2. Becca

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«Siamo arrivati, signorina.»

Mi sveglio di soprassalto al tocco dell'hostess. Mi sorride amichevolmente e io ricambio alzandomi velocemente e sistemandomi i capelli dietro le orecchie. Mi asciugo il rivolo di saliva all'angolo della bocca con il dorso della mano sotto lo sguardo gentile e comprensivo della ragazza. È molto bella, i capelli tirati in uno chignon ordinato, il viso leggermente truccato. Mi immagino come sia la vita di un'hostess, quanto sia difficoltoso stabilire legami, radici ferme in un posto. Io che da poco ho lasciato la mia famiglia mi sento già così spaesata.

Imbarazzata afferro il mio bagaglio a mano e attraverso velocemente il corridoio dell'aereo ormai praticamente vuoto.

Il mancato sonno di questa notte si è fatto sentire e non ricordo bene il momento in cui sono sprofondata nell'oblio. Un momento prima stavo leggendo un libro e un attimo dopo sognavo gli occhi blu di Laetitia che mi imploravano di non lasciarla.

Afferro il telefono e guardo l'orario: sono le quattro del pomeriggio. Mentalmente cerco di fare un rapido calcolo delle ore che ho passato sull'aereo e del fuso orario di Boston, ma lascio perdere.

Ci penserò con più calma quando arriverò a casa. Ritiro il bagaglio che era stato stivato e lo trascino stancamente. Non sono sicura di riconoscere Gwen, mia madre mi ha mostrato solo una fotografia, ma quando vedo saltellare una donna con un cartello con il nome REBECCA in mano, non ho più alcun dubbio.

Mi avvicino a lei che mi getta le braccia al collo. Rimango un po' spiazzata da quel contatto, ma ricambio la stretta.
«Quanto sei cresciuta, Rebecca! Ti ho visto solo una volta e avevi appena cominciato a camminare!» esclama entusiasta.
«Ciao Gwen, la mamma mi ha parlato tanto di te. Ti prego, chiamami solo Becca» le rispondo.
«Come preferisci, tesoro! Vieni, ti faccio strada.» Afferra una delle due valigie per aiutarmi senza che io le chieda nulla.

Già mi piace. È una donna esuberante, piena di vita e sono sicura ci andrò molto d'accordo nonostante io sia più calma e pacata.
Sprizza gioia da tutti i pori e anche mentre cammina fischiettando e trascinando il trolley mi trasmette positività. Sarà bello vivere con lei.

È una donna sulla cinquantina ma sembra dimostrare qualche anno in meno; il suo fisico è slanciato, asciutto e atletico per via delle intense sessioni di SoulCycle a cui partecipa regolarmente.

Il caschetto biondo le incornicia il viso dai lineamenti spigolosi, ha due grandi occhi verdi contornati da folte ciglia ricoperte di mascara e una bocca sottile con del rossetto rosso leggermente sbordato per farla sembrare più grande. È una bella signora, esattamente come me l'aveva descritta mia madre.

Frequentavano la stessa scuola a Brighton, la loro città natale, ma poi Gwen ha conosciuto il suo ormai ex marito, all'epoca in vacanza in Inghilterra, e si è trasferita per amore a Boston. Mia madre è piuttosto riservata e mi chiedo come sia riuscita a fare amicizia con una come Gwen, così briosa e credo più sfacciata e avventurosa.

Gwen è tornata solo una volta a Brighton, quando io ero molto piccola, ma ha mantenuto un buon rapporto con mia madre, si sentono tutti i giorni e sono molto amiche, nonostante non si vedano da diciotto anni.

Quando Gwen ha saputo della mia borsa di studio non ha esitato un secondo a offrirsi per ospitarmi durante tutto il mio periodo di permanenza e sono stata molto felice di accettare, renderà meno difficile ambientarmi in un posto del tutto nuovo. Avrei potuto sistemarmi nelle residenze universitarie con la mia borsa di studio ma lei era così felice di vedermi e ho pensato mi sarei sentita più a mio agio da lei.

Sistemiamo i bagagli nel baule dell'auto. Il viaggio fino all'appartamento di Gwen dura più del dovuto, il traffico è veramente fitto a quest'ora del tardo pomeriggio, ma non mi dispiace passare del tempo ad osservare la città e i grattacieli altissimi illuminati da luci e grandi cartelli pubblicitari.

Despite Me (Volume 1.)Where stories live. Discover now