Capitolo nove.

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Erano passate due settimane e per fortuna, Kate non si era fatta più vedere. Il lavoro inizió a piacermi sul serio, e a fine giornata ricevevo sempre ottime mance. Iniziai ad ambientarmi bene. Sentii mia madre più volte ed era convinta che mi trovavo a Los Angeles. Il rimorso delle mie bugie si fece sentire giorno dopo giorno. Ma il pensiero più devastante era che tra quattro mesi sarei dovuta tornare in Italia. Il tempo quì volava e la compagnia di John inizió a piacermi davvero molto. Ma nonostante tutto non imparai ancora a conoscerlo come volevo.
"John?" lo chiamai guardando il soffitto.
"Si, piccola?" rispose poco dopo.
"Mi parli un po' di te? Vorrei sapere un po' del tuo passato." mi sorrise.
"Beh dimmi cosa vuoi sapere."
"Con quante ragazze sei stato?" inclinó il viso e il suo sorriso si aprì sempre di più.
"Non ho avuto molte ragazze." disse tornando serio. "Mi è sempre piaciuto stare sulle mie."
"Non si direbbe." risi.
"A 15 anni sono stato con una ragazza. Lei riusciva a capirmi ed è colei a cui ho dato il primo bacio. Insomma è stata importante. Pochi mesi dopo che stammo insieme morì." disse immerso nei suoi pensieri. Mi venne un nodo alla gola pensando quanto fosse stato doloroso per lui perdere una persona che lo capiva. "Non me lo aveva mai detto perchè pensava che non l'avrei accettato. Aveva il cancro, e sapeva già che era una battaglia persa." Guardó in basso. Gli alzai il mento e gli stampai un bacio sulle labbra.
"E poi?" dissi.
"Cercavo di stare lontano da tutte. Le ragazze mi volevano solo per i soldi. Volevo solamente amiche. Ma poi ho visto il tuo musino che dormiva e beh, hai centrato il mio cuore baby." riuscì a trasformare un'atmsofera triste in felice in pochi secondi. Ridemmo insieme, ricordando il mese prima, quando ci conoscemmo su quell'aereo.
"Grazie per tutto ció che hai fatto e fai per me." Dissi baciandolo ancora.
"Grazie per aver sbagliato aereo."

Era domenica e si sapeva come erano le domeniche: noiose. Ma con Jonathan Walker niente era noioso.
"Dove stiamo andando daai dimmelo." lo pregai. Ma perchè era sempre così misterioso? Tanto poi l'avrei visto.
"Sorpresa" sfoderó un sorrisino malizioso.
"Comincio ad odiare questa parola." Sorrisi.
Era ormai mezzora che stavamo in macchina e la mia curiosità era troppa. Quanto ancora avrei dovuto soffrire? Guardai il telefono ma niente riusciva a farmi essere meno curiosa. Il mio piede andava a tempo di musica e i miei occhi fissavano John che se la rideva sotto i baffi. Lo faceva apposta.
Chiusi gli occhi e decisi di concentrarmi ad ascoltare soltanto la musica, forse avrebbe diminuito la mia curiosità.
"Siamo arrivati." Aprii gli occhi di scatto e mi affacciai dal finestrino. Ci credete che una come me, stava sopra una ferrari e stava attraversando il Ponte di Brooklyn?
"Dammi un pizzicotto." dissi sbarrando gli occhi.
"Non ci credi?" disse mettendosi gli occhiali da sole. Mi guardó con quell'aria da figo e sembrava tutto un sogno.
"È magnifico." guardai il fiume e mi meravigliai di come i raggi del sole si specchiavano su quell'enorme distesa d'acqua.
"Non smetti mai di stupirmi." Conclusi.

Era di nuovo lunedì e mi svegliai abbracciata a John. Mi preparai mentalmente alla giornata che doveva venire e mi alzai. Scesi le scale ancora traballando e appena arrivai in cucina aprii il frigo. Decisi di cucinare dei pancake e preparai l'uovo strapazzato. Bevvi di fretta un caffè e corsi a farmi una doccia. Indossai dei semplici pantaloncini corti ed una camicetta blu che adoravo. Mi feci una coda e avendo ancora tempo mi misi l'eyeliner. Presi la borsa e scesi nuovamente di sotto quando ricordai improvvisamente che John stava dormendo. Cazzo.
"Sveglia dormiglione." al contrario di me, lui aveva il sonno leggero quindi non era tanto difficile svegliarlo. Borbottó qualcosa e si giró sul fianco mettendosi il cuscino in faccia. Ok, era arrivato il momento delle paroline magiche.
"Sono in ritardo John." dissi ridendo. Di solito accadeva sempre il contrario, ero io la dormigliona. Ma stranamente senza sveglia ormai avevo preso l'abitudine di svegliarmi all'alba. Si alzó lentamente ancora con gli occhi chiusi ed io non riuscivo a trattenere una risata guardando quella scena. I suoi capelli scompigliati e quel ciuffo che gli ricadeva sulla fronte erano la cosa più simpatica.
"Ti devo portare in braccio o pensi di saper scendere le scale?" lo scossi un po'.
"Buongiorno piccola." disse sbadigliando.

Quando finalmente uscimmo di casa ero giá in ritardo. Ma ero completamente rilassata avendo al mio fianco John. Forse in un'altra circostanza mi sarebbe preso il panico. Appoggiai una mano sulla sua e per la prima volta gli chiesi di stare con me al ristorante. Lui accettó senza neanche pensarci e mi rese molto contenta.
Aprii la porta e come tutti i giorni cercai Patrick con lo sguardo per salutarlo. Camminai mano per mano con John quando all'improvviso senti toccarmi la spalla. Feci un balzo e mi girai di scatto. Eh?
"Tu cosa ci fai quì?" chiesi infuriata.
"Piccola chi è lui?" mi chiese John cercando di capirci qualcosa.
"il fidanzato di Kate." risposi più dolcemente.
"Non sono il suo ragazzo. Sono un amico. E ho delle brutte notizie." Se erano di Kate non mi sarebbe fregato un bel niente. Poteva uscire da quella porta come era entrato. Entrambi lo guardammo con uno sguardo interrogativo.
"Patrick é morto." In quel momento mi scoraggiai un sacco. Mi aveva aiutato e sostenuto in queste settimane. Certo non lo conoscevo e non sapevo chi era ma comunque mi dispiaceva molto. La faccia di John era molto più preoccupata della mia. Notavo che era turbato quando le fossette diventano rigide e gli occhi guardavano il vuoto. Aspettai che lui parlasse per prima ma il silenzio stava diventando snervante.
"Mi dispiace." erano le uniche cose che potessi dire in quel momento.
"Io sono suo nipote, Scott." alzai gli occhi al cielo. "E continueró a lavorare io quí."
"Condoglianze." Risposi senza emozioni. Non mi piaceva il fatto che un amico di quella strega di Kate lavorasse al mio fianco. Ma non era il momento di lamentarmi, John era triste e lui aveva bisogno di me. Probabilmente conosceva Patrick da anni ed io non ne sapevo niente. Appena Scott si allontanó mi voltai verso John.
"Da quanto lo conoscevi?" fu l'unica domanda che riuscii a fargli.
"Anni." rispose lui. Annuii sapendo di non poter fare nulla per tirarlo su di morale.
Si sedette sulla poltrona e come le altre mattine andai a prendere per prima cosa il grembiule. Iniziai a servire i tavoli come se non fosse successo niente, ma appena lo guardavo una fitta mi colpiva il petto. Volevo correre e abbracciarlo e farlo sorridere come poco prima che arrivassimo quì.
Pausa pranzo.
Senza neanche pensarci due volte scelsi di passare la mia pausa con John. Lo cercai con lo sguardo e non trovandolo, pensai subito che aveva bisogno di un po' d'aria.
"Torno subito." urlai a Scott.
Aprii la porta del ristorante ed il vento mi fece venire la pelle d'oca. Guardai a destra e sinistra e lo vidi. Con Kate. Cosa ci faceva quì fuori con lei da solo?
"John" chiamai.
"Piccola." disse avvicinadosi a me. "Non è come sembra."
"Perchè stai con lei?" ribattei infuriata. Con me non parlava ma con lei si?
"Ah ecco perchè mi hai spruzzato la coca-cola in faccia l'altro giorno." Kate alzó le sopracciglia accompagnando il movimento con le labbra.
"Come se non sapessi niente." dissi sotto voce.
"Nicole, possiamo parlarne a casa?" disse John mettendomi una mano sulla spalla.
"Voglio parlarne adesso." ribattei. La rabbia cresceva in me.
"Ok. Come ti ho detto ho conosciuto Kate in un locale. Li lavorava come barista Patrick che le offrì un lavoro nel suo ristorante. Beh, accettó e siccome era nervosa gli stetti accanto i primi giorni." riprese fiato "Appena conobbi Patrick, e ti sto parlando di anni fa, lui mi fece diciamo da secondo padre." La mia faccia lo guardava sempre piu curiosa quando finiva la frase. Insomma perchè non mi aveva mai detto niente? "Mi portava alle partite di baseball, al bowling e mi diede degli ottimi consigli. Kate lo sapeva che era stato importante per me ed è venuta a farmi le condoglianze." Concluse. Gatta morta fu l'unico termine che la descriveva in quel momento. Volevo stare sola con John ma quella sua aria da perfettina del cazzo me lo impediva.
"Puoi lasciarci da soli?" chiesi gentilmente. Non so come feci, ma cercai di concentrarmi in John.
"Solo se è John a chiedermelo." rispose in tono di sfida. Mantenni la calma e entrambe guardammo John.
"Lasciaci soli Kate." disse freddamente. Finalmente. Mi guardó sbuffando ed entró dentro al ristorante; forse per salutare Scott.
"Perchè non me l'hai detto?" Chiesi sedendomi alla panchina.
"Non ne ho avuto modo."
"Non mi piace Kate." dico chiaramente. Lo so che non era il momento adatto, ma che non mi piaceva era un complimento. La detestavo.
"Neanche a me, peró ha solo fatto un atto buono."
"Stava facendo la gatta morta John." Ecco l'ho detto. "Tu non te ne accorgi, ma io si." Sottolineai.
"Sei gelosa piccola." Mi ripetè. Sapevo di esserlo ma non volevo ancora ammetterlo davanti a lui.

Piombai in camera sua quasi da fargli mettere paura. Saltai sul letto e lo abbracciai forte.
"Hey dolcezza che ti è preso?" disse sorpreso.
"Niente." dissi ridendo. Ero ancora arrabbiata ma in casa c'era ancora un'aria triste e volevo smorzarla un po'. Mi infilai sotto le coperte e notai che era mezzo nudo. La parte perversa nascosta dentro di me venne a galla. Ci baciammo per cinque lunghi minuti e sentii la sua erezione crescere sotto di me. In quel momento ne avevo bisogno e sapevo che lui era quello giusto.
"Ti voglio." disse facendomi scorrere la mano sulla coscia.

Fly with youWhere stories live. Discover now