46. Salto tu, salto io

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Jungkook venne gettato a terra con violenza, un piccolo gemito gli uscì dalla bocca; si era fatto male le mani, il terreno era pieno di piccoli sassolini fastidiosi, sicuramente si era anche sbucciato il ginocchio.

Non ricordava nulla di quello che era successo, l'ultima cosa che ricorda era quel lussuoso jet privato, stava parlando con Songcheol, il resto buio totale. Aveva aperto gli occhi quella mattina, sedeva in un'enorme macchina nera con sedili rivestiti in pelle, affianco a lui, ad un posto di distanza, il suo incubo peggiore che gli sorrideva.

Appena aveva aperto gli occhi dentro di lui si manifestò un grande senso di nausea, si sentiva strano, come se gli fosse successo qualcosa di brutto; non ricordava assolutamente niente e questa cosa gli metteva ancora più angoscia, non sapeva come avesse fatto a trovarsi in quella macchina e soprattutto con indosso altri vestiti e forse non voleva nemmeno saperlo.

La cosa era piuttosto semplice, il giovane leader era stato riempito di tranquillanti per almeno due giorni, il mafioso voleva tenerlo il più inerme possibile, in modo che non gli creasse nessun genere di problemi, in modo di fargli credere che il salvataggio e le parole di Taehyung fossero solo un sogno.

Un po' ci stava riuscendo, il povero Jungkook non ricordava nulla e aveva addirittura il dubbio che il suo amato fosse andato veramente da lui per salvarlo. Non ci stava capendo più niente, voleva solo che tutto quello finisse, voleva essere lasciato in pace.

Dentro di lui c'era ancora il suo possente drago imprigionato, il quale voleva saltare fuori e uccidere tutti nel peggiore dei modi, tutti la dovevano pagare per quello che avevano fatto ma purtroppo, la paura era troppo forte in quel momento; i ricordi di quello che aveva subito erano ancora troppo vivi, erano impossibili da scacciare in poco tempo.

Desiderava non farsi vedere dalle altre persone, credeva che tutti sapessero quello che gli fosse successo e per questo lo giudicassero per non essere stato in grado di combattere contro quel capomafia; facendolo sentire un fallito e un codardo. Il suo vero io urlava disperato, chiedeva aiuto, chiedeva che qualcuno lo liberasse da tutto quello ma nessuno lo sentiva, nessuno lo percepiva, ormai era il nulla, ormai era nessuno, come se fosse in fondo al mare, insieme al capitano Nemo.*

Aveva solo una piccola gioia, quella che il suo amato fratello, Namjoon, fosse di nuovo a casa con i suoi amici e con il suo Taehyung. La guerra era ufficialmente finita e tutte le persone che amava stavano bene ed erano sane e salve da quelle tremenda bomba. Tutto era tornato alla normalità, o almeno così credeva, perché non sapeva che da lì a poco avrebbe avuto la visita della sua famiglia insieme alla Yakuza.

Il povero ragazzo si alzò in piedi a fatica, i pantaloni da neri erano diventati bianchi all'altezza delle ginocchia, se li pulì mentre percepiva un leggero bruciore alle mani, con la coda dell'occhio, scorse il volto del mafioso, stava sorridendo contento da tutto quello, aveva paura.

Deglutì, doveva chiedergli quella cosa. «Song-cheol...» balbettò appena, mentre l'ansia dentro di lui cresceva sempre di più. «Do-v'è Seung?» riuscì finalmente a chiedere.

Songcheol gli sorrise ancora di più, lentamente si avvicinò al suo amato pupillo, il quale fece un passo indietro, aveva paura che gli facesse del male, invece gli diede solamente un leggero bacio in fronte.

«Seung sta bene, non ti devi preoccupare per lui. È qui da almeno dieci giorni ed è libero di fare quello ciò che vuole. Ovviamente non può uscire da questo villaggio o fare chiamate e usare internet ma per il resto è libero di fare ciò che vuole, tu e lui starete bene qui insieme. Potete vivere tranquilli senza preoccupazioni, io vi verrò a trovare una volta a settimana per vedere come state.» spiegò il mafioso con tono basso, quasi da amante, non aveva smesso nemmeno un secondo di accarezzare la guancia morbida del suo Jungkook.

Sarang & Kal ~ SequelWhere stories live. Discover now