Capitolo tre.

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Scattai qualche foto prima di scendere. Sarei voluta rimanere li sopra per sempre; si stava così bene. La statua era stupenda e pensare che questo era solo l'inizio mi fece sorridere.

"Ho tanta voglia di fare un picnic." Disse guardando il lungo prato davanti a noi. "Peccato che non abbiamo niente da mangiare." Risposi. "E invece no, vado a comprare qualcosa al volo e torno. Giusto dieci minuti; tu stai qui sul prato e per qualsiasi cosa urla." E corse verso il bar. Rimasi in piedi a fissarlo ma poi decisi di sdraiarmi un po'. Controllai che non ci fossero ragni o insetti vari intorno e appoggiai anche la testa. Chiusi gli occhi e mi abbandonai a quella bellissima sensazione di calore che mi stava riempiendo. I pensieri erano spariti, era come stare in paradiso. sentii l'erba vicino a me schiacciarsi da un peso. John era già di ritorno? Mi toccó il fianco e risi per il solletico che mi stava facendo. Mi stesi su un fianco per vedere i suoi bellissimi occhi ma girandomi notai che non era John. Mi alzai di botto e non feci in tempo nemmeno a lanciare un urlo che quel tizio mi aveva messo la mano davanti alla bocca. Non so in che modo, cercai di chiamare John ma quell'uomo mi buttò per terra e mi disse all'orecchio "Ti do 200 dollari, ma tu devi venire con me a casa mia. Ci stai?" Mi dimenavo più che potevo. Possibile che nessuno non si accorgeva di niente? "Non mi frega un cazzo se non ci stai io ti porto comunque." Mi alzò di forza e mi spinse in modo che camminassi. Quando sentii la sua mano abbandonare la mia bocca mi buttai a terra dalla fatica che avevo fatto. Avevo il cuore a tremila e non mi ero mai spaventata tanto. Respirai affannosamente e con il sole in faccia chiusi un occhio per vedere ció che stava succedendo. John stava prendendo a pugni al naso quel tizio. Cercai di allungare una mano e fermarlo ma il sole e l'ansia che avevo in corpo presero il sopravvento e non riuscivo neanche a parlare. La testa cominciò a girarmi ed in un battito di ciglia,avevo perso i sensi sul prato.

"Nicole, Nicole cavolo. Rispondimi." Sbattei le palpebre e cercai di capire cosa stesse succedendo. I pensieri non erano nitidi ma benomale stavo ricordando cos'era accaduto. "John." Dissi respirando affannosamente. "Nicole, sono qui. Tranquilla." Mi abbracciò e mi diede un bacio sulla fronte. Lo strinsi e gli dissi "Grazie per avermi salvata. Sapevo che ce l'avresti fatta." "Oh Nicole, mi dispiace così tanto. Non ti lascerò più da sola, te lo prometto." "Ho rovinato il nostro picnic,scusami." Sorrisi bevendo un sorso d'acqua. "Non l'hai rovinato tu, e comunque non è annullato solo stiamo cambiando posto." Mi disse rassicurandomi. Mi aiutò ad alzarmi e notai con piacere che stavamo per raggiungere battery park, il posto da cui eravamo partiti con il battello. "Quindi adesso dove andremo?" Chiesi. "In un posto tranquillo." Mi rispose guardando il prato dove mi avevano aggredita.

"Cosa c'è più tranquillo di casa mia?" Disse parcheggiando l'auto in garage. Come al solito mi venne ad aprire la portiera e mi porse la mano per aiutarmi a scendere. Stare seduta in quella macchina sembrava di stare seduti per terra. Non mi lasciò la mano, prese la busta con quelli che presumo siano panini e mi guidò direttamente nel giardino. Una fontana dominava il prato verde. "Che bello quì." Dissi guardandomi intorno."è il paradiso." continuai. Sistemò una tovaglia e posizionò i panini e le bibite che aveva comprato. "Chiudi gli occhi." Mi disse sottovoce. Eseguii l'ordine e li chiusi. Senti i passi che si allontanavano e mi chiesi con ansia cosa stesse facendo. Poi lo risentii avvicinarsi a me e il suo respiro caldo sul mio collo mi fece venire i brividi. "Apri." Disse. Aprii prima un occhio e dopo l'altro e vidi con mia grande sorpresa che mi stava porgendo una rosa. La presi tra le mani e notai che aveva staccato le spine. "Grazie." fu l'unica cosa che riuscii a dire. John mi stupiva sempre di più, sembrava uscito da chissà che libro delle favole. "Cosa ti piace? Ho preso hotdog , patatine fritte e vari panini con bacon e prosciutto!" Disse illustrandomeli per bene tutti. Avevano un aspetto delizoso e io afferrai il panino con il bacon mentre lui prese un hotdog. Feci un morso ed era davvero buono. Presi un fazzoletto e mi strofinaii l'angolo della bocca, per evitare di essere sporca. "Che fine ha fatto quell'uomo? Chiesi facendo un altro morso.
"L'ho steso per bene e poi è venuta la polizia." Disse fiero.
"Mi aveva offerto 200 dollari per andare con lui a casa sua." Dissi ripensando alla scena in cui mi aveva buttata per terra. Era così strano per me tutto ció, avevo sempre vissuto nella tranquillitá e nessun stupratore mi aveva mai aggredita in un posto cosi stracolmo di gente.
"Mi dispiace, non avrei dovuto lasciarti sola. Insomma quel porto è sorvegliatissimo e pieno di gente. Possibile che nessuno si sia accorto di niente?" Affermó prendendomi la mano. "Quando ti ho vista per terra con sopra quell'uomo mi è venuta una fitta al cuore. Avrei fatto di tutto per salvarti." Arrossii e sorrisi. Quel ragazzo riusciva a farmi venire il diabete solo con le parole. "Grazie John, senza di te non so come avrei fatto." Dissi stringendogli la mano. Lo guardai e notai il suo sorriso da più vicino. I suoi denti bianchi risplendevano in quella bellissima giornata e io mi accorsi della perfezione che avevo davanti ai miei occhi. Si avvicinó fino a sfiorarmi le labbra e disse "I tuoi occhi sono più belli visti da qui." poi continuó "e le tue labbra mi chiedono di baciarti." Se guardavo giù scommettevo che si vedeva il cuore battere da sotto la maglia. Ero cosi impaziente e quest'ansia mi stava torturando. Mi sfioró il viso con la mano, scese e mi strinse al fianco; un brivido accompagnó il suo movimento delicato. Chiusi gli occhi e mi avvinai sempre di più finchè senti il calore delle sue labbra da più vicino. Mi bació forte, le nostre lingue si intrecciavano e in quel momento mi dimenticai di tutto. Sul pianeta c'eravamo solo io e lui in quel bellissimo e interminabile bacio. Mi staccai per respirare, mi guardó negli occhi e anche lui con il respiro affannoso mi adagió per terra e si mise sopra di me. "Sei fantastica." Mi disse baciandomi ancora e provaii una sensazione mai provata prima. La voglia dentro di me stava esplodendo ma sia io che lui sapevamo che non era il momento giusto.

"Allora dove vogliamo andare?" Mi chiese accendendo la radio della macchina.
"Beh scegli tu, ne sai più di me. Peró in un locale dove qualcuno non puó stuprarmi ,grazie" dissi esplicitamente. Erano le 10 di sera e ancora non avevamo parlato di quel bacio. Avevamo passato il pomeriggio rilassandoci e daltronde dovevo assolutamente lavarmi i capelli perció come ogni altra ragazza sulla terra ho impiegato un'ora a farmi la doccia ed ad asciugarli. Mi prese la mano e mi fece uscire dalla macchina. Poi mi mise una mano al fianco e mi strinse a sè come per dire al mondo che ero sua proprietá. Era successo tutto così velocemente; ovviamente non eravamo ancora fidanzati ma quel bacio non si toglieva dalla mente.
"Nicole, non lasciarmi mai la mano. Chiaro?" disse stringendomi ancora di più.
"Chiaro." risposi guardandolo negli occhi. In Italia la sera andavo sempre in qualche locale. Mi è sempre piaciuto ubriacarmi, e anche con questa scusa non ho mai baciato un ragazzo. Com'è possibile? La musica rock risuonava in tutto il vicinato e un buttafuori stava davanti la porta.
"Nome e cognome." Disse senza emozioni e muovendo minimamente le labbra.
"Jonathan Walker." rispose con un tono del tutto simile a quello del buttafuori.
"Signor Walker, prego entri." Chinó il capo e aprì la porta. Mi ero scordata di chiedercelo il cognome, ma adesso ricollegai tutto. Suo padre era Tony Walker, uno degli uomini più ricchi del mondo. John interruppe i miei pensieri chiedendomi quale fosse il mio cognome. La musica era altissima perció urlai "Lee." lui urló a sua volta "Cosa?" "Lee." ripetei con voce più alta. Mi fece un segno con la mano per dire che aveva capito, afferró la mia e passammo tra la gente finchè non ci ritrovammo davanti al bancone. "Hey John" Disse il barista stringendogli la mano. "Da quanto tempo eh?! Hai fatto colpo vedo. Chi è?" chiese guardandomi. "Ciao Matt, lei è una mia amica, si chiama Nicole. Ci sto facendo fare un giro della città." Disse John alzando la voce e stingendomi ancor di più di prima. "Beh allora ti ringrazio per averla portata quì! Non ti pentirai. Cosa vi offro?" Pensai velocemente a cosa potessi bere a New York. "Una Heineken,grazie." Dissi io. "Subito signorina, per te John?" Matt sorrideva un po' troppo, come se per lui era sempre festa. "tre margarita." disse John guardandomi. Mi ero messa dei pantaloncini corti molto sexy, ed una maglietta aderente che metteva in mostra le mie forme. Una collana di perle mi circondava il collo e i miei tacchi preferiti iniziavano a farmi male ai piedi. "Sei irresistibile vestita così." mi disse John all'orecchio. Sorrisi e gli diedi un bacio a stampo. Non so perché lo feci ma mi venne spontaneo. Non sembravano passati due giorni ma un mese! Ci sedemmo a un tavolo e mi rimproverai per aver portato la borsa, era cosi scomodo il fatto di doverla avere sempre con me. "Perchè ne hai prese tre di bottiglie?" Chiesi incuriosita. Non mi sembrava il tipo da ubriacarsi tutti i giorni. "Beh, sei appena arrivata e voglio farti assaggiare tutto. Due son per te mentre una per me." Mi sorrise. Non riusci a non ridere, anche se sapevo che non stava scherzando. Bevvi la birra come fosse acqua e sentii la musica farsi più forte. Quando calai il sesto bicchiere di margarita inizió a girarmi la testa. Per brindare al mio arrivo e alla mia permanenza a New York, John prese anche lo champagne. "Brindiamo a noi e all'avventura che stiamo vivendo." disse a voce altissima. "A noi" gridai a mia volta. E in dieci minuti finimmo tutto ció che avevamo preso. Non ci stavo capendo niente, e quando mi alzai di botto cominciai a vederne quattro di John. Strofinai gli occhi con le dita e ricominciai a vedere normale. "Vuoi ballare?" Mi chiese John avvicinandomi a sè. "Non lo so fare" risposi ridendo. Mi guardó e rise anche lui, senza motivo. Mi portó al centro della pista e iniziammo a ballare come i deficienti sulle note di you shook me all night long degli ac/dc. Mi fece fare tre piroette e alla quarta mi piegai sulle ginocchia. Iniziai a non sentirmi bene. Mi portó fuori e l'aria aperta mi fece girare di meno la testa. "Hey, tutto bene?" Mi chiese con un tono preoccupato. "Si, scusa si moriva di caldo in mezzo a tutta quella gente." mentii; non mi stavo sentendo affatto bene. Non feci in tempo a pensarci che mi ritrovai a vomitare sulla pianta dell'ingresso.

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