Cap. 3: La spada dai mille volti

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Ironglass era una ricca e fiorente città posta sul terzo pianeta a partire dal Sole, una metropoli di metallo e vetro piena di palazzi così alti da raggiungere il cielo.

Il centro della città, che ne rappresentava la parte più moderna e ricca, era composto da palazzi elaborati ed eleganti, che riflettevano la luce del sole e mostravano l'aspetto più frenetico e operoso dell'agglomerato, più trafficato e rumoroso della periferia.

All'esterno del centro, invece, nel quartiere degli artigiani e dei meno abbienti, c'erano costruzioni più basse e di foggia inferiore, essendo essa la parte più vecchia della città, e un bosco che lei sapeva essere dimora di molti animali selvatici, alcuni anche piuttosto feroci, cresceva a breve distanza, sopravvivendo grazie all'evoluzione e ad alcuni programmi di protezione ambientale. Ed era proprio lì, in periferia, che Leon si trovava, camminando per le strade asfaltate e trafficate da autovetture vecchie e meno pregiate di quelle della Città Nuova, diretta alla bottega di Rowan Black. Secondo l'elenco informativo cittadino della stazione c'era solo un uomo con quel nome, e quindi sarebbe andata a colpo sicuro, sapendo già dove recarsi. La raggiunse in venti minuti di marcia.

*

In vetrina, saldamente assicurate dietro il vetro speciale per cui Ironglass era tanto famosa (più facile colpire una tigre nel didietro e riuscire a raccontarlo che sfondarne una lastra di un paio di centimetri), facevano la loro bella figura molte armi di ogni genere e foggia: armi bianche dalla lunga lama sottile, fucili e pistole, coltelli da lancio ed armature da guerra, mazze e grandi sciabole... un miscuglio di antico e moderno, forgiato nell'acciaio e modellato con abilità, assicurato nella vetrina in un'esposizione di eccellente e scintillante maestria mortale.

Chiunque fosse, Rowan Black decisamente ci sapeva fare, se davvero era stato lui a mettere insieme tutta quella roba.

Smise di guardare la vetrina e spinse la porta per entrare. Uno scampanellio accompagnò il suo ingresso, e il grande ambiente appena illuminato accolse la sua presenza. Oltre un lungo bancone di legno scuro e tarlato un uomo dalla pelle nera sedeva fumando una sigaretta e leggendo un giornale. I piccoli occhiali quadrati senza montatura gli oscillarono pericolosamente quando spostò il quotidiano per guardare chi era entrato. Sulla testa aveva una corta zazzera nera, dall'attaccatura alta per via dell'incipiente calvizie, che cercava di coprire con una vecchia coppola color marrone chiaro. Era chiaramente sulla cinquantina, ma poteva anche essere più vecchio, difficile a dirsi.

- Posso esserti d'aiuto?- chiese. Aveva una bella voce profonda e rassicurante, e mani nodose e piene di calli, abituate al lavoro - Cerchi qualcosa?-

- Cerco qualcuno.- rispose lei - Sono venuta per il Mastro Armaiolo. Ha qualcosa per me.-

L'uomo diede una profonda boccata alla sigaretta e si appoggiò allo schienale della vecchia e lisa poltrona girevole, osservandola con i suoi occhi scuri.

- Tu non sei di queste parti.- disse - Come mai cerchi il Mastro Armaiolo?-

- Glie l'ho già detto.- disse Leon, cominciando a spazientirsi - Ha qualcosa per me.-

L'altro si sporse in avanti, appoggiandosi con i gomiti al bancone e tenendo sollevata la sigaretta davanti al volto, con due dita.

- Togliti la tunica.- ordinò, serissimo.

Non avendo voglia di spogliarsi, Leon si limitò a sollevarla quel tanto che bastava da mostrare il bendaggio, subito sotto il ciondolo di vetro che aveva indossato una volta tornata nella sua camera, prima di partire.

- Non è ancora cicatrizzato.- disse, rimettendo a posto l'indumento - Ma è il Marchio del Sole. Se non mi crede, dovrà aspettare che i medicamenti facciano effetto, perché non ho voglia di togliere le bende.-

La Galassia del SoleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora