44. La progenie di Atena

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Percy mi aiutò a reggermi in piedi

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Percy mi aiutò a reggermi in piedi. Insieme ad Annabeth corremmo da Chirone. «Sta bene?» chiese lui.

Era disteso su un fianco e stava cercando di alzarsi, invano. «Che cosa imbarazzante» mormorò «me la caverò, credo. Per fortuna, non si spara ai centauri a... ahi! ... azzoppati»

«Le serve aiuto» esclamò Annabeth «vado a chiamare un medico della casa di Apollo»

«No» insistette Chirone «ci sono feriti più gravi di cui occuparsi. Andate! Io sto bene. Alexandra? Come ti senti?»

«Uno schifo» ammisi. Mi portai un lembo della maglietta ormai logora al viso e mi asciugai il sangue che mi era colato dal naso. Dei, ne avevo perso un bel po'. Forse era per quello che mi sentivo debole. «Un po' di nettare e ambrosia e starò benissimo»

Annabeth si frugò in tasca. Mi ficcò in mano un quadratino d'Ambrosia. «Tieni» mi disse «mangiala subito. Abbiamo un sacco di cose da fare»

Obbedii, scartando il quadratino e ficcandomelo in bocca. Il sapore paradisiaco dei biscotti cannella&cioccolato mi investì il palato, e non appena ingoiai mi sentii immediatamente meglio. Almeno riuscivo a stare in piedi senza appoggiarmi a Percy. «Grover... più tardi dobbiamo parlare di come hai fatto» fece Chirone.

«È stato incredibile» concordò Percy.

Grover arrossì. «Non so da dove mi sia venuto fuori»

Juniper lo abbracciò stretto. «Io sì!»

Prima che potesse aggiungere altro, Tyson chiamò: «Ragazzi, venite qui! È Nico!»

I suoi vestiti neri fumavano. Teneva i pugni chiusi e l'erba che circondava il suo corpo era ingiallita e morta. Lo voltai con tutta la delicatezza possibile e gli provai il battito. Il cuore batteva debolmente. «Annabeth, hai ancora dell'ambrosia?» le domandai.

«No, l'ho finita». Si voltò verso uno dei ragazzi di Ares e gli fece cenno di avvicinarsi. «Porta del nettare!» gli gridò.

Lui lo fece e lei mi passò una borraccia. Feci gocciolare un po' della bevanda nella bocca di Nico. Lui tossì e sputacchiò, ma dischiuse gli occhi sbattendo le palpebre. Mi sentii subito sollevata. «Ehi, Morticino». Gli sorrisi debolmente. «Che è successo? Stai bene?»

Lui annuì appena. «Non avevo mai provato a evocarne così tanti. Me... me la caverò»

Lo aiutammo a sedersi e gli diedi dell'altro nettare. Ci guardò uno ad uno strizzando gli occhi, come per cercare di ricordarsi chi fossimo, e poi si concentrò su qualcuno alle mie spalle. «Dedalo» gracidò.

«Sì, figliolo» disse l'inventore «ho commesso un terribile sbaglio. Sono venuto a correggerlo»

Dedalo aveva qualche graffio e sanguinava olio dorato, ma sembrava stare meglio della maggior parte di noi. Il suo automa a quanto pareva si curava da solo e in fretta. La signora O'Leary si stagliava alle sue spalle, leccando le ferite sulla testa del suo padrone, con il buffo risultato che Dedalo aveva i capelli dritti. Briareo era in piedi al suo fianco, circondato da un gruppo di ragazzi e di satiri sbigottiti. Sembrava un po' intimidito, però stava firmando autografi sulle armature, sugli scudi e sulle magliette di tutti. «Ho trovato il gigante centimano per strada, nel Labirinto» spiegò Dedalo «anche lui aveva avuto la stessa idea e voleva venire ad aiutarvi, solo che si era perso. E così abbiamo continuato insieme. Siamo venuti entrambi a fare ammenda»

«Urrà!». Tyson saltava dalla contentezza. «Briareo! Sapevo che saresti venuto!»

«Io no» replicò il gigante centimano «però tu mi hai ricordato chi sono, ciclope. Sei tu l'eroe»

Tyson arrossì, ma Percy gli diedi una pacca sulla schiena. «Questo l'ho sempre saputo» commentò. Poi guardò Dedalo. «L'esercito dei Titani è ancora laggiù. Anche se non hanno più il filo, torneranno. Troveranno un altro modo, prima o poi, con Crono a capeggiarli»

Dedalo rinfoderò la spada. «Hai ragione. Finché il Labirinto è qui, i vostri nemici possono usarlo. Ecco perché il Labirinto non può continuare a esistere»

Annabeth lo guardò attenta. «Ma ha detto che il Labirinto è vincolato alla sua forza vitale! Finché lei è vivo...»

«Sì, mio giovane architetto» confermò Dedalo «quando morirò io, il Labirinto morirà con me. Perciò... ho un regalo per te». Si sfilò una bisaccia di pelle dalle spalle, la aprì e tirò fuori un sottile computer portatile d'argento –uno di quelli che avevamo visto nel suo laboratorio. Sul dorso dello schermo c'era il marchio di Dedalo. «Qui c'è il mio lavoro» spiegò «tutto ciò che sono riuscito a salvare dall'incendio. Appunti su progetti che non ho mai iniziato. Alcuni dei miei preferiti. Non ho potuto svilupparli nel corso di questi millenni. Non osavo rivelare il mio lavoro al mondo mortale. Ma forse tu li troverai interessanti»

Consegnò il computer ad Annabeth, che lo fissò come se fosse d'oro massiccio. «E lei lo sta dando a me? Ma è un dono inestimabile! Varrà... non so nemmeno quanto!»

«Un piccolo risarcimento per il modo in cui mi sono comportato» replicò Dedalo «avevi ragione, Annabeth, sui figli di Atena. Dovremmo essere saggi, e io non lo sono stato. Un giorno sarai un architetto più grande di quanto io sia mai stato. Prendi le mie idee e migliorale. È il minimo che posso fare prima di morire»

«Ehi, un attimo!» esclamò Percy «Morire? Ma lei non può suicidarsi! È sbagliato!»

Lui scosse la testa. «Quello che è sbagliato è nascondersi dai propri crimini per duemila anni. Il genio non giustifica il male, Percy. La mia ora è giunta. Devo affrontare la mia punizione»

«Non avrà mai un processo giusto» protestò Annabeth «lo spirito di Minosse siede nel tribunale del giudizio...»

«Accetterò qualunque sentenza» replicò Dedalo «e confiderò nella giustizia degli Inferi, così com'è. Non possiamo fare altro, giusto?». Guardò Nico negli occhi e il volto del ragazzo si rabbuiò. «Prenderai la mia anima come riscatto, dunque? Potresti usarla per reclamare quella di tua sorella»

Nico mi lanciò una lunga occhiata, che ricambiai. So che stava pensando a quello che ci eravamo detti al ranch... e sperai che facesse la cosa giusta. «No» rispose infine «ti aiuterò a liberare il tuo spirito. Ma Bianca è morta. Deve restare dov'è»

Dedalo annuì. «Ben fatto, figlio di Ade. Stai diventando saggio»

Diedi a Nico una pacca sulle spalle. Lui alzò gli occhi al cielo, ma notai il leggero rossore delle sue guance. «Un ultimo favore, Percy Jackson» disse Dedalo «non posso abbandonare la signora O'Leary a se stessa. E lei non desidera tornare negli Inferi. Puoi occupartene tu?»

Percy guardò l'enorme segugio nero, che mugolò afflitta, continuando a leccare i capelli di Dedalo. «Sicuro. Certo che lo farò»

«Allora sono pronto a vedere mio figlio... e Perdice» annunciò lui «devo dire loro quanto sono dispiaciuto»

Annabeth aveva le lacrime agli occhi. Dedalo si voltò verso Nico, che sguainò la spada. «La tua ora è giunta da molto tempo. Sei libero, riposa in pace» disse il figlio di Ade.

Un sorriso di sollievo comparve sul volto di Dedalo. Si immobilizzò come una statua. La sua pelle diventò trasparente, svelando gli ingranaggi e i marchingegni di bronzo che ronzavano all'interno del corpo. Poi la statua diventò di cenere e si disintegrò. La signora O'Leary ululò. Percy le diede dei colpetti affettuosi sulla testa. La terra tremò –un terremoto che probabilmente fu avvertito in tutte le maggiori città del Paese– mentre il Labirinto crollava. Da qualche parte, sperai, i resti della forza d'assalto del Titano erano rimasti sepolti sotto le macerie.

[4] 𝙏𝙧𝙖𝙥𝙥𝙚𝙙 » Percy JacksonМесто, где живут истории. Откройте их для себя