CAPITOLO 75 - Scoprire (parte II)

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Quel giorno di ottobre, Sebastian assunse le sembianze di Oliver e Oliver quelle di Sebastian.

La ragione per cui l'americano indossasse il giubbotto di jeans del volante risiedeva in una immolazione avvenuta poco prima di dirigersi in aeroporto: quel mattino a Madrid vi erano nove gradi, i venti accoltellavano i corpi come sciabole ed erano così ingiuriosi che lui stesso, il nuovo adepto di una setta chiamata allarmismo, arrivò a ipotizzare una imminente glaciazione globale.

Allora, quando scorse il padrone raggiungerlo al limite dell'accampamento con i sottili strati del denim, si spogliò rapido per cedergli il maglioncino intrecciato e anche il Napapijri. Bass, costretto a lasciarsi imbottire di tutto punto, esclamò che fosse il solito folle, e che alla radio nessuno aveva detto che la terra stesse per diventare una palla di neve.

Il pagliaccio, a maniche corte, si slargò nella ramanzina, asserendo che il freddo avrebbe potuto riacutizzargli i dolori lombari e che per questo fosse un poppante imprudentoloso. Reiterò la dicitura in taxi per almeno altri dieci minuti.

Papà Davis se li gustò per tutta la durata della dilettevole diatriba, affermando nel recondito che, effettivamente, fossero una bella coppia. Con egoismo, auspicò che il dirigente mollasse la compagna per rendere felice suo figlio, il quale, peraltro, gli era così tanto dedito.

In macchina, strofinandosi una mano su tutta la faccia tediata, Sebastian arrivò a mormorargli un «Basta, cuore bellerrimo, dai. Sto pure sudando, ora. Sei contento?», per poi storcergli la bocca a pochi centimetri dalle invettive che sputacchiava fuori le fauci.

Cuore.
Solo allora discese un silenzio intenso, indescrivibile. Non parlarono loro, non parlò Jonathan accomodato al posto davanti, e neppure il logorroico tassista.
Bellerrimo.

Il becco increspato dell'acrobata sbocciò come una margherita nelle pupille del clown, il quale, standogli appiccicato sul sedile posteriore, fu pervaso dalla squisitezza di un nomignolo inaspettato, forse detto per arruffianarselo, ma che riuscì a intimidirgli la strigliata. Ricambiò quella stramaledetta guardata astiosa e provò a inghiottire delle porzioni di saliva che arrancavano a schiodarsi dalle placche tonsillari. La gola di Oliver era un rogo a causa del malanno contagioso di Lorenzo, ma anche in perfetta congruità a quanto avvampasse la bocca in emergenza di baci.

Tornò coattivamente a ghiacciarsi, scrollò a fatica la vista dal collega e, in virtù di uno scherzo che comicizzasse l'attimo, gli pungolò a tentoni il centro della fronte con due dita, sospingendogliela indietro. «È che tu sei imprudentoloso» ripeté a filo di voce, simile a un disco guastato, «e un giubbotto di jeans non è un vero giubbotto. Per l'assideramento potrebbero staccarsi gli arti superiori dalle ascelle, lo sai? La tua imbecillità mi preoccupa».

E Bass, per depurare gli ossigeni dell'abitacolo, pensò di dimostrargli quanto errasse a fargli da nonna premurosa, perché fisicamente, quel dì, non se la passava poi così male. Si schiuse in un sorriso sornione, gli allungò un braccio intorno alla nuca e lo trasse a sé, su un pettorale, esibendosi in una serenata dallo spagnolo rovinoso: «Yo soy un hombre sincero, de donde crece las palmas».
Anche il tassista, a quel punto, si unì alla cantoria di Powell, generando un vigoroso duetto di Guantanamera che fu persino ritmato dal battito di mani di Jonathan.

Oliver non li accompagnò. A causa del repentino arretramento, notò di aver poggiato un palmo in prossimità dell'inguine del Sauroctono. Sentiva sottostare ai polpastrelli la piega della coscia, e solo un misero scivolamento verso l'interno sarebbe bastato per approdare su una cerniera illegale.
Fu lui a trasudare, ad appesantirsi il respiro, a sentirsi imprudentoloso: realizzò che avrebbe voluto toccarlo meglio.

CarovanaWhere stories live. Discover now