Capitolo sei.

408 62 14
                                    

Ci svegliammo la mattina ancora abbracciati e fui felice di non aver fatto altri incubi. Mi svegliai prima io e non riuscii a non guardarlo. I suoi lineamenti erano cosi delicati mentre dormiva e quelle labbra incurvate erano così dolci. Lo baciai , non so perchè ma mi venne spontaneo. Si sveglió e sbadiglió affannosamente. "Che bel buongiorno piccola." farfuglió.
"Buongiorno" dissi dolcemente. Ancora ero turbata dall'incubo di questa notte. Io sono quel tipo da lasciamo il passato al passato. Ma poi sto sempre a pensarci. "Ti va di parlarne?" mi chiese accarezzandomi la guancia. Presi la sua mano e la strinsi. "No." risposi. Ero così triste di essermi persa gran parte dell'adolescenza per degli stronzi. E quegli anni non li avrei mai più vissuti. Ma adesso che lui era con me aveva tutto più senso nella mia vita. Ed era come se tutto il cammino che ho fatto fin'ora era per arrivare a lui, e come se era stato il destino a farmi sbagliare aereo. Ero contenta di che piega stavano prendendo le cose; lui mi piaceva veramente e avrei preso sicuramente in considerazione il fatto di essere la sua ragazza.
Fatta la colazione mi portó a fare un giro tra vari locali per trovare qualche lavoretto estivo. Non volevo lavorare e basta, volevo trovare qualcosa che anche se faticoso mi divertiva.
"Nicole,siamo al decimo locale cazzo. Ti decidi?" mi disse premendo l'acceleratore.
"Ma fino ad ora erano tutti vecchi. Io voglio lavorare con persone della mia età." risposi, togliendomi le infradito e appoggiando i piedi sul sedile.
"Non me lo potevi dire 9 locali fa?" ribattè incazzato. Ok, non era il momento di scherzare. Si stava scocciando.
"Hai ragione,scusa. Se vuoi possiamo continuare domani." dissi seriamente. Era la prima "discussione" che avevamo ed io non sapevo come reagire. Di solito quando le persone mi urlavano incontro mi picchiavano, perció cominciai ad avere paura.
"No." disse serrando le labbra.
Entrammo in un locale e la prima cosa che notai fu l'eleganza delle persone. Ma non potevo lamentarmi ancora con John, si sarebbe arrabbiato di più di quanto già lo era.
"Ciao, assumete persone?" disse freddamente.
"Signor Walker. Cerca un lavoro? È il bevenuto qui! Cosa vuole fare?" disse quel signore. Odiavo il fatto che per la gente ricca era tutto così semplice. Io amavo lottare per ció che desideravo!
"Non è per me Patrick. È per lei." mi indicó. Ma possibile che conosceva tutta New York?
"Ah questa bella signorina è la tua fidanzata? Beh vediamo.. che ti piacerebbe fare?" Mi chiese.
"Qualsiasi cosa andrà bene." cercai di esser più seria possibile. Di lavoretti ne avevo fatti davvero molti come babysitter, cameriera, barista e animatrice alle feste. Ma non erano andati a finire molto bene.
"Beh allora penso che con quel viso carino che ti ritrovi potresti servire i tavoli." Mi disse scrutandomi. Se avessi rifiutato, John si sarebbe arrabbiato molto perció senza dire altro accettai. Si salutarono con una stretta di mano e uscimmo dal locale.
"Hai accettato per forza?" Mi chiese aprendomi la portiera.
"No, mi piace quel posto." Da una parte era vero. Ma dall'altra mentii.
"Nicole dimmi perchè hai accettato per forza." Mi impose guardandomi.
"Avevo paura.. che mi facevi del male." Ecco, l'ho detto. Provai subito un senso di colpa per essermi fatta uscire quelle parole di bocca. La sua espressione era indecifrabile in quel momento perció l'ansia si fece sentire. Mi sfioró il braccio e la tensione stava salendo. Mi avrebbe picchiata?
"Piccola, ma non potró mai farti del male. Come puoi pensare queste cose?" disse abbracciandomi. Sospirai per il sollievo e mi lasciai avvolgere dalle sue braccia.
***
"Inizierai a lavorare da domani." Mi disse John sendendosi al tavolo. "Mi ha appena chiamato Patrick." rispose alla mia domanda implicita. Questo ragazzo a volte riusciva a leggermi nel pensiero!
"Perfetto." Dissi mozzicando un pezzo di pizza. poi continuai "Che facciamo oggi pomeriggio?". John era un ragazzo pieno di sorprese e di certo ne aveva architettata un'altra.
"Niente, se vuoi possiamo andare in qualche centro commerciale o a farci una passeggiata,vedi tu." Non riuscii a trattenere la risata. Jonathan Walker non aveva la risposta pronta. Ed ero felicemente soddisfatta!
"ho detto qualcosa di buffo o ho dell'insalata in mezzo ai denti anche se non l'ho mangiata?" rise a sua volta.
Dopo 20 lunghi minuti uscimmo da quella pizzeria e non fui mai stata così contenta di prendere un po' d'aria.
"Opto per una passeggiata." Interruppi il silenzio. Camminare un po' mi avrebbe fatto molto piacere, soprattutto se John era accanto a me.
Camminammo nelle bellissime vie di New York, e vedere dei grattacieli da vicino era spettacolare. Non mi sembrava ancora vero di stare lì. Questo viaggio inaspettato aveva cambiato radicalmente la mia vita! Ed era ció che volevo. Era cosi bello con quegli occhiali da sole e la sua camminata da figo. Lo guardavo e pensavo che lui non mi avrebbe mai fatto del male come quelle persone, non dovevo averne paura. Lui era colui che mi stava salvando dalla lotta con me stessa e io non lo avrei lasciato andare via. Ci sedemmo sopra una panchina e appoggiai la testa sulla sua spalla. Nessuno avrebbe potuto rovinare quel momento.
"Si." Dissi all'improvviso.
"Si cosa?" rispose spostandomi una ciocca di capelli che il vento mi aveva portato in faccia.
"Si, voglio essere la tua ragazza." dissi a bassa voce. Odiavo questo lato timido di me, mi vergognavo di qualsiasi cosa. Sfoderó un sorriso che non gli avevo mai visto prima prima ed io ero così contenta di avere qualcuno vicino a me.
"Dici sul serio?" disse incredulo.
"Si." ridissi sotto voce. Mi abbracció forte ed io feci un sorriso a 32 denti. Anche questo sorriso non lo avevo mai visto su di me. I nostri occhi si incrociarono e per la prima volta rimasi a guardare la sua bellezza. In un istante, mi ritrovai a baciarlo e ad assicurarmi che quel momento fosse Vero.

Avevamo appena finito di cenare e insieme decidemmo di riandare a casa. Il giorno dopo dovevo iniziare a lavorare e non sarebbe stato semplice.
Non me la sentivo ancora di dormire con lui perció come al solito ci salutammo sulle scale.
"Buonanotte piccola." Disse baciandomi.
"Notte" dissi sorridendo. Quando mi chiamava piccola mi venivano i brividi.

"Piccola, svegliati." Sentii una mano che mi muoveva il braccio.
"Piccola, dio santo ma ogni volta ti ci vuole un carro armato per svegliarti?" Aprii gli occhi e non riuscii a trattenere una risata. Ho il sonno molto pesante essì, mi ci vorrebbe proprio un carro armato.
"G-giorno." sussurai stirandomi.
"Piccola sei bella quando sorridi ma tra meno di un'ora devi stare a lavoro." Ecco, quelle parole mi fecero svegliare all'istante. Mi alzai senza nemmeno guardarlo e scesi le scale in fretta per prepararmi qualcosa da mettere sotto i denti. Entrai in cucina e notai che John mi aveva preparato già tutto. Mi fermai e lasciai andare un sospiro di sollievo. John mi abbracció da dietro e mi sussurró all'orecchio "Questo e altro per la mia ragazza." Lo baciai profondamente e il mio cuore nel frattempo batteva a duemila. Mangiai in fretta ed entrai subito nella doccia. Cercai di fare in fretta, ma l'acqua calda che mi scorreva sulla schiena era cosi rilassante.
"venti minuti" sentii urlare John dall'altra stanza.
cazzo.
Uscii in fretta e scelsi una maglia e un pantalone al volo, mi feci una coda veloce e scesi le scale in fretta e furia.
"Pronta." dissi guardandomi per l'ultima volta allo specchio. Stavo andando verso la porta quando John mi afferró un braccio e mi bació.
"Sono in ritardo, ci baciamo più tardi."
"Non lo sei." mi disse baciandomi il collo. "Stavo scherzando. Volevo averti un po' per me. Mancano 40 minuti." concluse. Ció voleva dire che avevo ancora venti minuti per stare insieme a lui. Ci sdraiammo sul divano ed io stavo sopra di lui. Ci baciammo intensamente ed era così bello. Mi bació il collo, poi le spalle e infine la pancia. Sentii un calore mai provato prima e non sapevo come reagire. "Voglio baciare ogni centimetro della tua pelle." Mi disse sottovoce. Ansimai a causa dei brividi che mi stavano percorrendo tutto il corpo. Scese con la mano fino ad arrivare alle gambe; stavo per spostarle ma strinse e il fastidio fu immenso. Mi alzai di botto e respiravo affanosamente. Adesso mi ricordavo il motivo perchè non potevo stare con lui. "Dobbiamo andare." dissi.
"Nicole, che hai fatto?" mi chiese preoccupato. Non volevo parlargli di me, del mio passato. Non mi avrebbe capita e forse mi avrebbe lasciata. Le decine di cicatrici che avevo sulle gambe mi facevano sempre ricordare che dovevo stare da sola. Dovevo lasciarlo.

Fly with youWhere stories live. Discover now