Freedom Chains

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L'ultima volta che ho aggiornato era tipo il pleistocene. Non ho ricontrollato né riletto il capitolo, quindi potrebbero esserci errori. Buona lettura!

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Venerdì 30 marzo 2018

Non avrebbe dovuto dire a Kuchel che Erwin sarebbe rimasto a Rotterdam anche quella sera; avrebbe dovuto tenere la bocca chiusa come fa sempre fino a strozzarsi con parole non dette destinate a morirgli in petto. Avrebbe pure dovuto sospettare che Mikasa sarebbe stata fedele alla sua causa di passare più tempo assieme, che non avrebbe lasciato che le pareti di quella camera lo soffocassero fra risate sibilline e sguardi vacui, claustrofobici.

"Dai, Lee! Erwin non c'è e sono saltati pure i programmi per la vostra cena insieme! Sono sicura che ad Eren farà piacere vederti."

"M-Ma gli hai già detto che io ed Erwin non saremmo venuti..."

"E lui apprezza davvero tanto le sorprese. Non fa niente che gli ho detto così, Levi."

Mikasa è capace di scrollarsi il suo rifiuto di dosso con un gesto della mano come se non avesse peso e fosse fatto della stessa trama leggera e impalpabile di una piuma candida e sottile; non sente quanto è cauta la sua voce, quanto ogni singola fibra del suo corpo grida in allarme, quanto è restio ad accettare l'invito del castano. Lui una serata come quella non può permettersela, perché non lo capisce e continua a guardarlo con gli occhi grigi grandi, colmi di preghiera? Perché continua a dirgli silenziosamente di lasciarsi andare, di uscire, si scucirsi l'ansia di dosso e liberarsi della sua fastidiosa seconda pelle? Non lo sa Mikasa che in una coppia non si esce mai da soli? Erwin non c'è e Levi non può andare; non che l'invito sia mai pervenuto al biondo per ovvie ragioni. Non avrebbe sopportato altre urla e altre false accuse, come non sopporta l'insistenza della cugina che lo porta al limite.

Capisce la sua preoccupazione e ne è desolato tanto quanto si strugge per Kuchel che lo guarda sempre con le iridi tristi e adombrate, che ha chiamato la corvina per tentare di smuoverlo dalla camera e regalargli qualche minuto di vita in più. Non c'è misura che esprima quanto non meriti quella donna e il suo affetto. La sta avvelenando lentamente di bugie e lo sta facendo consapevolmente, centellinandole in maniera maniacale e ben studiata; è proprio quello che fa male. Gli sembra di starla uccidendo mentalmente, non si sente diverso da uno psicopatico che scioglie tossine nel cibo della sua vittima per portarla alla fine nella maniera più dolorosa possibile, giorno per giorno. Lui a Kuchel avvelena anche l'aria che respira e quella povera, santa donna non se ne accorge di che cancro è Levi. Chissà se smetterà mai di guardarlo con l'oro negli occhi e vedrà quanto è marcia e corrotta la sua pelle, di quanto è piccola e smunta la sua anima sdrucita. E chissà se allora anche lei proverà per Levi quello che Levi prova per sé stesso; un inguaribile, inestinguibile senso di nausea e inadeguatezza che delle volte si fa tanto intenso da farlo sentire trasparente, perfettamente trascurabile.

"Ma Erwin non c'è..."

"E quindi?"

Mikasa lo guarda con un sopracciglio alzato in maniera interrogativa, una smorfia che quasi le distorce le labbra carnose dipinte di un color borgogna vibrante che a Levi ricorda l'intensità di vino rosso pregiato versato in un calice di cristallo prezioso; quel rossetto su di lei è una meraviglia. Quello che stona è che Jean lasci che possa indossarlo tranquillamente in quella che deve essere una piccola concessione delle solite – come quando non si lamenta, almeno apparentemente, di quando Mikasa indossa vestiti attillati, stivali al ginocchio e profumo – che a Levi fanno sempre un effetto strano.

Pitch Black - Ereri/RirenWhere stories live. Discover now