Capitolo LXXV

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Cut Out The Pieces - McCafferty

10 Aprile 1976

C'è una storia dietro le firme. Forse le firme stesse fanno la storia. Firme storte, firme illeggibili, firme perfette, firme false.
Grazie alle firme ricostruiamo le vittorie e le sconfitte, ma anche le lettere di disperati amanti, lettere di guerra e sangue.

Gideon intinge la piuma nell'inchiostro. Scrisse il suo nome elegantemente, prendendo il suo tempo in modo che ogni lettera fosse chiara e leggibile, come se ognuna di esse dovesse affermare una propria dichiarazione.

Le firme sarebbero state studiate un giorno, e forse nell'impercettibile tremolio nelle "e" qualche studioso ci avrebbe trovato una disapprovazione palpabile da parte del ragazzo.

Forse nella "o" ci avrebbe letto la rassegnazione. Così tanti sentimenti contrastanti in quella firma che se Gideon avesse usato anche solo un minimo della sua dote da veggente su di essa probabilmente sarebbe riuscito a prevedere persino la sua stessa morte. Finì di firmare. Era fatta.

ACCETTAZIONE ALL'USO DI MALEDIZIONE IMPERIUS:

ACCETTAZIONE ALL'USO DI MALEDIZIONE CRUCIATUS:

ACCETTAZIONE ALL'USO DI MALEDIZIONE AVADA KEDAVRA:

Gideon spuntò ogni casella sentendosi vomitare.

«Devi firmare anche qui.» indicò Silente, sovrastando la sua sinistra, facendolo sentire come se lo stesse costringendo a firmare.

E Gideon fece una firma veloce e quasi illeggibile quella volta, perché, infondo, non gli interessava particolarmente se uno stupido e pomposo studioso avesse scoperto che era contrario al patto vincolante che stava firmando. Sperò che a malapena si leggesse il suo nome, come se facesse un torto a qualcuno in quel modo. L'unica cosa che poteva fare per sentirsi libero da quella costrizione.

«Bene.» disse Silente risoluto «Ora una firma con la bacchetta, così potrà essere tracciata.» Gideon, arrendevole, colpì il foglio con uno spruzzo viola dalla sua bacchetta, il colore della sua magia pura. Tanta purezza per un atto così vile.

Desiderò in quel momento più che mai, mentre sentiva la sua bacchetta pesare un po' di più nelle sue mani, di non aver mai accettato di combattere. Mai come in quel momento gli mancarono i corridoi di Hogwarts, gli sguardi di rispetto dei ragazzini più piccoli, le urla dagli spalti di Quidditch, cavolo, gli mancarono i baffoni di Lumacorno e la ruga di preoccupazione della McGranitt. Ma più di tutti gli mancava una schiena bianca, uno sguardo vispo e sprezzante, i capelli setosi, gli occhi di catrame, le risate silenziose e le litigate che sembravano far tremare le mura della scuola.

Ma gli erano rimasti solo pianti e dolore, un vuoto incolmabile e allo stesso tempo traboccante. E ora avrebbe avuto anche le mani sporche di sangue. Cosa era rimasto di Gideon?

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Severus fremette impaziente.

«Dov'è la tua mamma, Steve?» chiese Mulciber, tornato dalla sospensione solo da qualche giorno. Regulus fece uno sbuffo divertito, costretto dalle risate sguaiate del gruppo, che, come iene, urlava e ululava all'accelerare spaventata di Steve Rogers, il ragazzino sopravvissuto all'attacco della sua famiglia un anno prima.

Regulus era stato perseguitato così tanto da quel nome, come d'altronde anche Sirius, da trovarsi a leggere addirittura i fumetti dell'omonimo supereroe. Si era sentito in colpa per lui, ma l'aveva presa con più filosofia di Sirius, che si era sentito come se fosse stata direttamente colpa sua.

I ragazzi continuarono a ridere, ma Severus fremeva. Regulus lo aveva notato.

«Prendetelo, prendetelo!» urlò Avery fra le risate, facendo bloccare a due del gruppo il povero ragazzino, che si divincolava come una gazzella.

The Way He Looks At The Moon || Wolfstar & MalandriniWhere stories live. Discover now