Capitolo 1

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Ad Andrea, che ama le stelle ma riesce solo a guardarsi la punta delle scarpe


























Un ennesimo sbuffo uscì dalle labbra di Jimin che si separarono solo per un'istante, secche e incollate tra di loro. Non si trattenne certo dal mostrare che si stava annoiando, nonostante sapesse che il padre, per qualche motivo, ci teneva a quello strano incontro più di quanto non desse a vedere. Strano perché il silenzio che l'uomo aveva deciso di mantenere ad oltranza pareva asfissiare entrambi da minuti interminabili, sottolineando un velo di nervosismo  che appesantiva persino l'aria.

Il signor Park era sempre stato un uomo alla mano, socievole e tendente a lasciarsi fin troppo andare con le chiacchiere, soprattutto quando si trattava di elogiare il suo unico ed impeccabile figlio, che da lui pareva avesse preso soltanto il cognome. Gli ultimi dieci minuti erano passati tra sospiri e vaghi rumori di clacson in lontananza, con Jimin che aveva preferito tenere la testa rivolta fuori dal finestrino, perdendosi tra vie e case che quasi sparivano alla sua vista man mano che l'auto prendeva velocità.

Quella mattina era iniziata con un annuncio solenne del signor Park, una semplice cena tra amici a detta sua e, a giudicare dal riguardo con cui ne aveva parlato, la presenza del figlio sembrava indispensabile. Era proprio quel tono che non ammetteva repliche ad aver incastrato Jimin irrimediabilmente, mandando in fumo tutti i suoi entusiasmanti programmi per la serata, che si sarebbero comunque limitati alla visione di qualche serie TV, magari accompagnata da una bella vaschetta di gelato all'amarena.

Non si fece troppe domande in ogni caso, abituato com'era alle tante stranezze di suo padre. Le riteneva d'altronde la principale motivazione per cui, cinque anni prima, la madre aveva deciso di presentare le carte per il divorzio senza preavviso, ottenendo la tanto agognata custodia del figlio dopo aver lottato con tutte le sue forze tra tribunali e servizi sociali.

Jimin, ormai quindicenne, aveva comunque deciso di continuare a vedere suo padre nonostante tutto, benché trovasse davvero ben pochi argomenti di cui parlare col genitore, quando erano da soli. Le conversazioni che riuscivano a portare a termine ricadevano sempre e solo su scuola e chiacchiere di paese, ottenendo soltanto un confronto di facciata, sommerso ahimè da puro imbarazzo e chiusura ingiustificata.

<<Passiamo a prendere una persona e poi andiamo>> borbottò il padre, stringendo impercettibilmente la presa sul volante in pelle e puntando fulmineo lo sguardo sul figlio, per poi tornare ad osservare l'orizzonte in uno scatto quasi ansioso, che Jimin colse ma non comprese a pieno.

<<Ehm... okay>> rispose piano il ragazzo, tramutando il suo consenso quasi in una domanda incerta. Che ci fosse qualcosa di insolito l'aveva capito, ed il corso degli eventi lo stava mettendo allerta, insinuando nella sua coscienza il pensiero che, forse, era il caso di iniziare a provar paura. L'auto inchiodò poco dopo con decisione sul ciglio della strada ed il signor Park si sporse frettolosamente verso lo specchietto alla sua sinistra, per poi farsi sfuggire un sospiro che tradì ogni suo pensiero.

Colui che mai aveva provato imbarazzo era ansioso più che mai e Jimin non poté che ingoiare quella poca saliva che gli era rimasta in gola, prosciugando il palato già arso da tempo, metaforicamente e non. Le ipotesi potevano essere molteplici, eppure nella testa del ragazzo parve dominare solo il vuoto durante gli interminabili secondi successivi, mentre percepiva dei passi ovattati sull'asfalto dirigersi regolari nella sua direzione.

Si disse che avrebbe fatto meglio a voltarsi per metter fine ad ogni dubbio e svelare l'identità della figura misteriosa, ma la tensione lo tenne incollato allo schienale, persino quando la portiera posteriore si spalancò con uno stridio, e il corpo rimase rigido, freddato da un brutto presentimento non del tutto ingiustificato.

I Grilli Cantano Solo Di Notte || YoonMinWhere stories live. Discover now