Evan Todorovich

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Quando Lizzie aprì gli occhi ebbe paura. Prima ancora di ricordarsi chi era e cosa le era successo vide l'oscurità attorno a lei e con un nodo allo stomaco provò una paura primordiale, la paura di morire.

"Respira" disse una voce bassa.

Lizzie si guardò attorno, mentre gli occhi si adattavano, distinguendo adesso una figura alta, pallida, che si stagliava lontano da lei, appoggiata alla parete opposta.

Si accorse solo in quel momento che stava ansimando per la paura e cercò di controllare il respiro.

La figura allora si mosse e una luce gialla li investì improvvisamente, facendo lacrimare Lizzie.

"Scusa, mi ero scordato che voi avete bisogno della luce" disse di nuovo la voce di prima.

Erano una stanza dal soffitto basso, senza finestre, senza mobili. Alcuni casse erano impilate alla sua destra, mentre a sinistra un lavandino sbeccato era incassato al muro, triste con i tubi in bella vista. Un'unica porta, blindata, stava alle spalle della figura che aveva acceso la luce. Sul soffitto un condotto di aerazione.

Lizzie cercò di alzarsi, ma la schiena era rigida per il contatto con il pavimento freddo e la figura si avvicinò.

Un uomo, pallido e molto alto, con occhi grandi e scuri, le si fece vicino. A Lizzie sembrò che il volto di lui cambiasse ad ogni movimento. Non riusciva a definirne i contorni, "Chi sei?" chiese, e la voce che le uscì fu flebile e spaventata.

Lui si inginocchiò e senza una parola le afferrò la gola. Ad Lizzie manco il respiro e il panico si fece di nuovo predominante. Un altro uomo entrò allora nella stanza e velocissimo afferrò il primo per le spalle, staccandolo con violenza da lei.

Il contraccolpo andò ad acuire il dolore alla schiena di Lizzie.

"Ti ho detto che non possiamo morderla!" disse il secondo uomo, furioso.

Il primo si allontanò fino al muro, senza alzare la testa, "Il suo odore è buonissimo" disse, come a scusarsi.

Lizzie fissò il secondo uomo adesso, più presente a se stessa. Mordere?

Era finita nelle mani dei vampiri dieci minuti dopo avere scoperto della loro esistenza? Avrebbe voluto piangere.

Il secondo uomo sibilò qualcosa al primo poi si chinò e afferrandola per un braccio la costrinse ad alzarsi.

"Va bene, visto che sei sveglia, ti porto dal capo. Se rimani ancora qua rischiamo che il tuo odore da strega attiri altri cretini come questo."

Senza aggiungere altro la spinse a forza verso la porta e il corridoio dopo questa. Si trovavano in quella che sembrava un complesso di magazzini, con porte e saracinesche che si alternavano ogni pochi metri. L'unica parte della città che poteva possedere un edificio come quello, per quanto ne sapeva, era la zona industriale a sud, vicino la stazione.

Quando furono fuori dall'edificio Lizzie si accorse con sgomento che fuori era buio pesto. Aveva incontrato Ottavius di mattina, perciò se adesso era buio aveva passato tutto il giorno in quella cella. L'uomo che la teneva ancora per un braccio la fece salire su una lussuosa macchina nera, dai finestrini oscurati, posteggiata vicino all'ingresso.

Dentro, un divisorio impediva di vedere l'autista, ma a Lizzie non importava perché tutta la sua attenzione fu attirata dall'uomo, o dall'essere si corresse mentalmente, che era seduto sul sedile posteriore della macchina, accanto a lei.

Ho paura, pensò di nuovo Lizzie.

Il vampiro aveva la pelle così bianca da mostrare anche sfumature bluastre e gli occhi, neri, erano piccoli e incavati, ma si armonizzavano abbastanza bene con un naso proporzionato e due labbra sottili. In generale, se Lizzie lo avesse visto in mezzo alla strada, non avrebbe pensato che fosse un bell'uomo, ma si sarebbe comunque girata a guardarlo perché trasmetteva un fascino terrificante, pericoloso.

"Bene, cara ragazza, sono lieto di conoscerti" disse con una voce dolce.

"Dove mi trovo?"

"Sei mia ospite, stai tranquilla. Ho bisogno della tua compagnia per un po' nella speranza di inviare un messaggio chiaro a Marzius Astoria".

Lizzie lo fissò, incapace di accettare la velocità con cui aveva capito quelle parole.

Aprì la bocca, poi la richiuse, poi chiese "Perché adesso?"

Tra tutte le domande, aveva fatto proprio la più stupida, si disse.

"Mi chiamo Evan Todorovich e sono il nuovo capo del clan. Ho preso il posto del vecchio re quindi ho deciso che alcune vecchie questioni in sospeso devono essere portate a termine" le rispose, sorridendole benevolo, ma in quell'unico gesto Lizzie vide la minaccia più grande. I denti, bianchissimi risaltarono minacciosi nel contorno delle labbra smorte.

Perfetto! Dovevo andare a capitare proprio durante il cambio generazionale del mondo magico, si disse Lizzie, sconvolta dall'audacia dei suoi stessi pensieri. Una rabbia improvvise la colse per l'ingiustizia della sua situazione.

Lei non aveva colpa per essere là, non viveva neanche più in quella città e non aveva niente a che fare con tutta quella situazione! Lei studiava al college, era solo tornata in vacanza. Cosa ci faccio, io, qui?

È tutta colpa di Xander, è tutta colpa di mia madre, è tutta colpa di Ottavius, di OIiver!

"Ha completamente sbagliato bersaglio, io non ho niente a che fare con la famiglia Astoria!", la rabbia, bollente e improvvisa le aveva completamente annichilito la paura. Era stanca di avere paura, di non sapere, di essere presa, portata, rapita.

Il signor. Todorovich alzò un sopracciglio e smise di sorridere, "Non mi faccia perdere tempo, signorina Thompson" disse, "Sappiamo perfettamente che lei è la promessa sposa del figlio di Marzius. Se la famiglia ci tiene ad avere una discendenza dovrà ascoltare le mie richieste."

Lizzie ebbe l'improvviso istinto di tirargli un pugno e sicuramente non riusci a nascondere il suo desiderio perché il vampiro fece uno scatto in avanti, veloce come un battito di ciglia e la immobilizzò contro il finestrino.

"Vedo che non mi sono spiegato bene, lei non ha scelta" le sibilò contro l'orecchio, "Farà bene a rimanere calma perché nonostante la mia età non sono un tipo paziente."

Senza nessun preavviso si avventò sul suo petto, le stracciò la camicia e la morse all'altezza del cuore. Lizzie iniziò a tremare per la paura e per il freddo.

Un gelo anormale le congelava il volto e le mani, così come le gambe e i piedi.

Presto non ebbe la forza neanche di tremare e svenne, mentre il vampiro le stava ancora addosso.

Il legame tra di noiWhere stories live. Discover now