8. Becca

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Finalmente il grande giorno è arrivato. Spengo la sveglia e mi metto a sedere sul letto. È il primo giorno di università e sono elettrizzata, adrenalinica e in agitazione. Solitamente non sono una persona ansiosa, riesco a mantenere la calma, restare lucida e portare a compimento i miei doveri senza lasciarmi prendere dal panico.
Invece oggi sono parecchio irrequieta e carica come una molla. Mi alzo e stiracchio i muscoli.

Dormono ancora sia Gwen che Jenna così cerco di fare meno rumore possibile, vado in bagno, mi sciacquo il viso e ripasso i boccoli che durante la notte si sono appiattiti. Dopo un filo di trucco sono pronta.

Indosso una salopette denim, con una t-shirt nera, un paio di sneakers e una giacca di pelle a completare il look. Può andare. Non so se riuscirò a preparami ogni giorno con la stessa dedizione, ma oggi è il primo e voglio che sia perfetto.

Quando giungo in cucina, trovo Gwen al tavolo.

«Ciao, tesoro, caffè?» chiede indicandomi una tazza già pronta. La afferro e la ringrazio.
«Hai dormito? Sei emozionata?» aggiunge subito dopo con il solito entusiasmo e, ora che so che Jenna è sua figlia, non riesco a non notare il carattere così diverso.
«Sì, più o meno. Sono... in ansia e felicissima allo stesso tempo» rispondo. Mi sorride e la nostra conversazione viene interrotta dall'ingresso in cucina di Jenna.

«Dove sei stata tutta sera ieri, amore?» chiede la madre. Non riesco a non notare con quanti nomignoli carini chiami sia me che la figlia.
«Qua e là, come al solito» risponde vaga Jenna. La madre annuisce appena, non troppo soddisfatta, ma non aggiunge altro. Come minimo mia madre mi avrebbe fatto l'interrogatorio.

Guardo l'orologio e secondo i miei calcoli, uscendo ora, dovrei arrivare all'università leggermente in anticipo, quanto basta per orientarmi e trovare la classe giusta. Afferro lo zaino, che già avevo preparato ieri sera, saluto entrambe e mi incammino verso l'università. Il tragitto è breve, l'aria è frizzante a quest'ora del mattino ma il sole è caldo, il clima perfetto per una passeggiata.

Poco più di un quarto d'ora dopo sono di fronte al palazzo che ospita il corso di statistica per la facoltà di economia. L'aula è grande, si estende verso il basso per una trentina di file di banchi con annessa panca per sedersi. Alcuni studenti hanno già preso posto e io mi sistemo in una fila centrale.

«È libero qui?» chiede una voce maschile alle mie spalle. Mi volto e riconosco immediatamente quel ragazzo. Clayton.
«Sei venuto qui a prenderti gioco di me?» gli chiedo e la sua faccia confusa confonde anche me. È così diverso senza i suoi amici, il tono di voce, persino il modo di vestire non sembra lo stesso. Evidentemente si è dato una ripulita per l'università.

«Non credo di capire» risponde corrucciando la fronte.
«Oh, forse non mi hai riconosciuto senza divisa, ma appena ti ricorderai il mio nome protrai tornare a prendermi in giro con la tua amica» gli dico acida. Lui non cambia espressione e questo mi manda su tutte le furie. Un'amnesia? È così preso da sé stesso da non ricordare nemmeno di aver avuto una conversazione con un altro essere umano?

Anzi, sono sicura che questo sia un altro dei suoi giochetti. Finge che sia io quella pazza, che abbia qualche rotella fuori posto per vedere la mia reazione. Ma non gliela darò vinta.

«No, Clayton, non puoi sederti qui» aggiungo tornando con lo sguardo fisso sui miei fogli bianchi. Sento la sua risatina alle mie spalle. Come sospettavo mi sta prendendo in giro di nuovo.
«Noto che hai conosciuto il mio gemello. Dovevo immaginarlo ce l'avessi con lui. Solitamente se mi caccio nei guai è sempre colpa sua» esclama lui scoppiando a ridere.

Ora capisco cosa avesse di diverso. Non sono la stessa persona. Sono pressoché uguali, tranne per il modo di vestirsi. Sono così mortificata che senza dire nulla, gli faccio spazio di fianco a me. Noto solo ora che non ha buchi alle orecchie o tagli nel sopracciglio. Sono una perfetta idiota.

Despite Me (Volume 1.)Where stories live. Discover now