vi. Il battito d'ali di una farfalla al Campo...

330 29 55
                                    

Dopo che Chirone ebbe spiegato tutto a Luke e Iris, il primo si allontanò dalla seconda, dicendo che sarebbe andato ad allenarsi.
Lei lo aveva guardato con i suoi profondi occhi color miele, ma non sembrava averlo osservato. Forse, anche la sua mente pensava alla profezia, dopotutto nell'impresa sarebbe iniziata la sua storia.

«Okay» fece semplicemente, dicendo molto meno di quello che stava pensando, per poi correre verso la Cabina undici.

Il biondo si diresse all'Arena, con la sua fedele spada sottoforma di un braccialetto color argento che richiamava la forma della lama.
Aveva chiesto a Alabaster di fargli un incamntesimo da figlio di Ecate, in questo modo era sicuro che nessuno gliel'avrebbe rubata.

Giunto lì, prese da una specie di sgabuzzino alcuni manichini, li posizionò nel terreno e iniziò l'allenamento.

Qualche tempo prima aveva visto un figlio di Ares farlo tagliandoli a metà e si era ripromesso di provarci. E quale momento migliore di quello?

La sua lama lasciava profondi tagli sui manichini. Alcuni si dividevano pure a metà. Si stava sfogando su di loro.

Si stava sfogando per liberarsi della rabbia contro suo padre, contro la sua stupida impresa. Avrebbe dovuto esserci anche quella contro la "semidea sapiente", ma il fatto che quel posto fosse occupato da Iris cambiava tutto. Quella era l'unica nota positiva.

Pensare all'indeterminata gli aveva fatto aprire una questione importante: perché proprio lei?

Non pensate male, lui era felice che fosse Iris ad accompagnarlo, non avrebbe potuto sperare in persona migliore, ma questo non faceva sparire la domanda.

Aveva cercato di darsi una risposta dicendo che lei era sapiente perché sapeva che avrebbe fatto parte dell'impresa di qualcuno e che era a conoscenza di parte del suo futuro - "fortunata" - , ma ancora non ne era pienamente convinto.

Perché Chirone aveva scelto proprio lei? Perché proprio lei? Era destino o caso?

Prima ancora di rendersene conto, aveva buttato a terra tutti i manichini.

«Però, ti sei dato da fare» disse una voce dietro il biondo.

Lui si girò e notò la figura dai capelli rossi di Candace che si avvicinava. Vicino al bacino di mostrava la sua fedele spada di bronzo celeste.

Le sue braccia erano rilassate lungo il corpo, non dava l'impressione di voler allenarsi in nessun modo.

«Sì...» mormorò il ragazzo, guardando quello che aveva fatto. Mentre si era messo a pensare, si era seriamente distaccanto dal mondo; l'azione di tagliare i manichini avrebbe potuto ripeterla all'infinito senza renderseme conto. Si stupiva di quello che aveva fatto. Di ciò che la sua rabbia aveva prodotto.

«Sei agitato?» chiese la figlia di Ares, appoggiandogli una mano sulla spalla.

Non era agitato, almeno non per l'impresa.
In realtà si era reso conto solo in quel momento che sarebbe dovuto partire e lasciare il Campo a breve.
Un po' come quando sai che farai l'esame di terza media il 20 giugno, è il 13 e non ti sei ancora reso conto che manca una settimana sola. Però hai sempre studiato.

Non sentendo una risposta, la rossa dedusse che fosse agitato.
«Non ne hai motivo. Sei in gamba, Luke».

Lui non disse niente.

Ci furono minuti di interminabile silenzio in cui Luke raccolse i pezzi sparsi dei manichini. Dopo un po' si unì anche la rossa.

«Sei arrabbiato?».

Il ragazzo alzò gli occhi verso la semidea. I suoi caldi occhi celesti sembravano preoccupati. Avrebbe potuto dirgli la verità, ma non voleva, non era neanche sicuro che lo avrebbe capito. Insomma, la sua impresa era complicata e compiuta da un eroe, chi se ne sarebbe lamentato?
Lui, lui e nessun'altro. Per questo mentì.

(1)Scelte, luke castellanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora