13° - Segreti.

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//Sono stanca, quindi se ci sono errori lì correggerò più avanti✨

Aveva ancora la testa china, in caso gli fosse venuto un altro conato.
Aoyama era seduto di fianco a lui, mentre lo aiutava a recuperare il respiro e a calmarsi. Teneva gli occhi chiusi. Probabilmente, una volta aperti, si sarebbe sentito tutti gli sguardi dei compagni addosso, quello dell'esperta, quello di Aizawa, e voleva almeno essere preparato. Senza contare il tappeto di petali che avrebbe visto. Forse per distrarsi dai brusii, dagli occhi puntati su di lui, iniziò a provare ad immaginare ci che colore sarebbero stati quella volta. No, certamente non rossi, ma neanche blu. Doveva essere una via di mezzo tra il giallo e l'azzurro, un verdino probabilmente. Esistevano fiori dalle foglie verdi.
Così, dopo un paio di respiri, aprì delicatamente le palpebre, lentamente, con calma.
Tuttavia, un piccolo senso di vertigini lo colpì lo stesso. Si sbilanciò leggermente all'indietro, ma Yuuga lo tenne e riuscì a rimanere in equilibrio. Inspirò es espirò un altro paio di volte.

- Mon amie! Come ti senti? Oh, mi spiace! -

- Nulla, Aoyama, grazie dell'aiuto... - rispose, senza alzare lo sguardo.

- Mon amie, guarda un po'. Hai rimesso un sacco di petali... -

Shinsou, ammise, stava peggiorando. Lo vedeva con i suoi occhi.
I petali color verdognolo erano tinti di rosso, di quel rosso che si vedeva tanto nei film gialli, negli horror, ed erano lì caduti in una quantità, purtroppo, da non sottovalutare.

- Shin... - udì, ad un certo punto. Si voltò di lato, da dove proveniva la voce. - Perché non... Non mi hai detto nulla? -

Kaminari aveva una faccia sconvolta. Gli occhi erano sgranati e la bocca era spalancata, le iridi color dell'oro che fissavano il ragazzo dai capelli viola.
- Una cosa... Una cosa di tale importanza! Shin! Perché non mi hai detto nulla? -

Quello lì non rispose, dato che non poteva rispondere nulla. Di certo non poteva dirgli la verità, per cui non gli rimaneva che stare in silenzio. Girò semplicemente lo sguardo verso i petali, ne prese uno e lo alzò. Lo osservo attentamente, e lo ripose in tasca.
- SHIN! Mi stai ascoltando?! -

- Sì, m... -

- Allora rispondi! Perché non mi hai detto una cosa del... Del genere! -

- Kaminar... -

- Una risposta, cavolo, non chiedo molto! -

Quella giornata non era andata per il verso giusto, decisamente no. Ed era solo la prima ora.
Non solo doveva soffrire nel vedere la persona che amava con un'altra, ma nello stesso tempo doveva fare soffrire quella persona per evitarle il peggio in seguito.
E la doveva fare soffrire davanti a tutti.
Ci pensò per qualche secondo.
Basta, non ce la faceva più.
Doveva reggere troppo, da solo, nascondendolo agli occhi di tutti.
Doveva sopportare di andare a scuola, doveva sopportare di aprire gli occhi alla mattina, doveva sopportare di vedere lui insieme a lei ogni singolo giorno, doveva sopportare di non potersi aprire con gli altri, perché per colpa dei suoi genitori non ci riusciva. Doveva sopportare gli incubi ogni notte, doveva sopportare le ore di sonno che non riusciva a recuperare, doveva sopportare le parole dure e fredde dei suoi genitori rimbombargli nella mente.
Aveva solo voglia di urlare. Aveva solo voglia di urlare come per tutta la vita aveva dovuto imparare a chiudersi in sé stesso, a pensare a tutto da solo, ad arrangiarsi con i propri mezzi perché i suoi genitori non ne fornivano altri. Come era stato obbligato a fingere di credere in certe mentalità, perché altrimenti lo avrebbero cacciato, come era stato obbligato a non fare parità tra uomo e donna, come aveva vissuto in una delle peggior famiglie che un bambino potesse avere. Certo, c'era di peggio. Ma non gli era andata decisamente bene.
Fatto era che lui non sapeva urlare. Non si ricordava come si urlasse, perché non aveva mai potuto farlo. Che fosse stato un urlo di rabbia, di gioia o di tristezza, doveva stare in silenzio, perché altrimenti dava fastidio.
Così iniziò a piangere.
Sempre in silenzio.
Non se ne accorse subito, in realtà. Lo capì quando sentì un brivido freddo colpirgli il corpo, partendo dalla mano, dov'era caduta la goccia.
Una lacrima silenziosa aveva deciso di iniziare a scendere calma, lenta e tranquilla lungo il volto pallido e stanco del ragazzo.
Nessuno però sembrò notarlo, o quasi.
- Allor... -

𝐒𝐇𝐈𝐍𝐊𝐀𝐌𝐈❞ˌ˚» 𝘀𝗶𝗹𝗲𝗻𝗰𝗲 ˡˡ 𝚑𝚊𝚗𝚊𝚑𝚊𝚔𝚒 𝚍𝚒𝚜𝚎𝚊𝚜𝚎Where stories live. Discover now