2° - Nome.

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La luce calda dell'alba penetrava nella stanza ordinata. Delicata come solo lei sapeva essere, accarezzava il viso pallido del ragazzo dai capelli viola, che dormiva sfinito tra le comode lenzuola di quel letto color del grano. Il respiro era tornato regolare, i battiti cardiaci si erano calmati e gli occhi, chiusi, sembravano finalmente sereni e tranquilli. Si rigirò lentamente tra le morbide coperte che lo riscaldavano, rannicchiandosi e continuando a dormire tranquillo. I vetri della finestra che illuminava la camera erano puntinati di goccioline di pioggia superstiti della sera precedente, che ormai se ne era andata, portando con sé le nubi scure e cupe e lasciando il cielo libero e ben visibile.

Passarono diverse decine di minuti prima che si svegliasse. Consapevole di non essere ormai più addormentato, si lasciò ancora un po' cullare dal piumino caldo e comodo, troppo assonnato e svogliato per aprire gli occhi.
Ancora minuti dopo, si costrinse ad aprire le palpebre, stanche, rigirandosi poi verso la finestra chiusa che filtrava la luce del sole. Piccoli raggi lo accecarono e lo obbligarono a strizzare gli occhi.
Si alzò e si mise seduto sul letto. La coperta, che prima lo riscaldava fin alle spalle, cadde sul materasso, lasciando un brivido di freddo improvviso passare per la schiena del giovane. Si passò una mano tra i capelli disordinati, leggermente umidi, per poi iniziare a guardarsi intorno. Le pareti della stanza erano di un bianco color panna, abbastanza curate, probabilmente un tempo decorate di foto e fotografie. Vi era una scrivania di legno, su cui poggiavano una piccola lampada, qualche penna e articoli di cancelleria, ed una cornice per fotografie ormai vuota. Di fianco al letto vi era un comodino dello stesso materiale legnoso, su cui giaceva invece un panno umido color turchese, leggermente sciupato. Dopo essersi guardato attentamente intorno, realizzò di non avere la più pallida idea di dove fosse. Non ricordava le pareti, i mobili, la finestra, la scrivania, il letto stesso. Si sforzò di capire perché fosse lì, cosa fosse successo la sera prima, ma la mente sembrava essersi completamente scollegata. Ancora confuso, per capire meglio perché si trovasse in quella camera a lui sconosciuta, scese dal materasso e poggiò i piedi per terra. Spingendosi con le braccia e le mani, si sforzò di alzarsi in piedi. Appena tentò, però, di alzarsi completamente, un capogiro lo colpì alla testa, e lo costrinse a sedersi di scatto nuovamente sul letto. Un dolore lancinante gli colpì la fronte, d'improvviso. Le gambe gli dolevano ed erano deboli, tanto che faceva fatica quasi a rimanere seduto bene. Si portò una mano alla testa, mentre strizzava gli occhi più per la fitta improvvisa che per la dolenza da essa comportata. Non fece in tempo a riprendersi del tutto che la porta di legno, precedentemente chiusa, della camera si aprì. Ne uscì un uomo dai capelli scuri, lunghi fino a poco più delle spalle, la corporatura magra e la pelle pallida, con due occhiaie abbastanza pesanti sotto gli occhi secchi e scuri. Indossava un paio di pantaloni di una tuta grigio scuro e una maglietta abbastanza larga che era, invece completamente nera.

- Ti sei svegliato, ragazzo. – disse, entrando nella camera. L'uomo era stranamente familiare. Ricordava di averlo visto più volte alla U.A., ma non riusciva a ricordare in quale contesto, come se avesse un vuoto di memoria. La mente era ancora dolorante e il corpo freddo e debole.
Shinsou si sedette a gambe incrociate sul materasso, senza smettere di fissare l'uomo. Dopo una manciata di secondi, e dopo esser stato come avvisato da un brivido di freddo, starnutì quasi silenziosamente, tanto poco rumore aveva fatto.
- Copriti. Ti sei preso un bel malanno. – disse l'uomo, indicando con lo sguardo la coperta. Senza pensarci due volte, il viola recuperò il piumino color grano e se lo avvolse intorno alle spalle. Solo in quel momento si accorse di star indossando ancora la maglia nera a maniche corte umida del giorno prima, gli stessi pantaloni color blu scuro, lo zaino che prima non aveva notato appoggiato ai piedi della scrivania.

- Cosa pensavi di fare conciato in quel modo alle undici e mezza di sera, sotto una marea di pioggia e con un vento al di poco gelido che continuava a soffiare? – chiese, con un sopracciglio inarcato.

𝐒𝐇𝐈𝐍𝐊𝐀𝐌𝐈❞ˌ˚» 𝘀𝗶𝗹𝗲𝗻𝗰𝗲 ˡˡ 𝚑𝚊𝚗𝚊𝚑𝚊𝚔𝚒 𝚍𝚒𝚜𝚎𝚊𝚜𝚎Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora