i. Iris materassi, prossimamente sul mercato

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Se c'era una cosa che Iris aveva imparato da quando stava al campo, era che stare nella Cabina di Ermes quando non c'era nessuno era surreale. Di solito c'era un sacco di chiasso e quando nessuno era nella cabina il silenzio regnava. Ed era strano, soprattutto se, come lei, si era abituati al rumore.
A volte si sedeva sul suo vecchio letto e guardava il soffitto senza far niente.
Ma quel giorno non era quel tipo di giorno.

Era probabile che Iris facesse parte della Cabina undici da troppo tempo, perché quando Anthony Downs, un figlio di Ermes, le aveva proposto di scalare la parete d'arrampicata per cinquanta dracme, lei aveva accettato subito.

In quel momento si maledisse per aver accettato la scomessa: aveva decisamente sottovalutato la parete.

Le sue mani e i suoi piedi erano fermamente attaccati ad essa, mentre, piano piano la lava iniziava a colare.
Iris sapeva che c'era solo un modo per salvarsi: dare una spinta alle gambe e, tenendosi bene con le mani, fare in modo che i piedi - o meglio, le scarpe - atterrassero sula parte superiore della parete, e sperare che fosse abbastanza atletica e veloce per stare in equilibrio su di essa. Il resto sarebbe stato semplice: saltare o afferrare una parte della parete nel lato opposto e arrivare alla fine.

Iris guardò la parete. Non era distante dalla cima, sarebbe stato più semplice del previsto, doveva solo essere attenta.

Si diede lo slancio con le gambe e si tenne forte con le mani e le braccia. I piedi atterrarono dove era previsto e, più in fretta di un figlio di Ermes quando sente la parola "soldi", lasciò le mani e si diede una potente spinta. Senza toccare la lava, Iris riuscì ad avere abbastanza equilibro da rimanere sopra la parete. Si ripromise di ringraziare Mabel, una figlia di Efesto, per le scarpe-ventosa anti-lava. Iris duburava che ce l'avrebbe fatta senza di esse.

Saltò all'indietro, per poi aggrapparsi ad una estremità del muro, iniziando a scenderlo.
Quando i suoi piedi toccarono terra, cacciò un urlo di liberazione, saltando sul posto. Ce l'aveva fatta, e non si era neanche scottata!

La faccia di Anthony valeva come le cinquanta dracme e anche di più.

Iris gli si avvicinò, mostrando la mano destra.
«Ho vinto» disse, allegra.

Il figlio di Ermes sbuffò, poggiando il sacco contenente le dracme sulla sua mano.
«Non è valido, vinci sempre questo tipo di scommesse!» si lamentò lui.

E aveva ragione a farlo, Iris Mamani era una semidea non solo più atletica ed elastica del normale, ma anche più forte, resistente e veloce.

Alcuni pensavano fosse figlia di Ermes, altri che lo fosse di Ares, alcuni pensavano addirittura che fosse figlia di uno dei Tre Pezzi Grossi.
Iris li ascoltava e attendeva che il suo genitore divino la riconoscesse.
Ormai era al campo da quattro anni.

«Chiamalo talento» gli disse lei, sorridendo con strafottenza e tenendosi stretta il sacchetto.

Anthony sbuffò.
«Sei insopportabile» borbottò.

Iris gli lanciò un sorriso compiaciuto, per poi correre verso la Cabina di Ermes.

"Cabina di Ermes un tubo" si ritrovò a pensare, una volta arrivata lì.
"Ci sono più indeterminati e figli di divinità minori, che di Ermes stesso!".
Ovviamente aveva ragione. La Cabina undici contava trentasei ragazzi - lei compresa -, e solo otto di questi erano figli di Ermes; quindici erano figli di divinità minori e tredici erano indeterminati e tra questi c'era anche lei.

Iris sbuffò al ricordo di tutte le volte che aveva provato a cambiare la situazione.
All'inizio aveva chiesto di ingrandire la cabina; il cielo aveva tuonato, segno che Zeus, il re degli dei, non fosse d'accordo.
Poi aveva chiesto di distribuire i figli di divinità minori nelle cabine da cui i loro genitori discendevano - i figli di Asclepio nella Cabina di Apollo e così via -, oppure tutti nella Cabina di Zeus, tanto discendevano tutti da lui, Iris ne era certa; il cielo tuornò ancora.
Propose anche di creare una o due cabine per loro da mettere tra la cabina undici e dodici, in modo da creare una specie di ellisse; il cielo tuonò e Chirone si ritrovò a spiegarle che il dio del cielo non voleva che la sua amata U fosse rovinata.
Allora propose di mandare i figli di divinità minori nella cabina di Era, in quanto loro componenti di una stessa famiglia e lei dea della famiglia; il cielò tuonò ancora e Iris imprecò così tanto contro Zeus che proprabilmente pure Era, ancora arrabbiata con lui per chissà quale tradimento, le fece i complimenti. Il re degli dei non ne fu felice e le lanciò tre fulmini prima di colpirla e mandarla in infermeria.

(1)Scelte, luke castellanOpowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz