capitolo 3: anatomia umana 1

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"Giulia se vuoi andare, puoi andare" sentivo la voce burbera di Paul.
Erano le 13:15 e dovevo lasciare quel paradiso di caffeina. Mi tolgo il grembiule, indosso il cappotto lungo ma non troppo , saluto Paul con un movimento della mano e mi dirigo all'uscita della caffetteria.
Rivolgo uno sguardo all'ambiente che mi circonda.
" Come cambia lo spazio a distanza di poco tempo. Stamattina sembrava quasi inverno mentre adesso si respira aria di primavera" penso tra me e me. Il sole ormai padroneggia il cielo con alcune nuvole che abbracciano i suoi raggi. Le strade oramai sono piene di un via vai di persone.
" Chissà perché corrono sempre"
Oramai in un epoca così sviluppata non ci fermiamo mai, corriamo sempre ma talvolta non ci ricordiamo neanche il motivo per cui corriamo.
Diciamo sempre di non avere il tempo quando poi lo amministriamo male .
E ormai abbiamo perso anche il desiderio che si prova di stare fermi un attimo e ammirare il paesaggio.
Io lo faccio ogni giorno.
Mi prendo qualche minuto della giornata ad osservare il cielo. Ci soffermiamo troppo su cose più grandi di noi quando poi non riusciamo ad apprezzare le piccole cose.
Il mio flusso di pensieri però viene interrotto dalla suoneria del telefono .
"pronto" dico con una voce sottile.
" GIULIAAAAA!" Una voce squillante mi perfora il timpano a tal punto da allontanare il telefono dall'orecchio.
"Veronica buongiorno anche a te. Perché urli così tanto? Guarda che ci sento" dico con una calma mentre mi massaggio il padiglione auricolare.
Se non ci sentirò più so a chi dare la colpa.
" GIULIA, MA CHE COSA DICI? NON STO URLANDO. COMUNQUE STASERA TI PORTO AD UN CONCERTO BELLISSIMO, MA CHE DICO DI PIÙ. PREPARATI!" dice Veronica ancora con una voce squillante.
" Veronica io non..." Ma non riesco neanche a finire la frase che chiude la chiamata.
"Ah le amiche" penso tra me e me alzando gli occhi al cielo.
Veronica è una delle poche, anzi l'unica persona che alimenta la mia vita sociale. Anche lei come me si è trasferita a Milano per inseguire i suoi sogni. È pugliese quindi ti lascio immaginare quando si arrabbia inizia ad elogiare il suo dialetto e io mi sento nettamente in difficoltà a comprendere.
" Voglio diventare una fotografa. Mi piace catturare l'attimo che passa " una volta mi disse questo, in pieno inverno, davanti al camino con una cioccolata calda tra le mani.
" E tu cosa vorresti diventare?" Mi domandò Veronica in quel freddo giorno di dicembre.
" Io studio medicina" risposi oggettivamente.
Ma cosa desidero veramente? A questa domanda devo ancora trovare una risposta.
Nel frattempo, pensando a quella strana conversazione sui sogni e sul futuro avvenuta qualche mese fa, mi incammino all'università.
Ho sempre una lezione da seguire.
Devo sbrigarmi a prendere la metro se no rischio di ritardare e il ritardo all'università non è ammesso.
Da 6 mesi che abito in questa città non sono ancora riuscita a capire qual è la fermata della metro.
" Ma come diavolo si legge questa mappa"
Alla fine mi arrendo.
Entro nella metropolitana e scenderò ad intuito.
Fortunatamente a quest'ora la metro non è piena.
Ovviamente all'ora di pranzo nella metro si trovano solo i vagabondi, impiegati , studenti disperati come me o artisti di strada che in qualche modo accompagnano il breve viaggio.
"I am walking down my road
I'm sleeping without a bed
I am not changing my clothes
For my friends I'm a stranger
I won't slow down, down, down"
4 accordi di chitarra e un giovane che canta. La voce così chiara e l'unico strumento che lo accompagna rende la canzone ancora più nostalgica.
Mi faccio trasportare da quelle parole chiudendo per un attimo gli occhi e dondolando leggermente la testa da un lato ad un altro.
Quando il ragazzo finisce di cantare riapro immediatamente gli occhi come se mi fossi svegliata improvvisamente da un sogno, un bellissimo sogno.
" Bellissima canzone" gli dico porgendo i soldi all'interno della custodia della chitarra.
" Purtroppo non è mia. This Is maneskin" dicendo abbassando il cappello in segno di gratitudine.
Scendo dalla metro.
Maneskin. È la terza volta che sento questa band e già non ce la faccio più.
È come se si fossero insediati all'improvviso nella mia testa e non vogliono più uscire.

Nel frattempo raggiungo l'università.
Dall'esterno non sembra neanche un'università.
Strutturalmente è così moderna che sembra l'edificio di un'azienda, non sicuramente la sede della facoltà di medicina.
Attraverso la porta d'ingresso.
L'esterno così silenzioso è in contrasto con l'interno che pupula di alunni. All'università ne trovi di ogni categoria: studenti in fase di sessione, studenti fuori corso, studenti alla ricerca di un relatore e studenti in ritardo.
Gli studenti in fase di sessione probabilmente hanno dimenticato cosa sia una casa. Abitano, mangiano e dormono all'università. Per loro l'università non è un semplice edificio dove studiare, ormai è diventata la loro vita. È l'unica che conoscono! Questo tipo di studenti non ha vita sociale e ovviamente è inutile marcare l'inesistenza di quella sentimentale. Si riconoscono perché non si sono mai alzati da una sedia, dall'evidente alopecia marcata ,dalle occhiaie ben pronunciate che possono variare dal grigio " non c'è speranza" al viola " mi do un pugno casomai ricordo meglio" e dalla t-shirt portafortuna con sopra la faccia di dr. House, Ippocrate o qualche frase di incoraggiamento del tipo " ce la puoi fare", " I Need coffee".
Gli studenti fuori corso invece sono quelli che hanno superato le ansie e le preoccupazioni, sono consapevoli di non laurearsi mai e quindi non si preoccupano affatto, passano il tempo al bar dell'università a bere il caffè e postare foto di libri sparsi a caso sul tavolo con apposita tazza di caffè e poi pubblicare le foto su Instagram con hashtag del tipo: #noncilaureremomai, #anatomiaportamivia,#medicosenzasperanza, #breaktime.
Gli studenti alla ricerca del relatore disperso sono quelli che li ritrovi alle 5 del mattino fuori all'università. Si dice che hanno una copia delle chiavi e che ogni tanto aprono loro la baracca, ma sono solo voci di corridoio.
Sono quel tipo di studenti ammirati dalle matricole perché hanno fatto tutti gli esami ma "il lavoro non finisce con gli esami!" mi disse una volta un "ricercatore di relatore". Erano 6 mesi fa e quel poverino deve ancora laurearsi perché non riesce a trovare il relatore. Li ritrovi sempre in segreteria, fuori dalle aule o dagli uffici.
L'ultima categoria sono gli studenti in ritardo. Sono quelli che entrano dopo un'ora dall'inizio della lezione e si inventano sempre le scuse più patetiche e banali: "non è suonata la sveglia", "ho perso il pullman","dovevo partorire un attimo", " c'erano i ladri in casa".
Lo so che le ultime due sembrano assurde ma fidatevi è successo veramente.
Io che tipo di studente sono?
Non mi piace etichettarmi. Cerco di arrivare sempre puntuale alle lezioni, prendo appunti, studio. Sicuramente non sono il tipo che piace perdere tempo e soprattutto soldi. L'università è un investimento a lungo termine e devi essere sicuro in ciò che stai facendo. Non dico che il fallimento non è programmato dico solamente che dopo una caduta si deve avere il coraggio di rialzarsi, sempre. "Scusami, ma ci credo tanto
Che posso fare questo salto" Ancora quelle parole che riecheggiano nella testa.
"Aula Med 24-anatomia umana 1" leggo sul cartello, segno che ho raggiunto l'aula giusta.
Entro in aula e mi accomodo su una sedia disponibile.
L'aula è abbastanza grande , come ogni aula universitaria.
"Salve ragazzi. Io mi presento sono il dottore de Santis e questo è il corso di anatomia umana 1. Vi consiglio di seguire la lezione e di comprare il libro perché all'esame pretendo tanto. Ricordatevi sempre che dovete salvare una vita , quindi non è un gioco. Bene iniziamo!"
Dopo questa breve presentazione intimidatoria il professore avvia la presentazione e la giornata scorre lentamente come una notte insonne.

la ragazza della luna//ManeskinWhere stories live. Discover now