell'atrio, quando era scesa quella mattina.

Un strano silenzio sembrò calare tra i presenti, ma nessuno lo notò, tutti presi ad osservare il nuovo venuto. Solo una persona a quel tavolo ebbe un comportamento anomalo rispetto agli altri.

Pansy, infatti, abbassò gli occhi, quasi la sua presenza l'avesse intimidita. Poi si alzò e mormorando un saluto lasciò la stanza in tutta fretta.
Il dettaglio non sfuggì a Narcissa, che lanciò un occhiata insospettita al figlio, il quale con nonchalance andò a sedersi vicino a suo padre.

Ignorò i presenti e, dopo essersi fatto servire, prendendo il giornale e aprendolo, disse con tono privo di qualsiasi inflessione ma rivolto alla "moglie"

- Da stasera mi riapproprio della mia stanza. Tu trovati un posto dove accucciarti quando non mi servi. – Senza guardarla e voltando una pagina del giornale continuò - Stasera ho un impegno ed entro le sei voglio i miei abiti sul letto, lavati e stirati. Spero di non dovermi ripetere.-

Hermione a capo chino, annuì. L'umiliazione le bruciava le gote.
Non si sarebbe mai abituata ad essere trattata come l'ultima delle sguattere. Era inutile, sotto le umili vesti che era costretta ad indossare, l'orgoglio grifone imprigionato ruggiva la sua protesta.

- Lucius! - Esclamò basita Narcissa. Suo figlio non aveva imparato nulla.

Nemmeno la dura lezione impartitagli da Voldemort gli era bastata.

Sbuffando, mentre gli altri stavano uscendo in silenzio, prevedendo maretta, il padre disse

- Draco, per certi lavori abbiamo gli elfi che sono più efficienti. -

- E cosa mi avete dato moglie a fare? E poi voglio che sia lei a toccare le mie cose, è o non è quella con cui devo convivere? - Il tono era sarcastico, sfottente.

Tanto che Hermione con voce flebile disse

- Non litigate per me. – Era spaventata, se i Malfoy lo avessero irritato troppo, si sarebbe sfogato su di lei, in un modo o nell'altro.

Narcissa era furiosa e stavolta suo figlio avrebbe fatto come voleva lei, o quanto era vero Merlino l'avrebbe cruciato, il suo tipico pallore aveva abbandonato il suo viso ed al suo posto un viola pallido sembrava lampeggiare allarmante.

Serva di un solo padrone || dramioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora