Libera

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Toni's pov
Quest'anno ci sarebbero stati gli esami. La prima e la seconda media sono passate normalmente. Ho preso le mie prime A, così come le mie prime F. Ho buoni voti in tutte le materie. Mi godo i giorni di giugno, aspettando il grande giorno. Gli scritti si sarebbero svolti il 18 mentre gli orali il 20.  Non sono in ansia, sono stata tutti questi tre anni a studiare e, rileggendo i libri di testo mi accorgo di quanto sappia tutto alla perfezione. Però il vero e proprio grande giorno sarà stasera. In seconda media mi ero accorta di non essere come tutte le altre ragazze che sbavavano per i ragazzi andandogli dietro. Certo, anche a me piacciono, però molto di meno rispetto alle ragazze. Ho parlato di questo con Jack, facendo il mio coming out, e lei ha detto che se n'è già accorta da tempo.
Jacqueline: -ora però penso che tu debba dirlo a tuo zio, è sempre meglio dirglielo prima che ti veda camminare per strada mano nella mano con una ragazza- le do ragione. Mi sono preparata un discorso nella mia testa e lo sto risentendo ormai da tutto il giorno. Dopo gli allenamenti di Jacqueline a cui assisto sempre, torno a casa, faccio un respiro profondo ed entro. Subito un odore troppo familiare che però non ho sentito da tempo, fa irruzione nella mia testa: alcol e fumo. Gli occhi iniziano a lacrimarmi per l'odore troppo forte. 
Toni: -zio sono tornata-
Edward: -Toni! La mia nipote preferita- capisco subito che è completamente ubriaco. Io però non riuscirò ad aspettare, né tantomeno a rinviare il discorso a domani. Forse sto facendo uno sbaglio, ma sono stanca di aspettare sempre il momento giusto per parlargli anche della minima cosa.
Toni: -devo parlarti, siediti sul divano-
Edward: -va bene ma fai in fretta, perché le mie piccole birre mi stanno aspettando- devo essere il più sintetica possibile.
Toni: -in questo ultimo anno io mi sono accorta di non essere come tutte le ragazze-
Edward: -certo Toni tu sei speciale!- dice alzando le mani verso di me e cingendo l'aria.
Toni: -no, non in quel senso. Intendo dire che mi piacciono le ragazze- ad un tratto si fa serio
Edward: -sei lesbica?-
Toni: -no, diciamo che anche i ragazzi mi piacciono ma meno delle ragazze-
Edward: -sei una lesbica di merda?- si alza buttando a terra la bottiglia di vino che stava tenendo in mano, il vetro si infrange. Sobbalzo a quel rumore.
Edward: -brutta lesbica del cazzo, vieni qui che ti faccio vedere un po' di buona educazione-
Inizia a togliersi la maglietta, slega la cintura dei pantaloni.
Edward: -vieni qui!- mi prende per i polsi. Stringe talmente forte che la mia vista si offusca per il dolore. Riesco a dargli un calcio nel suo punto debole e lui molla la presa. Non si arrende. Cerca di acchiapparmi più volte. Ho un piano nella mia testa. Trovo il suo portafoglio, dove oltre i soldi, tiene i miei documenti e un coltellino. Prendo quest'ultimo e glielo metto di fronte alla faccia.
Toni: -non osare avvicinarti a me, oppure ne pagherai le conseguenze- dal mio sguardo capisce che se sarebbe andato oltre non mi sarei fatta problemi a colpirlo. Si volta e proprio mentre sto per posare l'arma si rivolta di scatto e me lo toglie dalle mani. Mi spinge contro il muro, talmente forte che di nuovo la vista mi si annebbia. Ha preso dalla tasca una piccola bustina quadrata di alluminio, non ho la minima idea di cosa sia. Inizia a togliersi i pantaloni. Se non agisco immediatamente, so cosa succederà. Prendo una delle tante bottiglie di vino che sono buttate qua e là e lo colpisco in testa. La bottiglia si frantuma. Il sangue inizia a grondare dalla sua testa. Lui cade inerme. Gli tocco il collo. Il cuore batte. Non l'ho ucciso e ho ancora qualche secondo per scappare prima che si svegli e continui quello che ho interrotto. Riprendo il portafoglio e torno indietro a riprendere il cellulare. O meglio, ciò che ne resta. Deve averlo colpito quando ha lasciato cadere la bottiglia e visto che il telefono non ha il vetro di protezione è stato sfondato in pieno. Provo ad accenderlo. Morto. Ne farò a meno, ora devo solo andarmene da qui.  Prendo la mia valigia ci butto dentro tutti i miei vestiti, indosso la mia giacca e mi preparo ad andarmene.
Ho sopportato fin troppo. Con il trolley in mano inizio a correre. A dieci minuti dalla mia ormai vecchia casa, c'è una fermata del autobus che porta direttamente all'aeroporto. L'autobus è già arrivato e aspetta che tutti i passeggiare salgano a bordo, quindi mi affretto. Entrando nel veicolo l'autista mi squadra, come se si stesse domandando perché una ragazza di quattordici anni vada all'aeroporto, però non dice nulla. Provo di nuovo quel la tristezza che ha iniziato a sembrarmi ormai sconosciuta. Sto abbandonando la mia migliore amica, la città alla quale ormai mi sono abituata. Però sto tornando nel luogo dove sono nata, avrei rivisto il Pop's, ecco, pensare a questo mi fa stare bene. Ora devo solo pensare a come farmi dare i biglietti dato che non sono maggiorenne.
: -prossima fermata aeroporto di Chicago- dice l'auto parlante. Tutte le persone presenti scendono dato che è il capolinea. Non ho la minima idea di dove andare, così seguo l'orda di persone. Un cartello dice: partenze. Mi dirigo da quella parte e quando vedo la cassa con sopra la targa che dice vendita biglietti, mi rilasso. Devo solo sembrare convincente ed ho già inventato una scusa.
: -il prossimo- è il mio turno
Toni: -buonasera, mi servirebbe un biglietto per Riverdale-
: -è maggiorenne?-
Toni: -no, sto andando a trovare i miei genitori dato che sono stata qui per lo scambio degli studenti- mi guarda di sottecchi e per un attimo temo che mi dica di no.
: -in questo caso ecco a te, sono duecento dollari, l'aereo partirà tra un'ora quindi ti consiglio di andare subito nella sala di attesa, l'imbarco è da quella parte- tiro un sospiro di sollievo e dopo aver pagato, vado verso la direzione che mi ha mostrato la commessa. Ora sarebbe stato tutto più facile, devo solo entrare nell'aereo e domani sarò a Riverdale. Avrei rivisto Jughead e FP, rivisto la mia città. Annunciano che tutte le persone dirette a Riverdale possono iniziare ad entrare. Mostro il biglietto all'assistente di volo e m'incammino per il lungo corridoio che porta all'entrata del aereo. Il mio posto è in fondo a sinistra. A quanto pare sarei stata da sola, visto che ormai tutte le persone sono entrate e l'aereo sta iniziando a muoversi.
: -gentili passeggeri, siamo contenti di avervi a bordo sul aereo diretto a Riverdale. Dovremmo arrivare a destinazione entro le 24:00. Vi auguro un buon viaggio- le assistenti di volo mostrano le solite azioni da svolgere in caso di mancanza di ossigeno o qualche altra emergenza. Ormai siamo decollati. Guardo fuori dal finestrino. Alle 20:00 mi accorgo di quanto sono realmente stanca. Solo due ore prima ho lottato contro un uomo nel pieno delle sue forze e ho avuto pure la meglio. Sono triste per Jacqueline, domani mi aspetterà a scuola, anzi mi aspetterà per tutta la settimana e poi, di questo sono sicura, andrà da mio zio per chiedergli dove sia finita la sua amica. Spero solo che mio zio le racconti la verità, ma ne dubito. Non sono neanche riuscita ad avvisarla. Lei mi è sempre stata sempre vicino, non mi ha mai voltato le spalle e io la lascio così, senza neanche una spiegazione. Spero solo che capirà e che magari un giorno riuscirò a rintracciarla in qualche modo. Mi lascio trasportare dal leggero tremolio dell'aereo, lasciando da parte tutti i pensieri negativi. In men che non si dica mi addormento.

Before the sparkWhere stories live. Discover now