Capitolo 3

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Avere la presunzione di ergersi al di sopra di tutto, dunque fuggire dai propri tormenti, è comune ad ogni essere umano, sebbene in molti credano fermamente il contrario.

Fuggire illudeva di poter riacquisire leggerezza, eppure Jimin si sentì tutt'altro che leggero durante la settimana che passò a casa di sua madre. Aveva l'impressione che la donna sapesse già tutto, nonostante lei e l'ex marito non parlassero da anni. A braccetto con questa convinzione, vi era la certezza che la madre non avrebbe mai tirato fuori l'argomento, e forse quella fu solo una fortuna per entrambi. Per quanto stare fisicamente distanti dal padre e da tutti i problemi a lui legati donasse un minimo di tregua, la consapevolezza di dover tornare in quella casa, prima o poi, diveniva sempre più opprimente, giorno dopo giorno.

Soprattutto perché, oltre che con il genitore, avrebbe dovuto fare i conti con due estranei i quali, per qualche strano scherzo del destino, sarebbe stato costretto a non considerare più come tali.

Per non parlare di uno dei due in particolare, che sembrava nato per farlo impazzire e metterlo in confusione.

Min Yoongi. L'unica informazione che aveva su di lui era il suo nome, nonché l'ovvia identità della madre. In un impeto di pazzia, così lo definì in seguito, si era persino messo a cercarlo su tutti i social possibili, constatando presto che si trattasse del tipo di persona che ripudia quel tipo di interazione, evidentemente.

Quel ragazzo era un vero e proprio fantasma ai suoi occhi. Di certo non proveniva da quella zona, anche perché Jimin, per quanto non avesse amici, conosceva a menadito tutti gli abitanti del suo quartiere.

E di sicuro, di un ragazzo così bello e misterioso si sarebbe sentito parlare, se solo avesse abitato nelle vicinanze.

Continuò a torturarsi interiormente con mille paranoie, le sue labbra crepate e rosse come uniche testimoni di tutto il nervosismo. Prese un profondo respiro quando si ritrovò a varcare la soglia di quella casa, dopo un tempo che parve infinito, ed il peso di tutta la delusione che aveva accumulato si fece sentire nel momento in cui scorse un mobile all'entrata che mai aveva visto prima. A seguire, nel corridoio, come nella sala da pranzo o in cucina, l'arredamento era completamente stato modificato, rendendo quel luogo tutto fuorché familiare.

"Non hanno perso tempo, vedo" pensò, ed era certo che, se avesse dovuto pronunciare quelle parole, lo avrebbe fatto senz'altro a denti stretti. La presenza di una donna in casa di suo padre pareva tangibile, tanto era l'ordine che vigeva, e ciò non per forza era positivo, visto che in una sola settimana l'abitazione era completamente stata stravolta.

<<Sono tornato!>> annunciò ad alta voce, prima di farsi forza ed avanzare nel corridoio.

Ma l'unica risposta che ricevette fu silenzio, stranamente.

<<Papà? Sei a casa?>> chiese ancora a vuoto, mentre saliva le scale verso il piano di sopra. Di chiamare la signora Min proprio si rifiutava, che lei ci fosse o meno.

Quasi cadde dallo spavento appena notò una sagoma ben nota affacciata allo stipite della porta dello studio, che lo guardava con un'espressione piatta in volto e le braccia conserte.

<<Non c'è nessuno in casa, puoi smettere di urlare, se vuoi>> disse solo, mentre Jimin cercava di ovviare alla secchezza improvvisa della sua gola deglutendo a vuoto, maledicendosi per aver fatto la figura dell'idiota per l'ennesima volta.

Il suo tono non sembrava affatto seccato, piuttosto era ironico, quel poco che bastava per sbeffeggiare senza infierire apertamente. Jimin, d'altra parte, non riuscì a sostenere il suo sguardo e abbassò gli occhi, non prima di aver notato il solito abbigliamento sportivo del ragazzo che, come ogni volta, pareva impeccabile nonostante indossasse solamente una tuta. Alle spalle di quest'ultimo, invece, intravide come lo studio fosse stato trasformato in camera da letto di fortuna, con una brandina che ricordava di aver visto in garage fino a pochi giorni prima.

I Grilli Cantano Solo Di Notte || YoonMinWhere stories live. Discover now