Capitolo 15

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La presa di Jeno continuava a calmare Jaemin. Si sentiva al sicuro così e sapeva di potersi fidare di lui. 

—Poco dopo essermi trasferito in Giappone...— Iniziò a raccontare, stringendo la mano di Jeno —Mio padre ha lasciato me e mia madre per andare con un'altra donna.— Jeno non emise alcun suono, i suoi occhi e le sue orecchie erano completamente sulla storia di Jaemin. — Dopo un anno in cui mia madre fù depressa, un signore è entrato nelle nostre vite. Era così felice quando era con lui che non sono mai stato in grado di dirle quello che pensavo veramente. 

— Era un uomo cattivo?— Chiese Jeno.

—Non sembrava esserlo. Ma aveva sempre qualcosa che non mi piaceva.  Ma mia madre era fin troppo felice con lui e non volevo rovinare nulla.  Erano passati alcuni buoni mesi e la relazione sembrava diventare seria.  Mia madre non mi lasciava parlare troppo con lui, perché non voleva che mi sentissi male e ricordassi la partenza di mio padre. Pensava sempre, prima, a me. — Jaemin fece una pausa, sorridendo a malapena, uno sguardo malinconico. 

Jeno vide una traccia di rimpianto in quegli occhi lucenti, disseminati di sentimenti confusi. Vedendo la sua esitazione, Jeno gli strinse le dita e un sorriso si posò sulle sue labbra.  Aveva imparato a godersi di nuovo la vita grazie a Jaemin.  Ora lui lo avrebbe aiutato allo stesso modo. 

—Cos'è successo dopo? —Lo incitò a continuare a parlare.

—A volte vediamo cose nei film che sembrano irreali, di cui affermi con fermezza che "non può succedere a me".— Gli occhi del ragazzo iniziarono a bagnarsi e la sua voce tremò.  Deglutì a fatica per liberarsi dal pesante nodo alla gola, che sembrava premere sulle sue corde vocali, impedendogli di pronunciare un'altra parola per qualche secondo.— Ma succedono anche a noi.

Jeno dovette stringere ancora di più la mano di Jaemin, poiché doveva trattenersi dall'abbracciare tutto il suo corpo. Non era ancora il momento.  Jaemin doveva essere coraggioso da solo per ora, doveva vincere quella guerra con se stesso. Se voleva togliersi quella spina dal cuore, doveva farlo da solo.

Quindi, usando la mano libera, Jeno fece scorrere le dita sulla guancia del suo amico. Cercò di alleviare il più possibile la sua sofferenza. Sapeva quanto facevano male i ricordi. 

—Puoi farcela. — Lo incoraggiò, con un piccolo sorriso. 

Le stesse parole e gesti con cui Jaemin lo aveva sostenuto. 

Jaemin annuì e si strinse ancora di più alla sua mano.

—Un pomeriggio..— Fece un respiro profondo. — Mia madre era andata a fare la spesa mentre io decisi di restare a casa per finire i compiti. Poi suonò il campanello. —La sua mano cominciò a tremare, così come le spalle, che di tanto in tanto si alzavano a causa di piccoli spasmi.  —Era lui.—  Jaemin fece un respiro profondo,di nuovo. — Anche se ho detto che mia madre non era a casa, ha insistito, ha detto che voleva aspettarla a casa. Lacrime cominciarono a cadere da sotto le sue ciglia.— Sono stato così stupido.  Avrei dovuto chiudergli la porta sul naso senza pensarci due volte. Una volta che l'ho fatto entrare, ha iniziato a passarmi accanto dicendomi che ero un ragazzo molto carino e che chiunque mi avesse amato sarebbe stato molto fortunato.— Le parole gli rotolarono sulle labbra, ma dovette fermarsi. La sua voce iniziò a svanire.  Deglutì a fatica e si preparò a continuare.— L'ho spinto e ho cercato di oppormi a lui, di scappare, ma lui mi ha raggiunto e mi ha buttato a terra. Mi ha minacciato con un coltello,preso da non so dove, mi ha detto che se avessi emesso un suono, mi avrebbe fatto a pezzi. Avevo troppa paura di quello che sarebbe successo se non avessi resistito, quindi ho continuato a combatterlo. È stato inevitabile.— Si coprì l'addome, passandosi l'altra mano sulle cicatrici.  —Mi ha pugnalato due volte

Yūrei - NoMinWhere stories live. Discover now