I nostri respiri

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La porta di casa di Annabeth si aprii e un'altra sagoma indecifrabile la seguii fino alla camera, chiudendosi alle spalle il gelo invernale.

Lei era già stesa sul letto e ora lanciava via le scarpe con non curanza, essendo molto stanca. Tanto che il misterioso ragazzo aveva paura si addormentasse prima che avesse il tempo materiale di salutarla e andare via.

Nella stanza un'ampia finestra lasciava entrare la sottile luce che ancora per poco divideva la sera dalla notte.

Un qualcosa al di fuori, rifletteva e rendeva la sagoma di Annabeth contornata da una tonalità di rosa appariscente. Sembrava aliena. Alienamente eterna.

Lei chiuse gli occhi e poco dopo chiamò Percy lì vicino.
Lo strattonò con aria divertita e lo trascinò sul materasso.
Ostinava a tenere gli occhi chiusi, come a voler gelare per sempre la sensazione che sentiva all'interno di sè, causata dal momento.

Egli si mise con un braccio sotto la testa, rivolto verso la ragazza.
La guardò a lungo; captando tutti i suoi piccoli particolari.
Non sapeva cosa stava succedendo.
Sapeva solo che non doveva andarsene.

<<Smettila>> mugugnò Annabeth.

<<Stai parlando con me?>> Un po' faceva lo spiritoso, un po' se lo chiese veramente.
Lei teneva ancora gli occhi chiusi.

<<Sì. Smettila di guardarmi>>

<<Allora diamoci il cambio>> lasciò sfuggire una risata ma lei, lo prese seriamente alla lettera e si girò.

I suoi biondi e ricci capelli provocarono uno strascico sopra le lenzuola, che suonò quasi fastidioso e troppo reale, per quel silenzio intrecciato; immensamente fuori dal mondo.

Finalmente aprì gli occhi e si ritrovò il viso di Percy a pochi centimetri che le chiedeva soavemente
<<Non ti piace l'amore?>>

Nessuno dei due sapeva da cosa derivassero certe domande, e perché proprio farle adesso, ma lasciarono tutto al caso.

<<Oh no>>

Lasciò continuare il suono dell' ultima lettera come a crearne una melodia.

<<Però l'amore è il gioco preferito di stupidi e codardi. Accompagnati dai miei "preferiti": gli illusionisti>>

La sua voce era incredibilmente acida adesso e Percy ne rimase confuso, ma allo stesso tempo interessato.
Era una persona unica nel suo genere, non aveva mai conosciuto qualcuno di simile a lei: erano così differenti.

Quando parlava, sembrava che si fosse scelta già da prima le frasi -come un copione- tant'era saggia.

~

Qualcosa nella voce di Annabeth sembrava essersi rotta mentre pronunciava quelle parole.

E Percy, premuroso come sempre le chiese: <<Sei felice?>>

Pensava fosse la richiesta giusta. Voleva sapere. Non era sazio della sua voce. Voleva sentirla sussurare altre piccole perle interamente sue.

Lei però, non rispose.
Si limitò ad accenturare un flebile sorriso.

E solamente dopo un silenzio pesantemente ombroso sopra di loro, Annabeth si decise a muovere le labbra.

<<Dipende che cosa intendi.
Ci sono vari modi per interpretare la tua curiosità.
Se mi stai chiedendo, se lo sono in questo preciso istante, potrei dirti che mi sento malinconicamente felice.
Se invece, intendi nella vita generale di tutti i giorni, mi piacerebbe risponderti dicendoti che: Non potrei amare l'arte.
Amo ogni forma d'arte solo perché ho sofferto. Perché soffro ancora. Se fosse diversamente, non potrei mai.
In più, prendo in considerazione il fatto che nessuno può essere felice in ogni momento. Ma sicuramente, non sono una persona positiva come te.
Diciamo che credo più nel realismo>>

I nostri respiri-Percabeth OneShotWhere stories live. Discover now