Epilogo

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Tendeva a terminare la stesura di ogni capitolo colpendo con convinzione sull'ultimo punto e trascinando, con un cenno teatrale della mano, il sipario sull'ennesima storia che si chiudeva. 

Quella volta si diede persino uno slancio soddisfatto, allontanando la sedia dalla scrivania quanto bastava per permettere agli occhi stanchi di inquadrare l'intera pagina del documento. 

Aveva sviluppato sentimenti contrastanti nei confronti della scrittura. Superati i vent'anni, con solo un diploma in mano e decisamente poca prospettiva, capì che fosse finito il tempo dei racconti mirabolanti e si immerse controvoglia nella facoltà di giornalismo, esclusivamente per mettere a tacere le lamentele di sua madre. 

Bastava e avanzava Park Hyuk nei suoi incubi che lo guardava con disprezzo dal gradino più alto della scala per l'inferno, proprio oltre le nuvole dove, secondo l'immaginario di Jimin, i due regni si scambiavano. Era l'altezza d'altra parte a terrorizzarlo, mentre nei meandri della terra ritrovava pace e calore ancestrale. 

Per quanto la sua mente potesse correre, però, non c'era molto spazio da dedicare alle fantasie ultraterrene. 

La casella di posta elettronica era intasata dalle minacce del suo editore, nonostante mancassero due settimane al meeting con l'ufficio stampa. Gli scappava un sorriso, di tanto in tanto, nel pensare che quell'ometto basso e peloso non avesse sbollito la rabbia neanche dopo dieci anni passati a scrivere articoli su tisane e camomille. 

Lui stesso però poteva testimoniare che scrivere articoli sulle proprietà benefiche del rosmarino non fosse affatto terapeutico, soprattutto se in una redazione popolata da stagisti sottopagati e vecchi decrepiti fanatici delle etimologie latine. 

Aveva comunque smesso di lamentarsi da un bel po', visto che quella rivista di botanica era un lavoro come un altro e gli permetteva di vivere come meglio credeva. "Vivere" forse era una parola grossa, diciamo pure "sopravvivere con scarsi risultati"

Si era trasferito da neanche un mese e già poteva aspirare a comparire in un episodio di "Sepolti in casa - Korea Edition". Quel bilocale ricordava sempre di più una scatola di sardine, sia per lo spazio inesistente che per l'odore penetrante, un pregiatissimo mix di muffa, riso colloso scaldato mille volte e cibo per gatti. 

Da intenditori. 

L'igiene personale era contemplata quel poco che bastava per non farsi licenziare. Non c'era neanche un vero e proprio armadio, il che riduceva il guardaroba di Jimin a magliette tinta unita tutte uguali, neanche fosse un personaggio Disney.

Benché venti metri quadrati apparissero pochi per chiunque, lui occupava appena la distanza tra lo schienale della sedia e lo schermo del pc per la maggior parte del tempo. Era una fortuna aver trovato un appartamento così economico al primo piano che potesse conciliare i piccoli lussi di un'esistenza fine a sé stessa, in effetti. 

Qualche carezza ai due mici che gli facevano compagnia e una vaschetta di gelato in piena notte, cure palliative per persone sole. 

E poi c'era costantemente una sigaretta tra le labbra, soprattutto quando gli occhi si spostavano per godersi il minuscolo ritaglio di cielo che quell'unica finestrella gli regalava.

Ogni tanto il vizio di pensare troppo sovrastava quello del fumo, almeno le volte in cui non ne era la causa diretta. 

Non importava quanti posacenere straripanti abitassero la casa al posto suo o quanti bicchieri d'acqua aveva abbandonato in giro dopo aver spento un mozzicone, non aveva mai il coraggio di scoprire che percentuale del suo stipendio piangesse per i suoi vizi. 

Quella sera qualcosa aveva fermato le sue dita che già tastavano la scrivania in cerca di un accendino.  

Per tutto il giorno il sole non era mai riuscito a farsi strada tra la coltre di nubi e queste, bastarde com'erano, avevano deciso di togliere il disturbo solo dopo che i lampioni si erano accesi. Evidentemente le stelle si erano guadagnate la loro simpatia, tanto che Jimin non riuscì a non rimanere rapito da tutta l'ispirazione che precipitava dal cielo fin dentro i suoi occhi. 

Per la prima volta fu in grado di vedere ogni cosa. 

Fu come una luce accecante. Non erano semplici protagonisti senz'anima che percorrevano la trama in lungo e i largo, ma nuclei pensanti, vulcani di emozioni e sentimenti che a spintoni cercavano spazio nella sua testa ovattata. Che potere aveva per fermare un flusso così inarrestabile?

Sapeva quale storia avrebbe scritto per ultima.

Martoriò fino all'alba la tastiera, riversando tutto il dolore che aveva trattenuto per anni fino a intravedere, stremato, i primi raggi di sole sotto le stelle. 

Era provato. La testa faceva un male cane e non c'era una singola parte del suo corpo che non fremesse, con gli occhi che sembravano antri vuoti e senza spirito. 

Tutta una vita.

Tutta una vita riflessa di fronte a lui con le sue stesse parole. 

Conosceva perfettamente la nausea che iniziò a stringergli la gola. Era talmente assalito dal risentimento che avrebbe cestinato ogni parola, se la vita non gli avesse giocato un ultimo, disgraziato scherzo.

Qualcuno aveva appena bussato alla finestra. 



































• Note a margine •

Ci sono personaggi che vorrebbero tanto svelarsi al mondo e essere ricordati. Questa storia, di per sé già scritta, ne avrebbe dovuti ospitare molti di più. Sorelle ingenue, padri assenti o mai esistiti e donne esauste. Tutte voci di un coro che non mi sento di dirigere con queste mani e che ha saputo farsi sentire molto più di quanto sarei mai in grado di raccontare. 

Spero comunque che la ff vi sia piaciuta e, in caso contrario, vi rassicuro dicendo che sarà l'ultima ad avere un taglio tanto serio. Non ho potuto farne a meno. 

Grazie infinite per il vostro tempo

Marghe

I Grilli Cantano Solo Di Notte || YoonMinWhere stories live. Discover now