iv. Iris prende a pugni il lago

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Erano passati tre anni da quando Iris aveva ascoltato la sua profezia. Aveva tre strofe, sei versi e una mole eccessiva di pessimismo.

Era proprio scritta dalle Parche.

Solo una cosa era abbastanza positiva da non farle vivere la sua già pessima vita con l'ansia: avrebbe avuto un'impresa.
Certo, l'avrebbe condivisa con qualcuno, ma almeno ce l'aveva, era certo.

In quegli anni erano arrivati più semidei di quel che uno si poteva aspettare. Ovviamente tutti erano passati - chi più e chi meno - per la Cabina undici, quindi la bruna li aveva conosciuti praticamente tutti. Alcuni erano risultati una spina nel fianco, con altri ci aveva stretto amicizia - non che ci volesse molto con lei -.

In più era migliorata molto con la spada, superando praticamente tutti. Solo uno le riusciva ancora a tenere testa: Luke. Con lui si trattava sempre di una gara a chi resisteva di più.
Una volta, quando si erano affrontati in Arena un anno dopo l'arrivo del biondo, avevano dovuto farli smettere, nessuno dei due risultava in svantaggio e sembravano entrambi intesi a continuare finché uno dei due non avesse vinto.
Iris era sicura che avrebbe vinto lei, Luke era sicuro dell'opposto. Avevano litigato e si erano riappacificati perché la Cabina undici, Tom in particolare, era stanca di sentirli controbattere. In poche parole, li avevano chiusi nella Cabina e costretti a riappacificarsi. In più avevano lasciato il moro con loro perché, testuali parole, "entrambi gli vogliono bene, di sicuro lo ascolteranno senza fargli male". Infatti il tutto era finito con Iris e Luke che si erano riappacificati e Tom che era corso in infermeria perché gli usciva sangue dal naso. Alcuni avevano supposto che la bruna, che per loro era figlia di Poseidone, gli avesse fatto uscire il sangue con i suoi poteri legati all'acqua. La peruviana non ci credeva per niente. Se anche fosse figlia del dio del Mare, di certo non avrebbe potuto controllare il liquido rosso.

In ogni modo, dopo quell'esperienza i due avevano fatto una specie di accordo: se nel giro di mezz'ora nessuno dei due avesse vinto, sarebbe stato un pareggio.

In più, ogni qualvolta ci sarebbe stato una specie di campionato di duelli, Iris e Luke non avrebbero potuto partecipare, soprattutto dopo che i due erano arrivanti in finale ben due volte, finendo entrambi gli scontri con un pareggio. Nessuno voleva rivedere quello spettacolo una terza volta.

«Hai sentito?» le domandò Theodore De'Ath, un corpuleto e moro figlio di Efesto con dei particolari occhi rosso fuoco, probabilmente l'unico bel particolare del suo viso deturpato dalle cicatrici. Iris aveva sempre avuto un debole per gli occhi rari; a dieci anni si era presa un piccola cotta per un figlio di Dioniso, decisamente fuori dalla sua portata in fatto di età, solo per i suoi occhi viola. Per quanto ne sapesse, ora poteva essere addirittura sposato, ammesso che fosse ancora vivo, ovvio.
In fondo, la bruna sperava fosse vivo.

«Cosa?» fu la sua risposta.

Il semidio, che si trovava sulla canoa vicino a quella della ragazza, sbuffò.
«Cavolo, pensavo ci tenessi a Tom» fece lui.

Iris si sentì punta sull'orgoglio.
«Certo che ci tengo! Cosa centra lui?» domandò subito. Si stava anche preoccupando: aveva per caso litigato con qualcuno e ora era in infermeria? Sperò di no.

«Non hai sentito? Ha sfidato Hector Verarg, un figlio di Apollo, in un duello con le spade all'Arena».

"Stupido" fu l'unico pensiero della bruna. Neanche lei sapeva se fosse perché non glielo aveva detto o perché Tom non fosse proprio abilissimo con la spada. Capiamoci: se la cavava, ma era nettamente più abile con l'ascia a due lame. Hector, invece, era piuttosto abile, la semidea ci aveva combattuto e le aveva tenuto testa per un bel po'.

Ora che ci pensava, probabilmente il moro non glielo aveva detto perché non voleva che lei lo prendesse in giro. Se questa era la ragione, allora aveva fatto bene non avvertirla.

(1)Scelte, luke castellanWhere stories live. Discover now