Vaticinio (extra)

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Mi accorgo di essere nervoso quando non sento più il sangue delle dita scorrere. Dovrei piantarla di stringerle attorno al bordo della felpa. Sarò anche meno ansioso, ma finisco sempre per sembrare un serial killer che cerca di trattenersi e mescolarsi con la folla, struggendosi al pensiero dei pezzi di cosce umane che riempiono il suo frigo.

TopCrime comincia a farmi male. 

All'inizio nessuno sembrava prestarmi troppa attenzione, mentre adesso noto che le solite tre, quattro persone mi passano davanti con finta casualità e mi squadrano da capo a piedi. Sarà anche strano che io sia solo, ma non è affatto strano che io aspetti qualcuno. 

Quasi tutti qui aspettano. 

Nonostante ci sia tanta gente in poco spazio, affondo i piedi nel silenzio. Qualche cenno con il capo scandisce conversazioni mute, mentre chi sta in fila prima di me avanza. Evitiamo di comune accordo di incrociare gli sguardi tra di noi, ma mi azzardo comunque a osservare i volti delle persone, per lo più donne, che procedono a testa bassa come me. Non hanno un bordo della felpa a cui aggrapparsi ma so che, se ce l'avessero, lo stringerebbero con forza. 

Hanno aperto le porte da un quarto d'ora circa, eppure sembrano già tutti esausti. Riesco a immaginare che molti di loro vengano qua tutti i mesi, nello stesso squallido posto per sentirsi dire sempre le stesse squallide cose, con la consapevolezza che il giudizio altrui sia solo la punta del problema. 

Osservare gli altri mi mantiene calmo. Misuro i passi, calibro i respiri e conto i i giri delle chiavi delle porte blindate.

Uno
Due
Tre
Scatto secco. 

A volte mi chiedo se l'educazione che riceviamo ci prepari effettivamente a quello che ci aspetta fuori dalla porta di casa. 

Le tasse, l'affitto, i concorsi, le tragedie dietro l'angolo, quanto di più crudele e grottesco si possa immaginare. Quando la piccola bolla in cui abbiamo sempre vissuto scoppia, l'onda d'urto ci fa fischiare le orecchie e puf, non ricordiamo più niente. 

Uno 
Due 
Tre 
Altre due mandate
Scatto secco.

Sembra tutto surreale, come se non fossimo mai stati noi i protagonisti dei nostri stessi ricordi. Quando ci sediamo per chiederci "Come ci sono arrivato a questo punto?" è già troppo tardi. 

Cazzo, chissà se il me di sedici anni si sarebbe aspettato di camminare volontariamente tra queste quattro mura lisce e fredde. Conoscendolo, avrebbe dato di matto. Quasi quasi invidio tutta quella lucidità, mentre mi chiedo dove sia andata a finire. 

Man mano che proseguiamo i controlli, l'umidità mi penetra nelle ossa. Mi domando come faccia la gente a vivere qua dentro, per poi pensare che sia proprio stupido come quesito. Non so se sia l'aria rarefatta o i rumori sempre uguali, ma ogni porta comincia a somigliarsi e tutti i corridoi sembrano allungarsi verso altri corridoi, in un groviglio sempre più fitto e claustrofobico. Anche volendo scappare, a questo punto, non troverei l'uscita. 

Capisco come ci si sente. Forse. 

Arriviamo in uno spazio più ampio, sempre spoglio, ma con almeno alcune sedie appoggiate alle pareti. Chissà perché, però, nessuno decide di sedersi. 

E' quando sento chiamare il primo cognome che una fitta di nausea mi fa stringere di denti. Ci siamo. Riesco a pensare solo al fatto che ci siamo davvero. Ci siamo e io provo solo nausea. 

Il cuore ricomincia a battere solo quando capisco che stiano solo controllando, per l'ennesima volta, documenti e permessi. Ancora una volta tutti sono abituati, mentre io cerco sollievo nel soffitto e nei respiri regolari. 

Se mi vedessi adesso, probabilmente scoppieresti in una risata sguaiata. Tutti si girerebbero a guardarti e tu, in risposta, rideresti ancora più forte.

Sono questi i ricordi che voglio conservare, questa l'immagine che ho paura si sgretoli tra poco.

Chiamano anche me, mi avvicino assente e allungo le carte alla guardia senza metterle a fuoco. Il cognome che è sempre stato mio suona come quello di un estraneo.    

Uno 
Due 
Lo scatto è diverso

Entriamo in una stanza ancora più grande, piena di tavoli circolari  con due sedie ciascuno. In un battito di ciglia mi trovo già seduto. 

Non ho più nulla da contare perché, ad un tratto, tutto torna silenzioso. Aspettiamo. 

Hai sempre avuto un metabolismo veloce e ti piaceva ripetermelo spesso, anni fa. Nonostante questo, appena ti vedo mi sembri terribilmente consumato. Chissà cosa ti abbia fatto soffrire di più, se questo posto o il motivo per cui ti ci hanno rinchiuso. 

Mentre ti prendi il tuo tempo per venirmi in contro noto che nemmeno mi guardi. 

Ti lasci cadere sulla sedia senza forze ed è lì che finalmente mi sembra di riconoscerti. Hai ancora le stesse mani fragili e mi viene da piangere. Penso subito che farai una battuta, che cercherai di alleggerire l'aria che ci schiaccia per evitare di piangere con me. 

Sembra tutto scritto per concludersi così e sappiamo entrambi che il sipario sulla tua storia assurda si chiuderà tra poco. Il tempo dei protagonisti è finito.

<<I grilli si sentono anche da qua dentro, sai?>>

Mi dici, sorridendo.





vaticinio

/va·ti·cì·nio/    
sostantivo maschile 

  LETT.
- Predizione di avvenimenti futuri.

I Grilli Cantano Solo Di Notte || YoonMinWhere stories live. Discover now